tag:blogger.com,1999:blog-87991748975917533022024-03-19T03:48:38.002-07:00PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAPRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.comBlogger64125tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-73766981434369677952021-01-07T11:01:00.008-08:002021-01-12T07:32:44.175-08:00SANPA: UNA SERIE MOLTO FILOSOFICA CHE INTERROGA IL MONDO DELLA CURA E DELLE COMUNITÀ<p> </p><h1 style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRksMfOgKvod4JV0OwwRHAuQGvU2K3zWfq4PZ5tM_exeXhtCvxdf9JoB3QRs5r2QjP9pI9SXqBPiymvjsut8Lzgqn6FDa3LrYwqUgAgs62HyWTuhhugj2PLAWP6PaheqeOmRl6-UepVxYD/s654/sanpa1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="368" data-original-width="654" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRksMfOgKvod4JV0OwwRHAuQGvU2K3zWfq4PZ5tM_exeXhtCvxdf9JoB3QRs5r2QjP9pI9SXqBPiymvjsut8Lzgqn6FDa3LrYwqUgAgs62HyWTuhhugj2PLAWP6PaheqeOmRl6-UepVxYD/s320/sanpa1.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><i>La Docuserie di Netflix fa discutere e impone di interrogarsi sul passato ma anche sul presente del mondo della cura delle tossicodipendenze. I temi del rispetto dell'autonomia del paziente, del paternalismo clinico e della linea sottile tra bene e male sono infatti più attuali che mai.</i></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><i><br /></i></span></div></h1><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 12pt;">“Non ho mai sopportato chi
diceva che era tutto bene, non ho mai sopportato chi diceva che era tutto
male”, dice il giornalista Luciano Nigro, in uno degli episodi della Docuserie
del momento: SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">In effetti, tutto pare
studiato per lasciare lo spettatore in quella posizione per molti versi scomoda
che è quella del dubbio. Scomoda, perché stare nella domanda,
nell’interrogazione, è difficile: siamo per lo più abituati a prendere
repentinamente una posizione su tutto, vogliamo dire la nostra, amiamo il
giudizio e la sentenza e molto meno l’assenza di una verità certa e limpida.
Insomma, tra le luci e le tenebre non ci sappiamo stare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">SanPa chiede una fatica, uno
sforzo: il racconto lascia <b>grande spazio all’opinione dello spettatore</b>,
generando una spontanea ambiguità rispetto a schieramenti o tifoserie ben
precisi.</span> <span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Girata con grande perizia, la serie si ispira a eccellenze
del <i>true crime</i> internazionale quali <i>Making a Murderer</i> e <i>Wild
Wild Country</i> e presenta l’eredità storica e politica di un uomo come
Muccioli, che si scopre sempre più, proseguendo nella visione degli episodi, dibattuta
e controversa. Il documentario cerca di mantenere una certa imparzialità sui
fatti, lasciando parlare i filmati dell’epoca (ricavati grazie a ore e ore di
documentazione e montaggio) e le interviste di ex ospiti della comunità e altre
personalità coinvolte nella storia di San Patrignano. D’altro canto, come ben
sappiamo, la scelta di certe scene piuttosto che di altre, di un certo
montaggio, di specifici pezzi di intervista, non consentono mai una totale e
perfetta obiettività.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sembra che questo documentario
non abbia tanto l’ambizione di raccontare “la verità”, bensì di costruire un
collage di immagini e di testimonianze di un’epoca e di una comunità di vita,
che abitui lo spettatore a comprendere che la verità più spesso ci sfugge e che
dunque non sempre è così semplice arrivare a formulare un giudizio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Purtroppo, nonostante
l’impegno dei produttori, la tendenza a schierarsi pro o contro si è comunque
manifestata nel pubblico. Specialmente perché la comunità di San Patrignano ha
voluto “prendere le distanze” dalla serie, rea di aver dato più spazio alle
tenebre piuttosto che alle luci. È probabile che lasciare grande spazio alla
testimonianza di persone fortemente legate alla comunità e a Muccioli, ma al
tempo stesso anche palesemente critiche, sia stata letta come un errore e uno
sbilanciamento. Eppure, a ben vedere, si tratta di una scelta molto coerente:
se voglio creare un racconto in cui i pro e i contro continuamente si alternino
e si bilancino, i testimoni che incarnano la contraddizione sono proprio coloro
cui occorre lasciare la parola. Dare spazio alle tifoserie e giustapporre il
bianco e il nero non avrebbe sortito l’effetto desiderato: quello di spingerci
a fare un esercizio di <i>epochè</i>, ovvero di sospensione del giudizio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">L’opportunità inscritta nella
serie SanPa è quella di evitare i dogmatismi e di non lasciarci scivolare
troppo velocemente verso una o l’altra verità.</span></b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> Si
sente riecheggiare in tutto questo la proposta degli antichi scettici, per i
quali occorreva imparare a osservare il proprio bisogno di
verità-a-tutti-i-costi e predisporsi a soppesare pazientemente tutti gli
argomenti intorno a una certa questione. Il processo della conoscenza è lento e
ha bisogno di meditazione. Per questo motivo, tra l’altro, difficilmente i
brevi tempi della televisione, e magari perfino i tempi un poco più lunghi di
una serie, possono regalarci la verità. Il più delle volte anzi scambiamo per
verità qualcosa che ne è solamente l’ombra.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><i><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">La storia di San
Patrignano<o:p></o:p></span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Quanto detto significa forse
che non si possa formarsi un’idea, per quanto imprecisa, di ciò che è stato?
Certo che no. La storia viene raccontata e abbiamo quindi la possibilità di
cogliere diversi elementi storici: alla fine degli anni ’70 Vincenzo Muccioli,
imprenditore dalle alterne vicende e con una passione per l’occultismo (pare
fosse convinto di essere percorso da un raggio cristico e di poter curare le
persone con esso), fonda una piccola comunità sulle colline riminesi in cui
accoglie e cura ragazzi dipendenti dall’eroina, allora una piaga devastante fra
i giovani italiani (non che oggi non lo sia) di cui lo Stato sostanzialmente si
disinteressa. Muccioli non chiede soldi, ma duro lavoro, dedizione, fedeltà
assoluta. Da subito non fa mistero di ricorrere anche alle maniere forti
(“qualche sganassone”, “se c’è da trattenervi io vi trattengo”, diceva) pur di
portare gli ospiti sulla via della disintossicazione, che almeno all’inizio non
prevede alcun tipo di assistenza medica o psichiatrica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Muccioli incarna il <i>topos</i>
del padre-padrone</span></b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">, ma anche del salvatore quasi messianico di
una generazione perduta che altrimenti sarebbe andata incontro a morte certa,
in un contesto di comune disinteresse e riprovazione morale. Egli diventa una sorta
di leggenda vivente, cui fa da cornice il suo fisico imponente e la presenza
carismatica. I politici se lo contendono e viene sostenuto da numerosi
benefattori (<i>in primis</i> i Moratti, legati a lui da vicende d’ordine
personale). Genitori e famiglie di tutta Italia lo osannano perché nessun altro
si sarebbe occupato dei loro figli, fratelli, sorelle, nipoti. Eppure, iniziano
anche i primi sospetti, le prime accuse, i processi: a San Patrignano si usano
metodi coercitivi, spesso molto violenti, si riacciuffa chi cerca di scappare,
soprattutto si crea una gerarchia autoritaria e opprimente che sfugge di mano.
Ci scappano i morti, suicidi e omicidi, sebbene Muccioli paia essere
invincibile, per lo meno fino a che non sono proprio i suoi, il suo stesso
cerchio magico, a denunciarne gli eccessi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Dopo essere stato l’uomo più
chiacchierato d’Italia per un intero decennio (ospite di <i>talk show</i>, opposto
a – ma poi anche amico di – Marco Pannella in tribune sul proibizionismo),
Muccioli muore nel 1995, in un momento in cui la sua popolarità è ai minimi
storici. Una morte che pare egli sentisse quasi “necessaria” perché potesse
seguirne la rinascita della sua San Patrignano. Ne segue una veloce rimozione
del personaggio, complici le aderenze politiche forse pentite di averne
avvallato i modi totalitari ma anche proprio l’esigenza di traghettare in
avanti San Patrignano, allontanandosi dalla sua figura e salvandola dagli
eccessi. <b>La Docuserie torna a sfogliare nuovamente una delle pagine più
stratificate della storia recente</b>, mostrando in tutta la sua drammaticità
un periodo fortemente segnato dal commercio di eroina e dai numerosi
cortocircuiti politici, sociali e morali che hanno sconvolto un’epoca.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nel complesso, si tratta di un
racconto tessuto in maniera spiazzante e anche avvincente, la cui originalità –
come anticipato – si colloca nell’interesse per una verità che dimora sempre in
una zona d’ombra grigia e inafferrabile. La Docuserie si presenta come un
ordito di luci e oscurità, di fatti e opinioni, di mitologie e dati concreti: “un
tributo limpido a quel torbido spettro che è l’ambiguità umana. Non esistono
eroi fino in fondo, ci sono solo esseri umani esplosi e perduti. Nessuno può
negare che Vincenzo Muccioli abbia salvato centinaia e migliaia di ‘tossici’,
come venivano chiamati, ma il limite del prezzo da pagare è altrettanto
lampante” (Del Vecchio, 4 gennaio 2021).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Questa storia, dalla sua zona
d’ombra, permette molte riflessioni. Quella che più di altre, stando al <i>trailer</i>
del programma, si voleva suscitare è relativa alla <b>linea sottile che separa
il bene dal male</b>. Alla difficoltà epistemologica di giungere a una
conoscenza “oggettiva” fa da contrappeso la difficoltà <i>etica</i> di
distinguere cosa sia bene e cosa sia male, rilevando il loro intreccio costante
nella vicenda di Muccioli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Molti intellettuali e filosofi
negli ultimi giorni si sono concentrati sulle dinamiche settarie della prima
San Patrignano, rapidamente condannando dunque la costruzione della comunità
come una versione speciale di “setta”, con un suo capo carismatico e i suoi
adepti. Peccato, perché in questo modo si riveste solo di tenebra quanto è
stato e si perde l’occasione di considerare più approfonditamente le <b>contraddizioni
della <i>cura</i>.<o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">In una setta, come ben
sappiamo, tutto ruota intorno alla figura del maestro spirituale e le persone
lasciano la propria vita, le relazioni famigliari, lavorative, amicali, per
seguirlo. Spesso ha luogo una sorta di lavaggio del cervello, per cui ogni
parola proferita dal maestro è verità e non può esistere contraddittorio.
Lasciare la comunità diventa molto difficile e quasi impossibile, sia per un
meccanismo interno di dipendenza che si ingenera, sia perché la comunità stessa
si fa rete stringente che impedisce la fuga.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ci sono molte cose nella
vicenda di Muccioli che ricordano la setta, è innegabile. Tuttavia, basta
conoscere un minimo il mondo delle comunità attuali per sapere che la cura delle
tossicodipendenze passa proprio attraverso l’allontanamento della persona dalla
società e dalle consuete relazioni lavorative, amicali e famigliari, entro le
quali si è strutturata la dipendenza durante la vita del tossicodipendente.
Questo allontanamento, che per i primi mesi implica solitamente anche l’assenza
di visite e contatti telefonici, è quindi considerato <i>terapeutico</i> e
prelude a ritrovare lucidità, all’acquisizione di un nuovo stile di vita,
svolgendo un approfondito lavoro su di sé. Le comunità sono per chi entra in
cura un nuovo mondo di relazioni, spesso anche di lavoro, nel quale si rispettano
nuove regole e si assumono specifiche terapie. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ciò che distingue oggi una
comunità da una “setta” non è quindi il fatto che non richieda un’adesione a
uno specifico programma che include l’allontanamento dal mondo e il rispetto di
precise regole, ma il fatto che tutto questo sia opportunamente controllato a
livello istituzionale e inoltre costantemente “contrattualizzato” con i
pazienti e le loro famiglie, cercando di rispettarne l’autonomia decisionale e
il mondo dei valori (o almeno così dovrebbe essere). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Muccioli come sappiamo agiva
al di fuori del controllo istituzionale e inoltre ascriveva al suo forte
carisma (e perfino alla sua connessione col divino…) una capacità taumaturgica
naturale: ciò gli consentiva di agire costantemente “per il bene dei pazienti”
come meglio credesse, utilizzando qualsiasi mezzo, compresi ceffoni e catene.
Questo è un elemento in più che contribuisce all’immagine di San Patrignano
come di un ambiente settario: i tossicodipendenti delegavano a questa
personalità forte e accentratrice la loro libertà per poter essere curati.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Bisogna però prestare
particolare attenzione su questo punto, perché <b>il tema dell’autonomia del
paziente è<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>centrale anche per le
comunità odierne.</b> In generale, in realtà, è un tema che si ripropone ogni
volta che chi è malato si affida alle cure di un medico o altro personale
educativo o sanitario. La necessaria presa di distanza dalla figura di Muccioli
nelle sue derive autoritarie e violente non significa automaticamente liberarsi
dalla questione del <i>paternalismo nelle relazioni di cura</i>, ovvero della
possibilità di prendere decisioni per il bene del paziente senza il suo pieno
consenso, per cui non sempre nel rapporto tra struttura terapeutica e paziente
è facile individuare il confine bene/male, cura/coercizione, libertà/dipendenza.
Specialmente quando i pazienti si trovino in condizioni di diminuita capacità
di determinare la propria volontà, come nei casi di malattie mentali e anche di
grave tossicodipendenza, ci deve essere invece una vigilanza assoluta su questo
punto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Se per molti versi la comunità
di Muccioli può essere concepita come una setta, dovremmo però al tempo stesso considerarla
uno dei primissimi tentativi di costruire un percorso di cura delle dipendenze,
che è imploso a causa di precisi e gravi errori, come appunto l’uso
indiscriminato della coercizione e la reiterata violenza fisica e psicologica. Un
esperimento che per altro per certi versi “copiava” altri tentativi simili già
esistenti (per es., <i>Le patriarche</i>, in Francia, <i>Daytop Village</i>, a
New York). È una precisazione importante perché se una setta è qualcosa da cui
si può prendere le distanze facilmente e senza riconoscere ad essa alcun merito
o punto in comune, invece con un percorso comunitario malriuscito occorre
confrontarsi. Soprattutto in questo caso non è possibile girare le spalle a
tutta quella mole di problemi e dilemmi di carattere etico che sorgono in
moltissimi casi : essi <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sono in parte inscritti
in ogni percorso di cura e in parte sono invece <i>strutturali</i> della vita
delle comunità di ieri e di oggi. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><i><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Problematiche generali
della cura.<o:p></o:p></span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Come sappiamo esiste
innanzitutto la possibilità che un paziente possa incorrere eccezionalmente in
un TSO, ovvero in un <b>trattamento sanitario obbligatorio</b>, laddove il suo
comportamento sia manifestatamente pericoloso per sé stesso e/o per gli altri e
vi sia quindi <b>motivata necessità e urgenza</b>, ma il rifiuto al trattamento
da parte del soggetto stesso. Può quindi accadere che un trattamento sia
imposto anche contro la sua volontà. Si accetta in questo caso il principio per
cui per il bene del paziente si possa agire anche senza ottenerne il consenso,
naturalmente per periodi brevi (sette giorni rinnovabili su richiesta di uno
psichiatra) e proporzionali alla situazione, valutata attentamente da un’equipe
multidisciplinare. Il TSO è disposto con provvedimento del Sindaco, in qualità
di massima autorità sanitaria del Comune di residenza o del Comune dove la
persona si trova momentaneamente, dietro proposta motivata di due medici (di
cui almeno uno appartenente alla Asl di competenza territoriale).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Al di fuori di questo
trattamento eccezionale, in generale, tuttavia, si assume nel campo dell’etica
medica che <b>occorra sempre rispettare l’autonomia decisionale del paziente</b>.
Questo principio serve a contrastare gli eccessi del paternalismo terapeutico
ovvero di quella concezione per cui si considera lecito intervenire per il bene
di una persona senza ottenerne il consenso, sulla base del fatto che il medico
e l’equipe terapeutica possiedono maggiori competenze su cosa sia questo “bene”,
su quale sia la terapia migliore. È chiaro, infatti, che chi versa in uno stato
di minorità, fragilità o malattia si trova in<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>una situazione asimmetrica rispetto ai diversi operatori della cura,
poiché non ha le medesime conoscenze scientifiche e/o la medesima lucidità
mentale, e tuttavia tale asimmetria non giustifica la violabilità della sua
autonomia. Così è richiesto che i pazienti siano sempre correttamente informati
e che inoltre forniscano il loro consenso ai trattamenti. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ciò naturalmente vale anche
nel contesto delle tossicodipendenze. Si ritiene che la persona in grave sindrome
d’astinenza non sia in grado di aiutarsi da sola e vada quindi sostenuta e
assistita. Benché talora non sia completamente responsabile dei suoi atti,
ugualmente viene informata (e responsabilizzata) circa la possibilità di
disintossicarsi attraverso i diversi percorsi di cura. Nel caso
dell’eroinomane, come sappiamo, si procede per lo più alla somministrazione di
metadone a scalare, per poi indirizzarlo a interventi come la psicoterapia
famigliare e individuale, la frequentazione dei centri diurni e qualora si
arrivi a dosi giornaliere di metadone più basse, il paziente potrà essere
accolto in una comunità residenziale che lo prepari per il suo reinserimento
sociale e lavorativo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">La prima fase del percorso
comunitario è detta prima o pronta accoglienza, dura circa 2-4 mesi e prevede
la disintossicazione fisica e il progressivo recupero psicologico. È una fase
di interruzione pressocché totale dei rapporti con l’esterno. Successivamente
inizia la vera e propria fase di comunità, che può durare 1 anno e mezzo o più
(fino a 3 anni e più, a San Patrignano e strutture similari), in cui sono
possibili visite da parte dei famigliari e sono concesse uscite programmate e
temporanee dalla struttura. Infine, la terza fase è quella assai delicata del
reinserimento socio-lavorativo, in cui il tossicodipendente è accompagnato
nella ricerca di un lavoro e nella costruzione di una rete sociale basata su
nuovi presupposti di vita. Una fase il cui successo sarebbe assai migliore se
le istituzioni governative e le organizzazioni degli imprenditori di
accordassero per proporre forme di lavoro protetto che garantisca sostegno alle
persone con problemi di droga e alle loro famiglie.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">In tutte le diverse fasi della
riabilitazione, dal primo contatto con il SerT in avanti, è previsto un
costante coinvolgimento dei pazienti e una promozione della loro autonomia
decisionale. Anche se, come appare piuttosto evidente, l’iter terapeutico è piuttosto
protocollato e difficilmente si può affermare che i pazienti siano del tutto “liberi”
di decidere quale sia per sé stessi la cura migliore, specialmente nel caso
della <b>terapia metadonica</b> che viene quasi sempre proposta: non soltanto
non hanno spesso la lucidità mentale per farlo, ma il loro stato di difficoltà
li conduce ad affidarsi totalmente alle decisioni dell’equipe terapeutica del
SerT. Per correttezza va inoltre sottolineato che non sempre il metadone viene somministrato
a scalare ma, sulla base del quantitativo di eroina assunto giornalmente, può
essere dato <i>a mantenimento</i> (cioè per un tempo prolungato sempre nella medesima
dose) e ciò espone al rischio di creare delle cronicità nell’utilizzo di tale
sostanza oppiacea (ovvero di cronicizzare una dipendenza metadonica sostitutiva
della dipendenza da eroina). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nel caso di San Patrignano, un
po’ sulla scorta della visione del suo fondatore, il percorso di cura è oggi essenzialmente
educativo e riabilitativo. La persona cioè non viene considerata affetta da una
“malattia” e non vengono, quindi, utilizzati trattamenti farmacologici per la
dipendenza. Sono invece attuati interventi psicoterapeutici qualora siano
ritenuti necessari per trattare problematiche individuali specifiche.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><i><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Problematiche peculiari
dei percorsi di comunità<o:p></o:p></span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Chi lavora nelle strutture
comunitarie è costantemente esposto a una quantità enorme di interrogativi etici
ovvero di domande che hanno a che vedere con le decisioni da prendere nei
confronti dei pazienti. Naturalmente, il rapporto terapeutico è
contrattualizzato, ovvero il paziente viene di volta in volta coinvolto nella
cura, cercandone il consenso. Quando si entra in comunità si viene informati di
tutto quanto sarà implicato dal percorso di cura e si firma un vero e proprio
contratto terapeutico. Ciononostante, vi sono moltissimi casi in cui l’equipe educativa
e/o terapeutica si trova a compiere delle scelte indipendenti e spesso contrarie
alla volontà del paziente. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">È il caso, ad esempio, della
violazione, da parte dell’utenza, delle regole della comunità (come l’uso del
telefono e il contatto con l’esterno quando non consentiti, il consumo di
sostanze, il rifiuto della terapia, la violenza verbale o fisica su un altro
ospite, ma anche la volgarità del linguaggio, l'abbigliamento non consono o il mancato rispetto delle norme igieniche, ecc.). Il paziente sa che a una violazione del contratto possono
corrispondere sanzioni, sospensioni del percorso o l’allontanamento dallo
stesso. Tuttavia, <b>non vi sono protocolli così precisi e rigidi da consentire
di comprendere sempre a <i>quali</i> violazioni corrispondano <i>quali</i>
provvedimenti</b> (anche perché la casistica di comportamenti interpretabili
come violazione è così varia da rendere assai difficile una regolamentazione
perfetta). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">L’equipe terapeutica valuta di
volta in volta il tipo e l’entità della violazione e si trova a dover prendere
decisioni relative al percorso terapeutico del paziente, in relazione anche
alla sua biografia, alla sua situazione economica e famigliare, ecc. Si tratta
di un processo decisionale che deve attentamente <b>bilanciare la
proporzionalità dell’intervento e fare i conti con un equilibrio tra quelli che
la bioetica e l’etica clinica definiscono come i quattro principi cardine della
scelta in medicina</b>: beneficialità (fare il bene), non maleficenza (non fare
il male), giustizia, autonomia del paziente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Le opzioni generalmente hanno
a che fare col comminare all’utente una punizione o “esperienza educativa” (come
togliere caffè e sigarette o dare una mansione da svolgere); oppure inviarlo a
un altro percorso comunitario o farlo retrocedere a una fase precedente del
percorso intrapreso. La decisione deve tenere in considerazione sia l’impatto
sul singolo sia sulla comunità, sul gruppo, su tutti quelli che con lui stanno
compiendo un percorso di cura. Se il paziente sta scontando in comunità anche
la pena per aver commesso reato in forma alternativa al carcere, di affidamento
o di arresti domiciliari, l’equipe deve altresì tenere in conto la conseguenza
del ritorno a uno stato di detenzione sulle possibilità riabilitative della
persona. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">È probabile, inoltre, che le
decisioni debbano confrontarsi anche con la <b>salute economica della comunità</b>,
nel senso che strutture più ricche possono evidentemente allontanare più
facilmente i pazienti che violano il contratto rispetto a quelle che non lo
sono. La stessa struttura, in momenti diversi della propria storia economica,
potrebbe trovarsi a dover compiere scelte sensibilmente differenti anche in
caso di violazioni molto simili tra loro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">In questo caso, il
tossicodipendente a tutti gli effetti subisce delle decisioni dall’alto e può
avere spesso la sensazione di ricevere un trattamento ingiusto o perfino
discriminatorio. D’altro canto, è forte lo <i>stress etico </i>dell’equipe
terapeutica, che sa di dover valutare il “bene” del paziente anche al di là del
suo consenso o in condizioni in cui sarà molto difficile ottenerlo. Nella
consapevolezza, inoltre, che spesso la linea di confine tra fare bene e male
non è così netta e facile da identificare: nessuno in certi casi ha la verità
in tasca.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Oltre alle decisioni relative
alla violazione del contratto ci sono quelle che hanno a che vedere con le cosiddette
“responsabilità”. Molte comunità oggi sono divise per settori e prevedono di
dare delle <b>responsabilità a pazienti “anziani”</b>, che controllano attività
come la lavanderia, la cucina, l’organizzazione di attività ricreative, ecc..
Naturalmente, è fondamentale che la scelta <i>di chi, dove e come</i> sia
oculata e che ci sia comunque un controllo sufficiente da parte delle equipe. E
tuttavia, è sempre facile individuare la persona “giusta” e vigilare che non
“abusi” del proprio ruolo? Conferire una responsabilità significa dare valore
alle capacità e alle competenze di un paziente, assumendosi anche il rischio
che egli possa sbagliare. Se poi commettesse un errore, chi può essere ritenuto
responsabile? Lui stesso, l’equipe, o entrambi? In quale proporzione?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sappiamo che Muccioli affidò
responsabilità importanti a persone che usarono violenze, in alcuni casi
mortali. Il problema non fu tanto quello di “dare responsabilità a persone poco
raccomandabili” e a ex-galeotti, come qualcuno ha sostenuto: perché infatti non
si dovrebbero dare delle responsabilità e riconoscere delle competenze anche a
chi ha commesso errori e perfino reati? Il problema fu che il sistema
consentiva la coercizione e la violenza fisiche, che non erano viste come un
male in sé, ma addirittura promosse come mezzi educativi. Così, dare
responsabilità faceva il paio con il dare la possibilità di commettere questo
tipo di abusi. Oggi è davvero remota la possibilità che tutto questo accada, perché
l’educazione professionale non è più improntata a metodi violenti e si è
compresa la necessità di distinguere la responsabilità come <i>leadership</i>
espressa con fermezza, dal sopruso e della sopraffazione dell’altro. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ho letto e ascoltato molti
interventi a riguardo della figura di Muccioli, padre-padrone e massima
espressione di un sistema patriarcale, che fu notoriamente tanto amorevole
quanto duro con gli uomini e con le donne, le quali a quanto emerge da alcuni
racconti, subirono anche vari stupri all’interno della comunità. Era il
rappresentante di un sistema culturale e educativo che avvallava
l’autoritarismo e la discriminazione e perfino la violenza, anche di genere. La
nostra cultura attuale è ancora imbevuta di molte idee affini all’educazione “a
suon di schiaffoni”, alla inferiorità e debolezza del genere femminile, alla
colpevolizzazione della vittima dello stupro o della molestia piuttosto che del
suo aggressore. Fortunatamente, disponiamo però anche di tutta una serie di
dispositivi di riconoscimento e di tutela di cui un tempo eravamo per lo più
sprovvisti. Per questo motivo a molti giovani di oggi pare quasi impossibile
che sia potuto accadere quanto la serie di SanPa racconta.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Conclusioni<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Tenendo ferma l’eccezionalità
della situazione della vecchia San Patrignano, occorre comunque sempre vegliare
sui retaggi della cultura su cui poggiava e in generale non smettere di porsi domande
e non dare per scontato che ormai la linea che divide il bene dal male sia
definita in modo così chiaro da escludere rischi. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Se è vero che ai nostri giorni
vi è una grande presenza nelle comunità di psicologi, educatori professionali,
medici e infermieri, ovvero di figure preparate e competenti, solitamente <b>c’è
poca attenzione allo <i>stress etico</i></b> – come ho già avuto modo di
definirlo – cui vengono sottoposti. Le domande su ciò che è buono e ciò che non
lo è, su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, possono essere molto logoranti
e perciò sarebbe opportuno che le equipe ricevessero una opportuna formazione
nel campo della bioetica, dell’etica e della filosofia e anche che venissero
sostenute da professionisti in grado di trasmettere precise strategie
decisionali. Non si può superare un dilemma di ordine etico se non si sa stare
nella situazione molto umana in cui la verità oggettiva sfugge e il giusto non
è sempre facilmente distinguibile; se non si accetta la nostra ambiguità di
esseri umani, al tempo stesso cercando di operare con giustizia per quanto ci è
possibile; se non ci si attrezza con strumenti adeguati a cogliere la
complessità delle decisioni che si è chiamati a prendere. Se inoltre non si
cerca di evitare, per quanto ci sia possibile, ogni forma di forte
paternalismo, coinvolgendo attivamente i pazienti nelle decisioni relative al
loro percorso. Lo stress etico può indurre a seconda dei casi a forme di <i>burnout</i>,
ad ansie e preoccupazioni ma può anche determinare forme di difesa che sfociano
nell’indifferenza etica, ovvero nel ritenere poco importante una riflessione
sull’equità delle proprie decisioni. Quest’ultimo caso è quello di chi si
convince che il proprio ruolo di psicologo, medico o educatore siano
sufficienti a giustificare ogni agito diretto al paziente. È il preludio a
forme di autoritarismo che il controllo istituzionale può attenuare ma non del
tutto escludere, specialmente quando riguardino figure direzionali o di
coordinamento. Va ricordato a tale proposito che molte comunità (non tutte)*, sono piccole società verticali e gerarchicamente ordinate, in cui esistono capi (più o meno carismatici) che di fatto orientano e possono anche modificare o perfino annullare le decisioni prese dall'equipe terapeutica allargata. L'utenza guarda spesso a loro come qualcuno a cui ispirarsi, a cui affidarsi e talvolta da cui cercare di trarre un vantaggio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Da tempo sostengo che gli
strumenti di sopravvivenza spirituale e filosofica siano quelli che più mancano
nel contesto della cura delle dipendenze. Eppure, sarebbe di grande aiuto alle
equipe una “supervisione etica” in cui affrontare i propri dilemmi morali o una
“supervisione socratica” in cui interrogarsi sulla verità dei propri
presupposti. <b>Pochi purtroppo conoscono l’esistenza di professionisti che si
occupano di etica clinica e filosofia applicata, né personalmente sono a
conoscenza di comunità che abbiano al loro interno qualcosa come un “comitato
etico”, che pure è spesso presente ad esempio negli ospedali.<o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">I comitati etici sono
organismi interdisciplinari, autonomi, funzionalmente indipendenti dalla
struttura presso la quale hanno sede o per la quale espletano le proprie
attribuzioni e hanno il compito di fornire un parere nei casi eticamente più
complessi. Sono composti da membri selezionati tra esperti in materie medico
scientifiche, giuridiche e di bioetica, nonché tra rappresentanti del campo
infermieristico e delle associazioni di pazienti. Più specificamente, nelle
comunità potrebbero avere un’importante funzione di “comitati per l’etica nella
clinica e nell’educazione”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Allo stesso modo sarebbe di
grande aiuto anche all’utenza stessa la figura del consulente filosofico ed
etico, che sostenga il tossicodipendente ad affrontare non solo le
problematiche mediche e psicologiche cui certamente va incontro, ma anche le
domande di senso e di significato dell’esistenza oppure quelle stesse relative
al bene e al male, che spesso sono sentite fortissimo da chi ha problemi di
droga o alcol e mostrano un’impellente urgenza. Non è raro che i
tossicodipendenti nel corso della vita facciano del male a sé stessi, ma anche
agli altri, per esempio rubando o spacciando. Ciò crea un danno etico e più in
generale spirituale che scontare una pena o seguire una terapia difficilmente
riescono a sanare compiutamente. Dovremmo tenerne conto più spesso di quanto
solitamente facciamo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">SanPa è una serie molto
filosofica. Non lo è solamente per il <i>tipo</i> di riflessioni che suscita,
ma anche, forse soprattutto, per la capacità di interrogarci nel presente sulla
poca presa che abbiamo molto spesso sulla verità, sulla giustizia e anche sulla
nostra libertà. Soprattutto non dovremmo perdere l’occasione di gettare uno
sguardo sullo stato in cui versa la cura delle dipendenze oggi, scoprendo
magari nei “tossici” non solo pericolosità sociale e illiceità morale, ma
cercando di avvicinarci a <b>un’esperienza molto umana</b> di intensa fragilità
e di esposizione alla difficoltà di reperire un senso, una verità e una
giustizia per la propria vita. Una fragilità che può esporci massimamente al
rischio di perdere autonomia, rendendoci assai complesso il compito di scorgere
una via di salvezza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ricordiamo che tutti noi
possiamo un giorno aver bisogno di cure e tutti noi in quei momenti saremmo
disposti a perdere un po’ di libertà in cambio di un sollievo e soprattutto di
un senso da dare alla nostra esperienza. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“La maggior preoccupazione
dell’uomo non è la ricerca del piacere o il tentativo di evitare il dolore, ma
la comprensione del senso della sua vita. Ecco perché l’uomo è perfino disposto
a soffrire, a condizione però di sapere che le sue sofferenze hanno un significato”</span></i><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> V.
Frankl<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p>* Una puntualizzazione: esistono alcune situazioni comunitarie più "democratiche" in cui alcune regole vengono regolarmente ridiscusse insieme al gruppo dei pazienti. Ciò evidentemente attenua i rischi sopra menzionati.</o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p><br /></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Di Maddalena Bisollo<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p><a href="www.pragmasociety.org " target="_blank">By www.pragmasociety.org </a></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p><br /></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Bisollo M., <i>Pensieri
stupefacenti. La prevenzione filosofica delle tossicodipendenze</i>, Lindau,
Torino, 2020.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Del Vecchio G., “SanPa. Storia
di una dinamica settaria”, Huffington Post, 4 gennaio 2020.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Pellegrino E.D., , Thomasma
D.C., <i>Per il bene del paziente. Tradizione e innovazione nell’etica medica</i>,
Edizioni paoline, Milano, 1992.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Lecaldano E., <i>Dizionario di
bioetica</i>, Laterza, Milano, 2002.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><br clear="all" style="break-before: page; mso-special-character: line-break; page-break-before: always;" />
</span>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-41393601624240138862020-12-31T09:35:00.004-08:002021-01-09T09:43:52.172-08:00Strani incontri nel bosco. Cappuccetto rosso, il lupo e il counselor filosofico. Luca Nave<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia_AoyMbqhf1hYej3eXIlh1cp_VlNU-7bKUzDAw2_9S_Q5qh-I0Si-fmoxjxGSjKsP_VfGuanK44HtzP3woAlfq08Lum42cxqP2QWSKxGZ3QTx40rXp9Cymsmx9O-N6ISBBSrMjax6yS_2/s1280/little-red-riding-hood-4766015_1280.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="1280" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia_AoyMbqhf1hYej3eXIlh1cp_VlNU-7bKUzDAw2_9S_Q5qh-I0Si-fmoxjxGSjKsP_VfGuanK44HtzP3woAlfq08Lum42cxqP2QWSKxGZ3QTx40rXp9Cymsmx9O-N6ISBBSrMjax6yS_2/w480-h319/little-red-riding-hood-4766015_1280.jpg" width="480" /></a></div><br /> <p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Un giorno, presso lo studio del counselor filosofico, si
presenta una bambina che si chiama Cappuccetto Rosso. Il motivo della richiesta
di aiuto dipende da una brutta esperienza vissuta la settimana prima nel bosco
ai confini del paese. La piccola narra che è stata ingannata da un lupo cattivo
che ha incontrato lungo la strada che conduce alla casa della nonna dove era
diretta per portarle un cestino pieno di cose buone. Il lupo l’ha anticipata e,
ingannando anche la nonna, è entrato nella sua abitazione, ha indossato i suoi vestiti e si è sdraiato nel suo letto. Quando Cappuccetto Rosso è arrivata se la voleva sbranare.
Solo il provvidenziale intervento di un cacciatore ha consento il lieto fine della storia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Anche le storie che prevedono un lieto fine possono
lasciare tracce di pensieri ed emozioni malsane. Cappuccetto Rosso racconta al
counselor filosofico che dopo questa triste vicenda ha paura di avvicinarsi al
bosco e addirittura di allontanarsi dall’uscio di casa sua. Prova i brividi, un tremore e un timore alla sola idea di allontanarsi troppo dalla sua abitazione. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Può essere un’agorafobia patologica”, pensa
di sfuggita il counselor filosofico prima di congedare la piccola alla fine del
primo incontro e fissare l’appuntamento per la settimana successiva. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Il counselor filosofico sa bene che nulla si può
risolvere al primo incontro, e riflettendo su come impostare la prossima seduta,
pensa se davvero la piccola possa aver sviluppato un vero e proprio trauma
psichiatrico. Visto che il suo compito non è fare diagnosi decide di recarsi a
casa del suo amico psichiatra che abita nel bosco, vicino alla casa della nonna
di Cappuccetto Rosso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Il giorno successivo parte di buon’ora, e verso la metà
del suo cammino decide di fare una pausa per mangiare il panino con la
marmellata che aveva preparato per colazione. Si siede ai piedi di una quercia maestosa quando vede spuntare un grosso lupo. Dapprima sembra un po’ diffidente
ma poi con aria mansueta si avvicina al counselor filosofico per chiedere
informazioni in merito alla sua presenza nel bosco. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">I due si presentano e iniziano una piacevole
conversazione. Il counselor filosofico sospetta che il lupo possa essere il
protagonista della vicenda narrata da Cappuccetto Rosso e fa vagamente cenno alla storia
che sta circolando in paese di una bambina che ha avuto una brutta esperienza
in quel bosco. Il lupo diventa improvvisamente triste e inizia a raccontare
questa storia. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p><i><span style="font-size: medium;">“Il bosco era la mia casa. Ci vivevo e ne avevo cura.
Cercavo di tenerla linda e pulita. Quando un giorno di sole, mentre stavo
ripulendo della spazzatura che un camper aveva lasciato dietro di sé, udii dei
passi. Con un salto mi nascosi dietro un albero e vidi una ragazzina piuttosto
insignificante che scendeva lungo il sentiero portando un cestino. Sospettai
subito di lei perché vestiva in modo buffo, tutta in rosso, con la testa celata
come se non volesse farsi riconoscere.</span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing"><i><span style="font-size: medium;">Naturalmente mi fermai per controllare chi fosse. Le
chiesi chi era, dove stava andando e cose del genere. Mi raccontò che stava
andando a casa di sua nonna a portarle il pranzo. Mi sembrò una persona
fondamentalmente onesta, ma si trovava nella mia foresta e certamente appariva
sospetta con quello strano cappellino. Così mi decisi di insegnarle
semplicemente quanto era pericoloso attraversare la foresta senza farsi
annunciare e vestita in modo così buffo. La lasciai andare per la sua strada,
ma corsi avanti alla casa di sua nonna. Quando vidi quella simpatica
vecchietta, le spiegai il mio problema e lei acconsentì che sua nipote aveva
immediatamente bisogno di una lezione. Fu d’accordo di stare fuori dalla casa
fino a che non l’avessi chiamata, di fatto si nascose sotto il letto. Quando
arrivò la ragazza, la invitai nella camera da letto mentre io mi ero coricato
vestito come sua nonna. La ragazza tutta bianca e rossa, entrò e disse qualcosa
di poco simpatico sulle mie grosse orecchie. Ero già stato insultato prima di
allora, così feci del mio meglio suggerendole che le mie grosse orecchie mi
avrebbero permesso di udire meglio.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing"><i><span style="font-size: medium;">Ora, quello che volevo dire era che mi piaceva e
volevo prestare molta attenzione a ciò che stava dicendo, ma lei fece un altro
commento sui miei occhi sporgenti. Adesso puoi immaginare quello che cominciai
a provare per questa ragazza che mostrava un aspetto carino ma che era
evidentemente una bella antipatica. E ancora, visto che per me è ormai un
atteggiamento acquisito porgere l’altra guancia, le dissi che i miei grossi
occhi mi servivano per vederla meglio. L’insulto successivo mi ferì veramente.
Ho infatti questo problema dei denti grossi. E quella ragazzina fece un
commento insultante riferito a loro. Lo so che avrei dovuto controllarmi, ma
saltai giù dal letto e ringhiai che i miei denti mi sarebbero serviti per
mangiarla meglio. Adesso, diciamo la verità, nessun lupo mangerebbe mai una
ragazzina, tutti lo sanno; ma quella pazza di una ragazzina incominciò a
correre per casa urlando, con me che la inseguivo per cercare di calmarla. Mi
ero tolto i vestiti della nonna, ma è stato peggio. Improvvisamente la porta si
aprì di schianto ed ecco un grosso guardiacaccia con un’ascia. Lo guardai e fu
chiaro che ero nei pasticci. C’era una finestra aperta dietro di me e scappai
fuori. Mi piacerebbe dire che è la fine di tutta la faccenda, ma quella nonna
non raccontò mai la mia versione della storia. Dopo poco incominciò a circolare
la voce che io ero un tipo cattivo e antipatico e tutti incominciarono a
evitarmi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;"><i>Non so più niente della ragazzina con quel buffo cappuccio
rosso, ma dopo quel fatto non ho più vissuto felicemente.”</i><span class="MsoFootnoteReference"><i><span face="Arial, sans-serif" style="color: #111111;"><span style="mso-special-character: footnote;"><a href="file:///C:/Users/user/Desktop/capuccettorosso.docx#_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span face="Arial, sans-serif" style="color: #111111; line-height: 107%;">[1]</span></b></span></a></span></span></i></span></span><span style="font-size: large;"> </span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgcCCk056nNmQ9zsIoploNO30F6B8V6AdB_b_bNEPUCyXjLbyPJ60Gqijj58AVMqdP2k1Ruov-zCFNUDzgul6oJmVOiVX0VDAWKCf87I5_mLHG8R6sDNTsLZ6WA2uoNzJtjVm0-b64Pa-v/s285/Immagine1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="285" data-original-width="218" height="246" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgcCCk056nNmQ9zsIoploNO30F6B8V6AdB_b_bNEPUCyXjLbyPJ60Gqijj58AVMqdP2k1Ruov-zCFNUDzgul6oJmVOiVX0VDAWKCf87I5_mLHG8R6sDNTsLZ6WA2uoNzJtjVm0-b64Pa-v/w188-h246/Immagine1.jpg" width="188" /></a></div><br /><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: large;">Il counselor filosofico esprime un profondo disappunto
per la vicenda accaduta al lupo, il quale ricorda una frase pronunciata da un
suo vecchio amico filosofo che sosteneva, all’incirca, che “la storia è scritta
dai vincitori con il sangue delle vittime; non esiste una verità oggettiva -
aggiunge - ma solo punti di vista che raccontano la verità”.</span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Il dialogo con il lupo si annunciava interessante, ma visto
l’appuntamento con lo psichiatra, il counselor filosofico è costretto a
congedare il lupo. Decidono di vedersi il giorno successivo per riprendere il
loro discorso sulla verità e sulla realtà, pensando che anche il lupo, vittima
di quella bambina pestifera, potrebbe trarre giovamento dal counseling
filosofico per riconquistare la felicità perduta in seguito a questa brutta
vicenda. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Nel percorso che conduce verso la casa dello psichiatra
una domanda, anzi, diverse formulazioni della Domanda, riecheggiano nella sua
mente: “Chi ha ragione? Dove si nasconde la verità? Come sono andati i fatti
nella realtà?”. Visto il suo orientamento costruttivista il counselor
filosofico è consapevole che se si esula dal mondo della logica formale e della
scienza esatta (entro certi limiti) la verità non esiste perché esistono solo
le interpretazioni, per quanto il suo essere filosofo lo rende amante di una verità
che vorrebbe possedere tutt’intera, di quella verità che, secondo Platone, “non
potrebbe essere negata né dagli uomini né da Dio”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Giunge così a casa dello psichiatra al quale racconta la
storia di Cappuccetto Rosso e del lupo da entrambi i punti di vista e aggiunge
le sue considerazioni filosofiche e metafisiche a riguardo della verità e della
realtà. Ma lo psichiatra, senza andare troppo per il sottile, è categorico
nelle sue affermazioni: “E’ evidente che se la bambina ha paura di allontanarsi
dall’uscio di casa è vittima di un trauma; potrebbe sviluppare un’agorafobia patologica,
con annesso rischio di cadere vittima degli attacchi di panico”. Per suffragare
questa diagnosi elenca tutti i sintomi del Manuale Diagnostico Statistico che
riscontra nel comportamento fobico della piccola qual è descritto dal counselor
filosofico. Visto che Cappuccetto Rosso non può entrare nel bosco chiede al
counselor filosofico di fissare un appuntamento con la bambina e sua madre
presso l’ambulatorio di salute mentale del paese dove lo psichiatra presta
servizio, aggiungendo che se il colloquio confermerà la sua diagnosi, esiste un
farmaco miracoloso che la aiuterà a guarire da questa brutta turbe della
psiche”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Il counselor filosofico acconsente ma è profondamente
perplesso. Cappuccetto Rosso è certamente turbata ma non sembra malata. Non
vuole negare la verità della scienza psichiatrica ma nel cammino di ritorno
verso casa, da buon costruttivista, pensa che forse anche la psichiatria non
dice, sempre, tutta la verità. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Cosa fare?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">La verità non esiste ma non possiamo vivere in assenza
della verità. Ritiene allora che l’unica cosa che possa fare è lasciare agire
l’autentica filosofia che ha il potere di consentire alle persone di vivere
nella verità pur nella consapevolezza che la Verità non esiste. Possiede un
prezioso strumento che permette di sostenere questo apparente paradosso tra
verità e non verità che è il dialogo. Quando il dialogo è autentico avviene
l’incontro-scontro tra i due diversi <i>lògoi</i>, che si possono scambiare (<i>dia</i>-)
proprio perché sono diversi e distanti. Dove c’è una veduta comune della realtà
non c’è dia-logo ma mono-logo, un’unica narrazione dominante che propone una
certa prospettiva e un certo sguardo univoco sulla realtà. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">Dopo aver preparato il terreno con i due protagonisti, il
counselor filosofico annuncia loro l’idea di organizzare una sessione di counseling
filosofico in coppia dove mettere in dialogo le loro visioni del mondo. Entrambi
si mostrano piuttosto incerti e preoccupati ma dopo aver ottenuto le rassicurazioni
del counselor filosofico accettano e si incontrano il giorno successivo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">All’inizio della sessione c’è una certa diffidenza che si
legge nelle parole e nei gesti dei due protagonisti ma il counselor filosofico
è abile nel creare il “giusto ambiente della relazione” e il “clima empatico
dell’incontro”. Lascia poi agire la filosofia che lentamente svela il trucco e
l’inganno in cui cade vittima chi possiede solo un pezzo di verità e ritiene
che quella rispecchi tutta la realtà. Non esiste una verità e una realtà uguale
per tutti ma grazie al dialogo si può costruire una realtà che può accogliere i
diversi punti di vista; il dialogo filosofico, nella ricerca di ragioni e
argomenti, e contro-ragioni e contro-argomenti, non annulla le differenze ma
consente di farle coesistere in una narrazione inclusiva e accogliente che può permettere
una convivenza pacifica tra soggetti che hanno bisogno della verità per vivere
bene con se stessi e con gli altri. Cappuccetto Rosso e il lupo si rendono
conto del potere perverso delle nostre interpretazioni della realtà e delle
credenze che ci costruiamo in base ad esse, e grazie a questa consapevolezza costruiscono
una comune visione di se stessi e del loro mondo che permette di convivere felici
e in pace.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-size: medium;">E lo psichiatra? Il counselor filosofico avrebbe voluto
invitare anche lui all’incontro ma temendo che li avrebbe presi per pazzi, ha
ritenuto che era meglio evitare di coinvolgerlo, pur consapevole che anche lui,
se ben predisposto in scienza e coscienza, poteva trarre vantaggio dal dialogo
con la filosofia. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><span style="font-size: medium;"><br clear="all" />
</span><hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p style="background: white; line-height: 21.7pt; margin: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><a href="file:///C:/Users/user/Desktop/capuccettorosso.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="color: black;"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="color: black; font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 107%;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></span></a><span style="color: black;"> </span><span face="Arial, sans-serif" style="color: #111111;">La storia
di Cappuccetto Rosso raccontata dal Lupo” è di Lief Fearn; la traduzione di S.
Bacciocchi; il testo è tratto dal “Manuale per educatori” distribuito
dall’Associazione CasaPace<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoFootnoteText"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></p><p class="MsoFootnoteText"><o:p><span style="font-size: medium;"><br /></span></o:p></p><p class="MsoFootnoteText"><o:p></o:p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicgy7pON1qjeuVyS8hiRrltUiSliWJ1h5IeSyfYoQzF5EcsZB6eNrC2Ek9cJ_Wh83WC0ieGlOqpUAj-Eo9QwdaG8jm7_U4JtjSS8ow6JeTWkyaft0d14HON82MBXI-58UBOrJB9Vdt7Ywn/s1168/2020-12-13.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="606" data-original-width="1168" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicgy7pON1qjeuVyS8hiRrltUiSliWJ1h5IeSyfYoQzF5EcsZB6eNrC2Ek9cJ_Wh83WC0ieGlOqpUAj-Eo9QwdaG8jm7_U4JtjSS8ow6JeTWkyaft0d14HON82MBXI-58UBOrJB9Vdt7Ywn/w453-h235/2020-12-13.png" width="453" /></a></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #073763; font-size: large;"><a href="http://www.pragmasociety.org">www.pragmasociety.org</a></span></div><p></p><p class="MsoFootnoteText"><o:p><span style="font-size: medium;"><br /></span></o:p></p>
</div>
</div>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-22778734212099493382020-12-18T01:51:00.004-08:002021-01-12T07:30:57.627-08:00La paura dell’incertezza e la medicina. Federico E. Perozziello.<p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p></o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3Xy_Frn12nDhwwFRQswceNB-rIGRKuFpIV31wxoO5CO4HGW-wozST5awdHaYzBuBtoYZ5qGZXzsJmRL-TGsC1oTTbiYrxGwIoevI65xdIVo22jTaGWV8qXuIz-mx-fknzZdXUGRdvsQmW/s1920/corona-5002341_1920.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3Xy_Frn12nDhwwFRQswceNB-rIGRKuFpIV31wxoO5CO4HGW-wozST5awdHaYzBuBtoYZ5qGZXzsJmRL-TGsC1oTTbiYrxGwIoevI65xdIVo22jTaGWV8qXuIz-mx-fknzZdXUGRdvsQmW/s320/corona-5002341_1920.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Tempo che soffre e fa soffrire, tempo<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">che in un turbine chiaro porta fiori<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">misti a crudeli apparizioni, e ognuna<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">mentre ti chiedi che cos’è sparisce<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">rapida nella polvere e nel vento.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Il cammino è per luoghi noti<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">se non che fatti irreali<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">prefigurano l’esilio e la morte.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Tu che sei, io che sono divenuto<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">che m’aggiro in così ventoso spazio,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">uomo dietro una traccia fine e debole.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">È incredibile ch’io ti cerchi in questo<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">o in altro luogo della terra dove<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">è molto se possiamo riconoscerci.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Ma è ancora un’età, la mia,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">che s’aspetta dagli altri<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">quello che è in noi oppure non esiste.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">L’amore aiuta a vivere, a durare,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">l’amore annulla e dà principio. E quando<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">chi soffre o langue spera, se anche spera,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">che un soccorso s’annunci di lontano,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">è in lui, un soffio basta a suscitarlo.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Questo ho imparato e dimenticato mille volte,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">ora da te mi torna fatto chiaro,<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">ora prende vivezza e verità.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">La mia pena è durare oltre quest’attimo.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Mario Luzi (1914-2005), Aprile-Amore<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">L’incertezza è una delle costanti dell’esistenza umana.
Genera paura e una forma di timore profondi fin dal nascere della coscienza del
sé, mentre il contesto sociale e ogni tipo di cultura sono predisposti per
cancellarla oppure nasconderla. Se desiderassimo darne una definizione potremmo
intendere per incertezza la presenza visibile, nei suoi effetti e nelle
circostanze, del Caso nella vita delle persone. Questa entità antica è una
forza generatrice di angoscia per limitare la quale l’umanità è ricorsa nel
tempo a diverse modalità di controllo e di mascheramento. Il Caso è diventato
un fattore di disturbo del vivere ordinato a cui si può sopperire, in un
contesto che si proclami di tipo sociale ed etico, unicamente attraverso delle
prescrizioni morali osservabili e che possono circoscrivere l’angoscia.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Senza questo aiuto e questo sostegno le certezze della vita
vengono a cadere e il terrore del Nulla, che affiora qua e là, potrebbe
prendere il sopravvento. La possibilità di un’esistenza priva dei conforti della
religione e sostenuta unicamente dalla fiducia nel progresso ha aperto la porta
a grandi illusioni ed a molte disillusioni. Dietro il termine Incertezza si
nasconde qualcosa di inquietante per la vita delle persone e per le loro
aspettative a riguardo del mondo. Si tratta della partita intorno a quello che
possiamo definire il fare i conti con la colpa di essere uomini e di
conseguenza il dover espiare la presenza di un male ineliminabile che
condiziona il nostro essere e il modo di relazionarci con chi ci circonda. La
presenza della malattia su di una scala non gestibile attraverso la
prevedibilità, come quella scatenata dalla Pandemia, scatena delle difficoltà
pratiche e delle incertezze etiche che devono essere esorcizzate ricorrendo a
delle categorie metafisiche. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Questo processo è un argomento che il sapere scientifico
moderno non è per sua stessa natura in grado di affrontare e neppure di
maneggiare. Per ridurre l’angoscia generata da queste circostanze sono stati
invocati dei fattori di compensazione basati sulla fede religiosa. Dobbiamo
considerare due diversi atteggiamenti capaci di alleviare il sentimento di
smarrimento e in grado di sostenere il tentativo di resistere alla disperazione
legata al male che colpisce tanti innocenti:<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">a)<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>la fiducia in
una Provvidenza divina;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">b)<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>le
aspettative legate alle capacità della Scienza.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Mentre l’azione della Provvidenza rimane su di un piano di
analisi insondabile e legato alle sue articolazioni ultraterrene, la fiducia
nella Scienza riveste invece delle coordinate meglio indagabili. Risulta
indubbio che il progresso medico abbia ottenuto, a partire dalla seconda metà
del XIX secolo, importanti e non contestabili successi. Avere avuto per la
prima volta nella storia del genere umano più tempo per vivere e gioire dei
fattori positivi dell’esistenza, utilizzando senza eccessivi rimorsi le gioie
fornite dal Principio di Piacere, ha generato delle conseguenze misurabili
attraverso una visione calibrata sul lungo termine. Si è formata, in un periodo
non superiore a un secolo, un’aspettativa di vita protratta di alcuni decenni,
la quale ha creato una situazione di incertezza radicale nell’agire dell’uomo,
un essere umano le cui coordinate esperienziali e temporali erano rimaste
quelle della storia precedente, una vicenda di migliaia di anni che non era
possibile relegare in un angolo oscuro. La contemporanea distruzione di ogni
aspettativa di eternità che si è verificata, come ha scritto Zygmunt Bauman, ha
relegato le persone nella condizione di vivere un eterno presente in cui la
costruzione del benessere quotidiano è stata investita di alcuni valori di
assoluto non del tutto giustificati e giustificabili, cancellando per questo
motivo ogni aspirazione a guadagnarsi un’esistenza ultraterrena, una condizione
in cui nessuno più confida.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">L’esperienza della vita è stata compressa nella necessità,
anzi nel diritto di dovere godere dei suoi benefici come di un fine
pretendibile, scalabile, si potrebbe affermare, dalla maggior parte delle
persone. Un’esistenza che ha dimenticato la propria natura mortale per
concentrarsi in un infinito presente addolcito dal delirio consumistico di
persone che trascorrono una notte di veglia per potersi accaparrarsi l’ultimo
modello di smartphone, costi quel che costi. Quale è il ruolo della medicina in
questo terreno di nuove esigenze e di richieste. Nella mediazione tra un
piacere rivendicato e la salvezza da un destino di morte che non era neppure
immaginabile fino a poco tempo fa.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quale
compito potrà mai assolvere il medico contemporaneo, indeciso e smarrito anche
lui davanti a tante nuove e devastanti certezze quotidiane? <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Un tempo il medico era maggiormente protetto nell’esercizio
della professione grazie a una diffusa e positiva considerazione sociale che lo
circondava di premure e lo sosteneva nel compito di lottare contro il dolore e
la morte. Si trattava di una protezione umana ed emozionale efficace che è
quasi completamente decaduta, si è dissolta, a causa della condivisione
generale delle informazioni legata ai moderni media che forniscono alle persone
schegge di un sapere sanitario non mediato dall’esperienza, dalla fatica e
dall’insegnamento.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Si è formata in questo modo una generazione di insegnanti
che, aggravando il quadro generale, hanno rinunciato a utilizzare dei riferimenti
culturali di tipo complesso in medicina, riducendo drammaticamente la qualità
della loro comunicazione verso i pazienti e i colleghi. Obbedienti ai dettami
dell’Impact Factor, i ricercatori vengono messi sotto pressione e spinti a
pubblicare per aumentare il numero delle citazioni che li riguardano e il
prestigio dell’ambito di lavoro da cui provengono, fattori questi secondari al
valore delle scoperte. Implementano un castello di potere e di autorità che si
basa sulla numerosità dei dati e non sulla loro capacità di fornire
innovazione.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sullo sfondo si manifesta
nella sua drammaticità la perdita di vista del significato di una pubblicazione
scientifica, con la prevalenza degli aspetti legati ai finanziamenti da
ottenere, un valore economico connesso all’insindacabilità di una scelta
valutativa sui fini ed i risultati. Una facoltà che è diventata appannaggio di
pochi soggetti, i quali esercitano un enorme potere di tipo quasi dogmatico,
spostando a loro discrezione enormi somme di denaro in settori ben precisi
della ricerca. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Si apre in questo modo la strada a uno scenario di completa
dissoluzione della medicina come Scienza umana. Se si tratta di applicare linee
guida e dettami basati sull’Evidenza non vi sarà e forse non vi è più il
bisogno di esseri umani. I super computer destinati alla medicina, come Watson
Health dell’IBM, questo lavoro lo sanno fare benissimo, senza errori e in una
frazione di secondo. In fondo gli uomini di questo inizio di XXI secolo non
sembrano aspettarsi altro. Desiderano una vita lunga oltre un secolo e
garantita in cui l’Eternità sia disponibile per tutti e senza fatica.
Un’eternità magari scritta con la minuscola, basata sul nascondimento delle
grandi domande relative all’esistere, sulla riduzione dell’individuo a essere un
consumatore. Un destino che attende l’umanità che ha avuto, fino a ieri,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la fortuna di vivere nel ricco Mondo
Occidentale e credere nelle sue promesse certificate da una scienza moderna che
appare invece, davanti alla Pandemia, smarrita sul senso del proprio
agire.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Il ruolo del medico e la sua consistenza sociale sono
diventati sempre più aleatori. Rimane quello di un certificatore di certezze,
di un somministratore di riparazioni dovute che permettano al cittadino
consumatore di rientrare a pieno titolo nel proprio circuito lavorativo. Deve
curare l’uomo contemporaneo, in cui l’ansia consumistica ha cancellato
l’aspettativa e qualsiasi tensione verso una possibile eternità metafisica. La
vita umana si svolge, come accennato, in una gabbia di eterno presente in cui
solo la droga consumistica riesce a operare un parziale sollievo all’angoscia
dell’esistere.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">La promessa di una salute garantita diventa allora l’unico
valore sostitutivo e pertanto ben vengano i super computer e i microchip
impiantati nel corpo, dialoganti con questi salvatori elettronici infallibili
di vite e restauratori di ogni futuro possibile, sic et nunc, ora e adesso,
perché una vita quasi eterna diventa il solo valore da difendere. Il futuro
della medicina appare poco promettente per riacquistare un minimo di libertà
decisionale e di visione critica nella professione. Si tratta di una storia che
affonda le proprie ragioni in un passato scientifico a volte glorioso e si
agita in un presente confuso e condiviso dalla fragile complessità della natura
umana. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Come affrontare la sfida quotidiana che il dolore e la morte
generati da questo nuovo Flagello impongono ai medici? Sono persone, i
sanitari, che hanno perduto, in giovane età e per gli studi e la conoscenza
appresa, l’innocenza nei confronti delle ferite inferte al desiderio di
felicità degli esseri umani. Hanno preso coscienza fin da subito, questi
giovani medici, dell’azione ingiustificata che il dolore esercita attraverso le
malattie e le disgrazie.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Non esistono solo rimedi scientifici davanti ad alcuni
fattori elementari di estrema ingiustizia, a delle malattie mortali che
colpiscono in modo indiscriminato migliaia di persone, che annullano in pochi
giorni tutte le costruzioni e le speranze. Il Covid-19 è piombato come una
nemesi su di un’umanità in fase regressiva da un punto di vista etico,
attraversata da un tempo di barbarie e di egoismi venati di razzismo e
discriminazioni. Un genere umano agitato da paure verso un futuro diverso da
quello promesso e relativo a un mondo anestetizzato dalla promessa menzognera
del benessere per tutti, ora invece messo davanti all’ingiustizia suprema di
una morte imperscrutabile e su larga scala. Una situazione imprevista, che ha
svelato tutta la fragilità di una costruzione consolatoria falsa, artificiosa,
nutrita e articolata attraverso il perseguimento di miti e di messaggi devianti
e deviati, nell’esercizio di una nuova e perenne idolatria. <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Le parole scritte dal pastore protestante Dietrich Bonhoeffer
(1906-1945), un martire cristiano nel buio della sua cella, nel profondo oscuro
del carcere nazista in cui era stato relegato poco prima dell’esecuzione,
aprono invece orizzonti di infinita speranza e di ribellione consapevole alla
schiavitù della morte.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Bonhoeffer era
stato imprigionato per essersi opposto con coerenza al Male che aveva devastato
il proprio Paese e l’umanità intera. Un male che alla fine non aveva potuto
fare altro che sopprimerlo nella sua violenza consapevole e determinata. Il
nazismo lo aveva condannato alla morte e insieme innalzato all’eternità del
ricordo e della gratitudine di altri e più compassionevoli<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>uomini. Tuttavia, in quell’angustia che
precedeva una fine solo temporanea, così si esprimeva il religioso tedesco: <o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">«… Comprendete che l'ora della tempesta e del naufragio è
l'ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza. Là dove tutte
le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la
nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare
a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta
per intervenire, vuole essere per noi sostegno e certezza. Egli distrugge,
lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa; ma in ogni
naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci
andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei
libero per Dio e totalmente sicuro in Lui …»<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="font-size: large;">Dietrich Bonhoeffer, Osservatore Romano, 15 dicembre 2020</span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Bonhoeffer aveva solo trentanove anni quando salì sul
patibolo nel lager di Flossenbürg, presso Monaco di Baviera. Era il 9 aprile
dell’anno 1945 e mancavano ormai pochi giorni alla fine della guerra. A figure
come lui occorre oggi e sempre fare riferimento quando la disperazione sembra
prevalere. Questo perché l’individuazione oppure la costruzione artificiale di
un responsabile, di un colpevole nei momenti di grave crisi e difficoltà, come
avviene nelle epidemie e nelle guerre, appare una caratteristica del genere
umano che non sempre trova il bersaglio su cui scatenare la propria ira e
rancore. Può comparire allora una sorta di maledizione che impedisce l’uso
della ragione e che spinge come effetto non secondario a rifugiarsi nella
barbarie. Bonhoeffer accettò questo ruolo di vittima sacrificale e di subire
una suprema ingiustizia con la consapevolezza che il proprio sacrificio
innocente sarebbe stato il colpo finale inferto al potere del male che aveva
con tanta fermezza combattuto.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">Ritengo dovremo convivere a lungo con questa malattia e che
troveremo alla fine il modo per superarla. Ignoro quali saranno i nuovi modelli
di comportamento e le soluzioni che come comunità umana escogiteremo, tuttavia
una cosa è certa. Nonostante l’atteggiamento spesso riduttivo e di
mascheramento dei Media che vorrebbero farci credere di avere di fronte un
semplice problema di salute, un fastidioso e transitorio imprevisto, le
ricadute saranno per buona parte imprevedibili. Gli effetti sociali, culturali
e politici di questa Pandemia dureranno per almeno un paio di generazioni prima
di essere metabolizzati e ammortizzati. Sentire le dichiarazioni ottuse e
penose di certi uomini politici e quelli improvvide di altri uomini che si
fanno chiamare scienziati senza un minimo di diniego, senza manifestare un
cenno di imbarazzo, seguendo una modestia che dovrebbe essere per loro
naturale, individui che tendono a rassicurare e qualcuno di loro abituato ad
agire e fare affermazioni secondo delle coordinate apprese per la ricerca del
potere, non mi rassicura. Dovremmo ricordarcelo quando questa emergenza si sarà
attenuata, dovremmo rammentarcelo quando altri anni si succederanno a questo
nefasto 2020 e la speranza tornerà a manifestarsi in tutta la propria forza.
Come ho scritto, possiamo uscirne migliori, ma se non agiremo seguendo la
compassione, non ne usciremo affatto.</span><span style="font-size: 12pt;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-size: medium;">By www.pragmasociety.org </span></span></p><br /><p></p><p>Estratto da:</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR_JV0qO6UQpRzHfLiVNWIdcVj79nef7oZW43ahArF9vlQ9h8DEnWLR-idLzyLSUG_xaKxyxm99aJ3BtM_AlWuZ3Xl417RVeOAvaog-bTLkU_pICWIud3HJapeXPUjTTz2DBZOrZNlKLQ6/s1600/WhatsApp+Image+2020-12-15+at+19.07.54.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1062" data-original-width="1600" height="371" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjR_JV0qO6UQpRzHfLiVNWIdcVj79nef7oZW43ahArF9vlQ9h8DEnWLR-idLzyLSUG_xaKxyxm99aJ3BtM_AlWuZ3Xl417RVeOAvaog-bTLkU_pICWIud3HJapeXPUjTTz2DBZOrZNlKLQ6/w560-h371/WhatsApp+Image+2020-12-15+at+19.07.54.jpeg" width="560" /></a></div><br /><p><br /></p><p><br /></p><p style="text-align: center;">__________________________________________________________</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh57O16PzM29EGqcN1Me_NHnZRBmHvDMal6_2_YOnCQIGbK3gl8FONv-G6ucQfh0fQKmFXWNeAdnnHpEzoyZJGyUDhlm02kg4Tr8id8oSVErQABEs-X-3ND7BAWAO7hLeagv6L06TVfV_1J/s1168/2020-12-13.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="606" data-original-width="1168" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh57O16PzM29EGqcN1Me_NHnZRBmHvDMal6_2_YOnCQIGbK3gl8FONv-G6ucQfh0fQKmFXWNeAdnnHpEzoyZJGyUDhlm02kg4Tr8id8oSVErQABEs-X-3ND7BAWAO7hLeagv6L06TVfV_1J/w555-h288/2020-12-13.png" width="555" /></a></div><br /><p style="text-align: center;"><span style="color: #666666; font-size: large;"><a href="http://www.scuolapragma.com" target="_blank">www.scuolapragma.com</a></span></p><p><br /></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-24527726031982931282020-12-13T03:04:00.007-08:002021-01-12T07:32:05.900-08:00Il dilemma dell’incendio. Chi lasci bruciare? Di Luca Nave.<p><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLM1lMWdWIN56NDkKH-ZSRXvb2w3ZuJbiyos2XV8AdH3nSjds-lo1g5ZJhormnQuZVO2oeC8jDfv0XEk0y9Li2-32g7n_hgw1TB3dZPRHBzTicunwRNzwC3pQDQ9506hpKSF2hv3wXv7Zd/s1280/1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1280" height="369" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLM1lMWdWIN56NDkKH-ZSRXvb2w3ZuJbiyos2XV8AdH3nSjds-lo1g5ZJhormnQuZVO2oeC8jDfv0XEk0y9Li2-32g7n_hgw1TB3dZPRHBzTicunwRNzwC3pQDQ9506hpKSF2hv3wXv7Zd/w615-h369/1.jpg" width="615" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">“In una clinica per la fertilità
scoppia un incendio. Ti trovi nella condizione di poter salvare una bambina di
cinque anni oppure un contenitore con venti embrioni congelati. Cosa fai? Chi
decidi di salvare?” (Hannas, 1998).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Quando pongo questo dilemma durante
le mie lezioni di filosofia clinica sperimentale tutti i partecipanti
ammettono, senza se e senza ma, che salverebbero la bambina di cinque anni. Tale
scelta, già di per sé, dimostra che il dilemma dell’incendio non è un vero e
proprio dilemma ma una decisione difficile (Nave, 2020). La scelta cui l’agente è chiamato non sembra infatti tra due mali equivalenti ma tra un male
radicale (vedere una bambina di 5 anni morire tra le fiamme di un incendio) e
un altro male che appare di minore entità, cioè veder bruciare
venti embrioni congelati. Una scelta nse vogliamo dolorosa ma che appare obbligata. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">La scelta di salvare la bambina e
sacrificare i venti embrioni viene sostenuta anche da coloro che difendono la
tesi che l’embrione è una persona (T:E=P); ma chi difende con convinzione
questa tesi come può giustificare
razionalmente la scelta di salvare una persona e sacrificarne venti senza
cadere in un paradosso logico e morale? <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Chi nel dibattito sostiene T:E=P si
appella per lo più all’enciclica di Giovanni Paolo II <span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><i>Evangelium
Vitae (1995) </i>ma soprattutto </span> al
documento <em><span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Dignitas Personae (200</span></em>8) della Congregazione per la Dottrina della
Fede, nel quale, per la prima volta, il Magistero della Chiesa cattolica romana
prende chiaramente e sistematicamente posizione a favore di T:E=P. Il documento
recita che “l’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal
suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono
riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto
inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita” (n. 4).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Per ammissione dei suoi stessi
sostenitori, questo impegnativo pronunciamento del Magistero può, almeno a prima
vista, presentare difficoltà insormontabili. Appare evidente agli occhi di
tutti che l’embrione <span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">non esercita gli atti propri
della persona e, nel nostro caso, di una bambina di cinque anni. Proprio alla
luce di questa evidenza tutti i partecipanti alle mie lezioni non hanno dubbi
sulla scelta di chi salvare. <i><o:p></o:p></i></span></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">T:E=P viene difesa in base ad almeno
due strategie: <span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">la prima rimanda alla convinzione religiosa per
cui l’anima entra nel nuovo essere umano
nel momento del concepimento, la seconda sostiene, in maniera più razionale, che
se è vero che </span>l’embrione <span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">non esercita gli atti propri
di una bambina di cinque anni è altrettanto vero </span>che egli, a
cominciare dallo stadio iniziale dello zigote, sia una vivente totalità, un
individuo umano, un’umana sostanza vitale in sé completa ed ontologicamente sempre più autonoma rispetto al corpo della madre. Questa prima cellula costituisce già
una “persona” con una sua dignità e con i suoi diritti, da rispettare senza condizioni
o discriminanti temporali. Ogni essere umano inizia la sua vita come embrione. E
se la vita umana è degna di rispetto e, per la sua stessa umanità, è inviolabile,
è sbagliato pensare che alla fase iniziale di sviluppo possa non essere degna di
rispetto. Visto che non si può indicare un momento preciso, nell’intervallo dal
concepimento alla nascita, che corrisponda all’emergere della persona umana,
gli embrioni sono dotati della stessa individualità dell’essere umano
pienamente sviluppato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Il problema relativo allo status
dell’embrione come persona è importante perché ha pesanti ricadute in merito a
diverse questioni bioetiche e politiche che sorgono all’inizio della vita
umana, come ad esempio la possibilità di usare gli embrioni sovrannumerari della FIVET per
scopi di ricerca sulle cellule staminali embrionali, con l’obiettivo di
sconfiggere malattie come il morbo di Parkinson che, in Italia, colpisce
duecentocinquantamila persone all’anno. Sarebbero centinaia di milioni i pazienti che potrebbero giovare di questa
ricerca in tutto il mondo. Quindi anche chi difende T:E=P con forti convinzioni
religiose, e quindi nega la possibilità di usare gli embrioni per la ricerca
scientifica, è chiamato ad analizzare e discutere il problema in maniera razionale
con chi invece nega la suddetta tesi. Una convinzione religiosa non è immune da critiche
razionali né è impossibile da difendere razionalmente. Nel dibattito pubblico raramente si assiste a discussioni ragionate ma generalmente a scambi di accuse
e anatemi magari conditi di veri e propri insulti. Da una parte si accusano gli
avversari di essere dei distruttori della dignità umana, dall’altra si sostiene
che i nemici siano oscurantisti di stampo medievale. Entrambe queste accuse
sono false.</span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Una prima critica a T:E=P sostiene
che il fatto che ogni individuo umano inizi la sua vita come embrione non prova
che l’embrione sia una persona. la tesi "ogni quercia è stata una ghianda" non significa
che le ghiande sono querce o che la distruzione di una ghianda equivalga alla
distruzione di una quercia secolare. Nonostante la continuità dello sviluppo
che porta dalla prima alla seconda, la ghianda e la quercia sono diverse. In
base all’argomento della potenza e dell’atto, le ghiande sono querce in potenza, come gli embrioni sono persone umane in potenza. Le creature senzienti godono di
diritti che le creature non senzienti non hanno; essere capaci di esperienza e
coscienza comporta diritti ancora maggiori. La vita, e la vita umana in
particolare, si sviluppa per gradi. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Il ragionamento che sostiene T:E=P
ammette che è impossibile stabilire un momento non arbitrario nello sviluppo
umano nel quale subentra la persona. Se l’embrione non è ancora persona, quando
lo diventa? Alcuni sostengono che la nascita è il momento che segna l’avvento della
persona, ma questa tesi va incontro alla difficoltà di giustificare l’aborto o
lo smembramento di un feto di otto mesi a fine di ricerca scientifica. Ma la
difficoltà di specificare l’inizio esatto dell’essere persona lungo il
continuum evolutivo non stabilisce, comunque, che l’embrione sia una persona.
Il problema di indicare una soglia lungo un continuum va incontro al “paradosso
del sorite” (dal greco <i>sòros</i>, mucchio). Quanti chicchi di grano sono un
mucchio? Un chicco o due o tre non sono un mucchio, ma il fatto che non esista
un numero non arbitrario di chicchi a partire dal quale si parla di mucchio non
significa che non ci siano differenze tra un chicco e un mucchio, né autorizza
a concludere che un chicco sia un mucchio. Il dato di fatto della continuità
evolutiva dallo zigote all’embrione, poi al feto e al neonato, non significa
che lo zigote e il bambino siano la stessa cosa.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Negare lo status di persona agli
embrioni non significa affermare che siano delle cose da utilizzare senza
regole. Gli embrioni non sono inviolabili ma possono non essere nemmeno cose a nostra completa disposizione. Per affrontare la questione in tutta la sua complessità è
necessario superare l’aut-aut della religione, ma anche della morale kantiana, in base a cui tutto è persona da rispettare oppure è cosa suscettibile di
utilizzo. L’alternativa a T:E=P non è l’indifferenza morale ma per assumere una condotta rispettosa verso l’embrione non è necessario considerarlo come un bambino già nato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">L’essere persona non può essere la
sola garanzia del rispetto. Se un eccentrico miliardario acquistasse la <i>Notte
Stellata</i> di Van Gogh per usarla come zerbino commetterebbe una specie di
sacrilegio e dimostrerebbe una vergognosa mancanza di rispetto, non perché il
dipinto è una persona ma perché è un capolavoro artistico che merita di essere
preservato e non trattato come un mero oggetto d’uso. La vita – umana e non –
merita di per sé rispetto ma il rispetto ha diversi gradi. Fare esperimenti sui
topi non è più semplice come una volta: bisogna rispettare delle regole che
riducano al massimo le sofferenze a questi roditori. Ma sperimentare sui gatti
e sui cani è ancora più difficile, mentre sugli scimpanzé è consentito solo se
la ricerca offre ottime garanzie di successo e se non ci sono metodi alternativi
per raggiungere gli scopi previsti.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">In merito alla questione
dell’embrione come oggetto di ricerca a scopi terapeutici, il modo migliore per
contrastare le spinte alla strumentalizzazione della tecnologia e del commercio
non è adottare un’etica del tutto-o-nulla del rispetto della persona alla
ricerca del limite tra l’essere e non essere persona. Più che mirare alla
proibizione della ricerca sperimentale sulle cellule staminali embrionali e
della clonazione a scopo di ricerca è necessario fare in modo che avvengano in
una cornice di norme etiche e giuridiche che impongano il rispetto per la vita
umana allo stadio nascente del suo sviluppo. Il Comitato Nazionale per la
Bioetica (CNB) registra posizioni articolate rispetto all’uso delle cellule
staminali embrionali umane, e se è comune la condanna morale della commercializzazione e brevettazione di cellule
staminali umane, alcune posizioni ritengono lecita la derivazione di cellule
staminali a scopi terapeutici dagli embrioni soprannumerari non impiantabili
(previo consenso della donna o della coppia); tale posizione è motivata dall’intento
solidaristico di fare il possibile “per aiutare quanti oggi patiscono gravi
sofferenze perché colpiti da malattie di grande impatto sociale e ancora
difficilmente curabili”. Da un punto di vista etico si tratta di utilizzare la
strategia del bilanciamento tra costi e benefici e vagliare se sia lecito
utilizzare embrioni comunque destinati alla morte in vista di una cura di malattie
che colpiscono milioni di persone nel mondo. Numerosi Paesi si attrezzano per stabilire
norme che possano garantire il progresso biomedico nella lotta alle malattie
pur garantendo una cornice etica alla ricerca scientifica e alla cura dell’essere
umano. La contraddizione che molte nazioni manifestano, tra cui l’Italia, risiede
nel fatto che tendono a negare la ricerca sulle cellule staminali embrionali
con pochi giorni di vita (legge 40/2004) ma ammettono la liceità dell’aborto
per un periodo abbastanza lungo della gravidanza, fino a tre mesi di vita del
feto (legge 194/1978). Per superare tale
contraddizione sarebbe necessario superare la lotta politica tra “oscurantisti
che boccano la ricerca” e “distruttori della dignità umana” per stilare delle
norme che salvino la ricerca scientifica pur nel rispetto della vita umana e
non.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;"><br /></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;"><b>Bibliografia</b></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Annas J.G., “A French Homunculus in a
Tennessee Court”, <i>Hasting Center Report,</i> 19/11/1989, pp. 20 – 22. <a href="https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2606654/"><span color="windowtext" style="text-decoration-line: none;">https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2606654/</span></a>
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Comitato Nazionale per la Bioetica
(CNB): <a href="http://bioetica.governo.it/italiano/"><span color="windowtext" style="text-decoration-line: none;">http://bioetica.governo.it/italiano/</span></a>
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">“Parere sull’impiego terapeutico
delle cellule staminali” (2000) <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Parere su ricerche utilizzanti
embrioni umani e cellule staminali (2003). <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Congregazione per la Dottrina della
Fede,<em><span face=""Calibri",sans-serif" style="mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"> </span><span style="font-family: inherit;">Dignitas Personae (200</span></em><span style="font-family: inherit;">8)</span>: <a href="file:///C:/Users/user/Desktop/shorturl.at/isISZ"><span color="windowtext" style="text-decoration-line: none;">shorturl.at/isISZ </span></a> <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Nave L., “La vita al bivio: il
counseling filosofico e il dilemma morale” in, <i>Rivista Italiana di Counseling
Filosofico</i>, n. 12, 2020, pp. 35-42. <a href="http://www.rivistacf.com/"><span color="windowtext" style="text-decoration-line: none;">www.rivistacf.com</span></a>
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Nave L., <i>Lascia stare Dio e muori. Il
lamento di Giobbe al tempo della BioTecnoMedicina</i>, Pragma Society Books, Torino
(in pubblicazione 2020).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
</p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 150%;">Sandel M.J., <i>Contro la perfezione. L’etica
nell’età dell’ingegneria genetica</i>, Vita e pensiero, Milano, 2008.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="color: black; line-height: 150%;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><br /></span></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 150%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; color: black; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZj5Cm2dMo8NIPASb0vGofMLSFT7RIuKPinniZ_FvuH7wPhD2LVaRlBZMzvCqUKAlilBK66ItlhS9wBuS3hxBDF3BMmG8BAfne0H2JMHZUPmyD6X94NcxOSeqrIzOkrF6E987J4wdWXglq/s1168/2020-12-13.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="606" data-original-width="1168" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZj5Cm2dMo8NIPASb0vGofMLSFT7RIuKPinniZ_FvuH7wPhD2LVaRlBZMzvCqUKAlilBK66ItlhS9wBuS3hxBDF3BMmG8BAfne0H2JMHZUPmyD6X94NcxOSeqrIzOkrF6E987J4wdWXglq/w516-h268/2020-12-13.png" width="516" /></a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-size: large;"><a href="http://www.pragmasociety.org" target="_blank">www.pragmasociety.org </a></span></div><p></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-18286274602843299492020-11-26T08:47:00.001-08:002020-11-26T08:47:20.250-08:00Il Marchese de Sade: dilemma bene/male. L’illimitato della sessualità. Pungolo per un counselor filosofico - di Christian Negri<p> </p><p align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="mso-fareast-language: IT; mso-no-proof: yes;"><v:shapetype coordsize="21600,21600" filled="f" id="_x0000_t75" o:preferrelative="t" o:spt="75" path="m@4@5l@4@11@9@11@9@5xe" stroked="f">
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</o:lock></v:path></v:stroke></v:shapetype><v:shape id="Immagine_x0020_1" o:spid="_x0000_i1025" style="height: 130.5pt; mso-wrap-style: square; visibility: visible; width: 138pt;" type="#_x0000_t75">
<v:imagedata o:title="petites luxxure" src="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/17/clip_image001.jpg">
</v:imagedata></v:shape></span><o:p></o:p></p>
<p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAFPEtu5txMHjzEoC1qG0EO0Yvv22s5ARBc9PUdUsSxP0LktnfZccEQC8IJ6-V8zNXS9FePuXzR-srzGChpbw0OCh4OfuaFWNJYHI9xEUBHMmLCf3Z9ur9CVPggrFalZusJuU7hnZUgdU_/s1280/eyes-2381871_1280.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="406" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAFPEtu5txMHjzEoC1qG0EO0Yvv22s5ARBc9PUdUsSxP0LktnfZccEQC8IJ6-V8zNXS9FePuXzR-srzGChpbw0OCh4OfuaFWNJYHI9xEUBHMmLCf3Z9ur9CVPggrFalZusJuU7hnZUgdU_/s320/eyes-2381871_1280.jpg" width="320" /></a></div><br /> <p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><u>Contesto</u>: incontro di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counseling</i> filosofico tra un ipotetico cliente in veste del
Marchese <i style="mso-bidi-font-style: normal;">de Sade</i> e il suo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counselor</i>.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><u>Problema-provocazione</u>: dilemma bene/male
presentato al <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counselor</i>, partendo da
un illimitato sessuale come piano inclinato.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><u>Argomentazione e sviluppo</u>: la filosofa <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Marta Nussbaum</i> nel suo libro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Terapia del desiderio</i> sottolinea come le
emozioni, le passioni, i desideri e i sentimenti, abbiano come base d’appoggio
la dimensione cognitiva e sono in stretta connessione alle convinzioni etiche,
al sistema di credenze, ossia alla visione del mondo<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>
di ognuno: “I sentimenti sono strettamente connessi con le credenze, e possono
venire modificati modificando le credenze”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn2" name="_ftnref2" style="mso-footnote-id: ftn2;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>.
Dunque, modificando con una solida argomentazione, le credenze, i sistemi di
convinzioni, le visioni del mondo <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">―</span>lo sfondo che regge il vissuto<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">―</span> si
possono modificare le stesse emozioni e gli stessi desideri. Parafrasando
Aristotele, giunge così a sottolineare l’importanza dell’educazione sui
sentimenti: “I sentimenti [<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">…</span>] devono venire educati e portati ad
armonizzarsi vicendevolmente mediante una visione corretta di cosa sia la vita
buona”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn3" name="_ftnref3" style="mso-footnote-id: ftn3;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[3]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">Ammesso che ognuno di noi <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">e </span>il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counselor</i> nello specifico<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">, </span>sappia cosa sia una <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>vita
buona<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>,
cioè sia consapevole del <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>bene<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>, possiamo partire da qualche interrogativo che vorrebbe
pensare la questione al contrario, pensare il contrario, ossia concedersi a
quel desiderio sessuale che non sia <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>di vita<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span> ma che abbia il sapore di
morte, il contrario di <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>sesso<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>, appunto. Cioè, se la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">paideia</i>
filosofica, l’educazione dell’altro, che si presenta in questo contesto
intrinsecamente annodata alla <i style="mso-bidi-font-style: normal;">epimeleia
heautou</i> <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">―la
cura di sé―</span> fosse argomentata nella direzione di un illimitato sessuale?
Alla sessualità dionisiaca? Se il cliente stesso argomentasse così la sua
sessualità? Del resto, è sempre dell’altro che ha cura l’attenzione della
pratica filosofica del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counseling</i> e
sempre all’altro che la cura della parola è tesa, in un cammino di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">paideia</i>, per vivere <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>in
cura<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>,
di sé e dell’altro, dell’altro attraverso sé. Dunque un pungolo per quel <i style="mso-bidi-font-style: normal;">counselor</i> nell’<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>avere cura<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>
di quel cliente-<i style="mso-bidi-font-style: normal;">deSade</i>.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">Si tratterebbe quindi, sfiorando appena il pensiero di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sade</i>, di avere a che fare con una trasformazione
di Dio nella Natura, un riposizionare l’uomo nella natura, l’uomo con l’altro
uomo e il desiderio sessuale nella drammaturgia della Natura stessa. Il
desiderio sessuale rimarrebbe lo stesso? La sessualità <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>normale<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">», comunemente intesa,</span> non
sarebbe solo un timido barlume, per giunta inconsistente, di fronte alla mole dell’illimitato
sessuale? Di contro all’epicureo <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«</span>desiderio vuoto<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">»</span>, inappagabile<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn4" name="_ftnref4" style="mso-footnote-id: ftn4;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[4]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sade</i> <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">―</span>il filosofo che provoca,
l’ipotetico cliente<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">―</span> si pone dalla parte della Natura, facendo così da cassa
di risonanza a Lucrezio<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn5" name="_ftnref5" style="mso-footnote-id: ftn5;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[5]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>,
fino a ragionare sulle radicali conseguenze.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">La visione del mondo del Marchese si presenta come
un’organizzazione tanto complessa quanto profondamente razionale, dove i suoi
personaggi rappresentano confini paradisiaci, violabili, ma mai seriamente
conflittuali: “Il Cavaliere. Non è dallo spirito che vengono i rimorsi, essi
sono i frutti del cuore. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dalmancé</i>. Ma
il cuore inganna, perché è sempre l’espressione di falsi calcoli dello spirito;
maturate quest’ultimo, e l’altro cederà ben presto; falsi concetti ci ingannano
sempre quando vogliamo ragionare”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn6" name="_ftnref6" style="mso-footnote-id: ftn6;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[6]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">Già nel biblico Giardino delle Delizie si configura il
problema per l’Uomo e per la Donna di poter scegliere cosa sia il bene e il male.
Il nome della pianta dei frutti proibiti mostra che non era un segreto, lo
sapevano benissimo quale fosse la posta in gioco. Ma ci volle un aiuto<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> seducente</span>.
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sade</i> ripropone, in qualche modo,
l’atavico dilemma: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dalmancé </i>parla a <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eugénie</i>, come il serpente parla alla
Donna.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">Il dilemma originario-originante tra bene e male si
gioca annichilendo Dio in favore della Natura e da qui coinvolgendo una
sessualità illimitata nella dinamica perpetua e radicale delle trasformazioni
organiche e cicliche naturali, vita-morte-vita: con gentile concessione all’uomo,
però, del piacere illimitato del sesso.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">In <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sade</i>
l’attrazione della donna per il Diavolo è forte: “Finora mi sono concessa
soltanto a te per compiacenza, [<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">…</span>], oggi solo il desiderio<span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">…</span>
C’è una bella differenza tra quello che ho fatto e quello che farò, e voglio
conoscerla”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn7" name="_ftnref7" style="mso-footnote-id: ftn7;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[7]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>. Per la
Donna la conoscenza datale da Adamo non rappresenta una vera conoscenza, ma una
compiacenza: il pene non è il serpente. La conoscenza biblica, d’altra parte,
non è un’autentica conoscenza senza il contributo del Diavolo, la potenza che
il desiderio non può misconoscere, la differenza assoluta che permette
l’autenticità, l’abisso che non si vuole comprendere, le profondità della
terra, della natura, del corpo, mitologia e potenza di Dioniso.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;">Il-limitato e in-finito, due termini intrecciati nel
cammino del linguaggio e possiamo dire, con <i style="mso-bidi-font-style: normal;">De
Saussure</i>, il significato di un dialogo fra le stesse parole. Il desiderio,
in quanto senso della mancanza, è fenomenologia dell’infinito, il quale
tuttavia non si risolve in un <span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">«non mi basta», ma assume invece il valore
positivo di una spinta. Questa, d’altra parte, è una spinta verso il toglimento
della mancanza, del «non» cioè, un tendere verso l’appagamento, quindi la fine
del desiderio: «mi basta». Il valore positivo di spinta del desiderio è dunque
una negazione del suo infinito. Il desiderio in quanto tale vuole l’appagamento
e dunque vuole la sua fine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">In verità le cose sono più complesse. Nel suo movimento, il
desiderio intenziona il suo oggetto, al quale chiede però di prolungare la
tensione e in fondo di non esaurirla mai. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eugenié</i>
alla Signora: “Ma perché tutti questi specchi?”. Risposta: “Perché, ripetendo i
gesti in mille prospettive diverse, moltiplicano all’infinito gli stessi
piaceri”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn8" name="_ftnref8" style="mso-footnote-id: ftn8;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[8]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>. Il
desiderio sessuale prende dunque senso dall’infinito e chiama a sé il principio
del «differimento infinito della fine». Il desiderio, così compreso, non è il
desiderio in quanto tale, ma un modo del desiderio. Il desiderio che è
differimento infinito, è desiderio illimitato: un non ammettere limiti o
limitazioni al potenzialmente infinito naturale, disponibile.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">L’illimitato è una continua e infinita conquista. È in questo
senso che si ripropone in tutta la sua complessità ragionata. L’illimitato è
l’intelligenza stessa del desiderio agente in noi per natura. Come l’infinito
ne è la volontà, l’illimitato ne è l’intelletto. Mentre l’infinito desiderio è
atto positivo, ossia il «non mi basta» ricondotto al suo appagamento,
l’illimitato desiderio è atto negativo, continua negazione di ogni possibile
conquista, affermazione di sé come seduzione vittoriosa. L’illimitato è ciò che
sostiene la tensione, mentre l’infinito è ciò che riduce le conquiste a
semplici battaglie.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><u><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Morale</span></u><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">: tanto più il desiderio sessuale
gioca la danza infinita dei corpi, quanto più il suo appagamento illimitato è
gioco dionisiaco di un piacere concesso… C’è però sempre lo sguardo di Dioniso
che, strizzato l’occhio, ci chiede: ma il dilemma dell’inizio?</span><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">La forza del discorso del divin Marchese consiste nel suo saper
mostrare la verità che il desiderio sessuale illimitato porta nel mondo, cioè,
che vi è la possibilità di un perfetto rovesciamento ossia, l’effetto che le
cose hanno su di noi è perfettamente rovesciabile nel suo opposto senza che ciò
dia adito ad alcuna contraddizione intrinseca. La stessa posizione supportata
da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sade</i> è perfettamente
rappresentabile. Si può così dire che il serpente aveva dunque ragione nell’affermare
che Dio ingannava l’uomo o comunque, che Dio era nelle stesse possibilità di
ingannare l’uomo almeno quanto lo era il Diavolo: “il serpente sta per
schizzare il suo veleno”<a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftn9" name="_ftnref9" style="mso-footnote-id: ftn9;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[9]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>. E il
dilemma bene/male si agita ancora, nel gioco un po' goliardico e un po'
seduttore del Marchese <i style="mso-bidi-font-style: normal;">de Sade</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: 9.0pt; line-height: 150%;">OPERE CONSIDERATE<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="font-size: 9.0pt;">Martha Nussbaum, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Terapia del desiderio. Teoria e pratica nell’etica
ellenistica</i>, 3°ed. 2018, Ed. Vita e Pensiero, Milano 1998.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="font-size: 9.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 8.5pt;"><span style="font-size: 9.0pt;">Donatien-Alphonse-Fran</span><span style="font-size: 9.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ç</span><span style="font-size: 9.0pt;">ois, de Sade, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La
filosofia nel boudoir</i>, a cura di Caruso Paolo, in <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Opere</i>, Mondadori, Milano, I° ed. 1976.</span><span style="font-size: 10.0pt;"><o:p></o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <span style="font-size: 9.0pt;">Cfr., Marta Nussbaum, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Terapia del desiderio</i>, p.44.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn2" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref2" name="_ftn2" style="mso-footnote-id: ftn2;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">., p.89.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn3" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref3" name="_ftn3" style="mso-footnote-id: ftn3;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[3]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id.</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">, p.102.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn4" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref4" name="_ftn4" style="mso-footnote-id: ftn4;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[4]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">., p.121.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn5" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText" style="text-align: justify;"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref5" name="_ftn5" style="mso-footnote-id: ftn5;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[5]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>
<span style="font-size: 9.0pt;">Scrive Lucrezio nel suo poema: “Serve materia a
che crescano venture generazioni” (III, 967-971). Cit. in Marta Nussbaum, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">op.cit</i>., p.235.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn6" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref6" name="_ftn6" style="mso-footnote-id: ftn6;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[6]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <span style="font-size: 9.0pt;">D.A.F. De Sade, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Filosofia
nel boudour</i>, p.210.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn7" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref7" name="_ftn7" style="mso-footnote-id: ftn7;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[7]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">., p.30.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn8" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref8" name="_ftn8" style="mso-footnote-id: ftn8;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[8]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">., p.47.</span><o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn9" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/Utente/Downloads/Pragma-per%20articolo%20su%20SADE.docx#_ftnref9" name="_ftn9" style="mso-footnote-id: ftn9;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[9]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 9.0pt;">Id.</span></i><span style="font-size: 9.0pt;">, p.122.</span><o:p></o:p></p>
</div>
</div>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-59602088559148691852020-11-20T01:53:00.013-08:002020-11-20T02:53:18.278-08:00 “La filosofia del presunto sapere: alcune domande provocatorie” - di Maddalena Bisollo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyvAnQ39JSVwm1DgwV5d9jZsviuoidnltRbHpAotaMQ2q7xgT8rg0D1xWZM1WXXrTfGmgkdnNyru3oteVq9lCmUKvNsbuJktu0ToJ1AFF8mDTgDS-YbcuGRdA4KqOMsaxwAzGlP6rRiU0E/s1920/man-4132758_1920.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyvAnQ39JSVwm1DgwV5d9jZsviuoidnltRbHpAotaMQ2q7xgT8rg0D1xWZM1WXXrTfGmgkdnNyru3oteVq9lCmUKvNsbuJktu0ToJ1AFF8mDTgDS-YbcuGRdA4KqOMsaxwAzGlP6rRiU0E/s320/man-4132758_1920.jpg" width="320" /></a></div><br /><p><br /></p><p> <span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 12pt;">“La filosofia del presunto sapere: alcune domande provocatorie”</span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sono stata stimolata a scrivere queste righe da un recente
quanto bizzarro comportamento assunto nei miei confronti da una persona – a quanto
pare uno studioso abbastanza conosciuto – su Facebook.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Il caso vuole che il signore in questione, autore di
diversi saggi di filosofia e psicologia, tempo fa avesse scritto un articolo
nel quale sferrava un attacco, molto ingenuo e ben poco argomentato, come
vedremo tra poco, alla professione della quale mi occupo, la consulenza
filosofica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ho così deciso di prendere le mosse da quanto accaduto sui
social network, per produrre una riflessione più ampia su chi parla per
supposto sapere. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Com’è noto, Socrate amava ripetere di non sapere nulla: la
vera saggezza, diceva, risiede nella consapevolezza della propria ignoranza. Socrate
rifiutava d’essere chiamato “maestro” e ancor di più di essere definito
“sapiente”. Com’è risaputo, egli non smetteva di ripetere, a chiunque e in ogni
circostanza, di non sapere nulla: l’unico sapere in suo possesso era il sapere
di non sapere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Interrogata da Cherofonte, la pizia di Delfi rivelò una
volta che Socrate era da considerarsi il più dotto degli uomini. Egli ne diede
la seguente spiegazione:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“È trasparente: (Apollo) indica il qui presente Socrate,
usa per i suoi scopi questo nome mio, m’introduce come esempio, quasi per
significare: ‘Uomini, nel vostro mondo, dottissimo è chi come Socrate ha capito
che rispetto alla verità la sua dottrina vale zero’. (…) Perciò do appoggio al
dio, rivelando che non esiste dotto” (Ibidem).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Di certo, questo socratico è un insegnamento molto
difficile, poiché prevede di non dare mai per scontato nulla, rimettendo
costantemente in discussione le proprie opinioni. Qualcosa di molto, molto raro
di questi tempi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sarete curiosi, a questo punto, di capire che cosa abbia
mai combinato il mio (ex-)contatto di Facebook. Ebbene, premetto che io e questa
persona non ci siamo mai conosciuti personalmente né abbiamo mai avuto modo di
parlarci, scriverci, confrontarci su alcun argomento: si trattava di uno di
quelli che potremmo definire i contatti silenti, quelli che sono “amici” nel
solo senso virtuale di questo termine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Improvvisamente, eccolo spuntare dal suo silenzio con un
commento apposto sotto a uno dei miei post, dedicato a una lettera inviatami da
una giovane neolaureata in filosofia, curiosa di comprendere meglio il mondo
delle pratiche filosofiche. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“Sei una consulente filosofica? Scusa, devo mantenere il
distanziamento sociale”, firmato Marco Innamorati.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Rispondendo a questo strano e direi inopportuno commento, mi
accorgo che il signor Innamorati non può essere taggato. La constatazione,
confermata anche dall’impossibilità di visualizzarne la pagina, è che ha
attivato il blocco del mio profilo. Ohibò.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Se qualcuno non conoscesse come funziona Facebook, informo
che se non siete soddisfatti di avere qualcuno tra le vostre amicizie avete due
opzioni: potete nascondere la visibilità dei loro post oppure potete togliere
loro il contatto. Il blocco di un utente è una funzione che Facebook consiglia
per i disturbatori, per chi aggredisce o ci invia messaggi inopportuni. Dato
che non ho mai scritto a Innamorati, immagino che temesse che lo facessi dopo
il suo commento, quello sì davvero spiacevole, sul mio diario. Come a dire: ti
lancio una frecciatina e poi scappo, sia mai che ti salti in mente di
rispondermi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Oltre a questo timore del contraddittorio, attira la mia
attenzione la scelta linguistica: tirare in ballo il “distanziamento sociale”, espressione
che oggi è legata al diffondersi di una pandemia e che ha un connotato emotivo
perciò molto forte, per annunciare – cosa del tutto superflua – la dipartita
dalla mia cerchia di contatti, mi pare davvero fuori luogo oltre che volgare. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sono un po’ inquietata: che cosa avranno mai fatto i
consulenti filosofici a questo signore, per adottare tale comportamento? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Torno con la mente a quell’articolo citato in apertura, anche
grazie allo stimolo di alcune comuni amicizie (sì, Innamorati non lo sa, ma tra
i suoi contatti ci sono molti consulenti filosofici). Vado quindi a ripescarlo:
<a href="https://www.stateofmind.it/2017/02/counseling-filosofico/">“Il counseling filosofico: alcune domande provocatorie”</a>, State of Mind, 27
febbraio 2017. Un bel titolo, che pare manifestare l’intenzione di porsi degli
interrogativi, ma che in realtà traveste da domande molte perentorie affermazioni.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Si riconosce lo stile, diciamo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ora qualcuno si chiederà perché sto dando importanza a un
comportamento maleducato e a un articolo male argomentato.
Beh, semplicemente perché ritengo che sottolineare la distanza tra due modalità
diverse di intendere e di praticare il filosofare sia cosa assai opportuna, per
evitare fraintendimenti a proposito della professione che svolgo. Come ho scritto,
prendo le mosse da qui per allargare il discorso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Incominciamo col ricordare che la parola filo-sofia,
secondo l’indicazione etimologica, significa amare la conoscenza. Chi ama
qualcosa va alla sua <i>ricerca</i>, chi ama non possiede. Per questo l’attività socratica è così
esemplificativa di ciò che s’intende per “filosofo” e per “filosofare”. Vorrei
aggiungere l'importante riflessione di Luce Irigaray, per la quale la filosofia non è solo
amore per la saggezza ma anche, in una adesione ancor forse più appropriata all'etimo, “saggezza dell’amore”, intendendo dire che si
tratta anche di un’arte della relazione. Temo che Innamorati – anche un poco, mi si permetta l'ironia, in
contraddizione con il suo stesso cognome – si allontani da entrambe le etimologie: non
solo giudicando le persone senza conoscerle, disattendendo all'arte della relazione, ma anche sentenziando su professioni di cui sa poco o nulla. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Partiamo dall’incipit del suo articolo:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“Personalmente mi sento autorizzato a esprimere un’opinione
in materia di counseling filosofico per aver compiuto studi sia di carattere
filosofico che psicologico”. Segue una sfilza di titoli, nessuno dei quali indicante una competenza specifica in counseling filosofico.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">La dichiarazione netta è che si possa parlare per supposto
sapere, senza conoscere l’argomento nella sua specificità e senza confrontarsi
né con i testi di riferimento né con i professionisti che se ne occupano. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Per un filosofo non si tratta solo di un tradimento etimologico,
naturalmente, ma anche di un’assurdità logica, oltre che di un messaggio grave
dato ai lettori: non vi serve sapere che cosa sia la consulenza filosofica, non
sono necessari studi specifici, la formazione è inutile (che in effetti è
quanto verrà ribadito in tutto l’articolo). Oh, alla faccia dell’amore per la
conoscenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ma continuiamo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“Non è quindi un preconcetto nei confronti della filosofia
a spingermi ad avanzare dubbi e obiezioni verso il counseling filosofico”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ignoranza di che cosa sia un “preconcetto” o malafade?
Fatto sta che sia piuttosto evidente il pre-concetto inziale di Innamorati nei
confronti del counseling filosofico, che renderà ogni argomento fondato non più che su delle ipotesi di fantasia. E ahimè, quando è così, quando la
premessa è un pre-giudizio, si dimostra anche di avere un bel pre-concetto pure di che cosa sia la filosofia stessa: un’attività che procede, come già rilevato, per
presunto sapere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Questo tipo di concezione del filosofare come “sapere
saputo” si oppone nettamente alla socratica <i>attività</i> <i>di ricerca</i>
del sapere, che invece è abbracciata dalla consulenza filosofica. Nella prima accezione è sufficiente aver studiato la storia della
filosofia per dirsi filosofi, nella seconda invece no, occorre altresì pensare
e vivere filosoficamente. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">La consulenza filosofica è una professione, inoltre, in cui non solo ci
si pone alla ricerca del sapere, ma lo si fa anche in un contesto dialogico,
nella relazione viva e incarnata con i singoli individui. Un motivo in più perché sia necessaria una
formazione specifica, che ecceda l’accademia. I consulenti filosofici devono
avere sicuramente competenza nella storia della filosofia, ma ciò pur essendo necessario,
non è sufficiente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">L’articolo di Innamorati continua confermando a ogni passo
la filosofia del sapere saputo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“I casi sono due: o il potenziale fruitore del counseling
filosofico è in grado di capire le idee filosofiche che gli verranno comunicate
o non lo è”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Si continua, incredibilmente, a dare per scontato che il
consulente filosofico “comunichi delle idee”, offra un sapere. No, Innamorati,
noi non offriamo alla gente un sapere già bello che confezionato, non pratichiamo
la filosofia come fa lei. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Viene poi da sorridere, quando il nostro autore si chiede: ma
la filosofia deve “servire” a qualcosa? Rispondendo poi subito “No!”, orgogliosamente
quanto malamente facendo eco alla definizione aristotelica della filosofia “serva
di nessuno”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Beh, diciamo prima di tutto che una filosofia tronfia e
pomposa no, non serve a niente. Il suo supposto sapere non è utile a nessuno,
in effetti. </span><span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 12pt;">Come Innamorati stesso affermerà, egli stesso è “utile” o “efficace”
solo in quanto psicoterapeuta. Come filosofo, proprio no.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Tutto l'articolo appiattisce il significato di “utilità” così
come quello di “cura” su un unico termine: Terapia. Si dimentica, pare, che esistono anche
gli insegnanti e gli educatori, coloro cioè che <i>non</i> si prendono “cura” delle
persone in senso <i>terapeutico</i>. A meno di non considerarle professioni
inutili, forse Innamorati dovrebbe rivedere un poco la sua argomentazione.
Certo, un professore di storia della filosofia è utile in un senso ben diverso
da una utilità “tecnica”. E Aristotele aveva ragione: la filosofia non ci serve
allo stesso modo di come ci servono le "tecniche". In questo senso essa non è una terapia e si differenzia certamente dalla psico-terapia (per quanto c’è chi,
come Umberto Galimberti, sostiene, a mio parere a ragione, che neppure la
psicoterapia dovrebbe considerare se stessa come una mera <i>techne</i>).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Visto che però qui parliamo non di insegnamento ma di consulenza
filosofica, veniamo pure a noi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Non essendo un’attività “terapeutica”, non ha quindi l’intenzione
di rilevare sintomi e diagnosticare patologie, con l’obiettivo poi di trattarle
con una psico-terapia o con dei farmaci. È un prendersi cura diverso che più
che con la <i>therapeia,</i> ha a che fare con la <i>epimeleia</i>, ovvero con
quel prendersi cura delle possibilità dell’essere per farlo fiorire, per citare
la bella definizione di Luigina Mortari (“La filosofia della cura”). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">I consulenti filosofici non diagnosticano né trattano
patologie, bensì incontrano esseri umani. Se una persona che ci chiede sostegno
avesse in corso una patologia la indirizziamo verso un altro specialista e, se se
ne vede l’opportunità, lavoriamo in equipe con altri professionisti (medici, psicoterapeuti,
psichiatri) per il suo ben-essere, secondo la specificità dei nostri strumenti.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">A Innamorati sembrerà probabilmente incredibile, ma ci sono
psicoterapeuti che lavorano in rete con noi, che riconoscono il nostro ruolo e
lo apprezzano. Se i pregiudizi cadono, infatti, è possibile collaborare
proficuamente proprio a vantaggio del consultante/paziente. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Chi collabora con noi lo sa che non comunichiamo idee alla
gente, non propiniamo teorie e nemmeno passiamo il tempo a leggere testi, come
il solito articoletto ipotizza. Leggere un piccolo scritto con il consultante o
consigliargli un libro sono cose possibili, ma non rappresentano la nostra
pratica tanto quanto il disegno di un albero fatto fare a un paziente non
rappresenta la pratica clinica di un terapeuta: sono passaggi, opzionali, di una
relazione ben più ampia e articolata. [Il paragone è solo esemplificativo,
poiché chiaramente un libro non è utilizzato dai consulenti filosofici come un disegno o un test da parte del terapeuta, non ha fini né diagnostici né terapeutici].<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Il compito di un consulente filosofico è fare una "filosofia
in rapporto" (cfr. G. Achenbach), ovvero praticare la ricerca del sapere insieme al suo consultante,
a partire da problemi, dubbi, domande portati dal consultante stesso e che
hanno una rilevanza per la sua vita. Non ogni malessere è patologico e molto spesso soffriamo per il
carattere angusto e rigido delle nostre idee, che non ci permettono di
affrontare adeguatamente una situazione dilemmatica, un conflitto, la perdita
di un amore o di una amicizia, una circostanza lavorativa o un lutto. La
fragilità della nostra esistenza di esseri umani ci mette di per se stessa di
fronte all’esperienza del dolore, senza che questo si traduca per forza di cose in una patologia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Se allora il consulente filosofico non dà consigli e non fa
lezioni di filosofia che cosa offre al consultante? Semplicemente lo supporta
nel pensare alla propria esistenza in modo meno legato all’abitudine e al pre-giudizio,
sviluppando capacità argomentative, zetetiche e logiche. Senza indottrinamenti
e senza fare ricorso a “tecniche” terapeutiche.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ciò significa aprire il discorso filosofico all’imprevedibilità
della relazione dialogica con altri. Non c’è spazio per le teorie già confezionate
e per il presunto sapere: nella relazione filosofica il dialogo è sempre <i>in
fieri</i>. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Filosofare in relazione con un altro, che vive delle
difficoltà, è certamente una responsabilità. Per questo motivo non presumiamo
ci basti avere dimestichezza con gli strumenti della filosofia e sappiamo bene
che si tratta di entrare in rapporto con l’interlocutore in modo competente.
Ciò significa formarsi e intendere la filosofia anche come saggezza dell’amore,
come sapere che si sviluppa nella relazione e che <i>ha a cuore</i> la relazione. Gli strumenti del “counseling”, una formazione
interdisciplinare che comprenda anche elementi di psicologia e di nosologia
psichiatrica, i tirocini, le supervisioni sono per questo fondamentali come
propedeutica e sostegno al filosofare in rapporto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">A proposito: il counseling non nasce psicologico, bensì
viene acquisito dagli psicologi dall’ambito dell’orientamento (cfr. Frank
Parsons). Il counseling non nasce con Rogers, come molti credono, sebbene sia
con Rogers che la psicologia (umanistica) ne riconosce tutta l’importanza. Rispetto
a questi argomenti consiglierei a chi non ne ha conoscenza di
informarsi. Basta perfino Wikipedia, per incominciare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Veniamo ora alla critica sulla incapacità diagnostica del
consulente filosofico. Come fa un counselor a rendersi conto di avere di fronte
un paziente psicotico? Se non lo sa fare non rischia di fare danni?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nessun counselor ha la competenza per fare diagnosi, è
vero: tuttavia, sappiamo comprendere quando è opportuno interpellare qualcuno
che ne formuli una. Almeno lo sa chi è adeguatamente formato.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sarebbe per altro opportuno che anche gli psicologi apprendessero nei propri studi degli elementi di filosofia e di counseling filosofico o bioetico, anche solo per sapere quando si trovano di fronte a un problema etico, bioetico, esistenziale, in generale filosofico, e poter inviare il paziente a chi è più competente in proposito. Trattare terapeuticamente certi problemi potrebbe recare parecchi danni a chi chiede un aiuto, ne possiamo essere certi.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Se certi psicologi smettessero di fare la guerra al
counseling (considerando anche che sono molti gli psicologi formatori dei
counselor), vedrebbero bene che l’utente non si tutela squalificando una professione
ma esercitando bene la propria e al massimo poi limitandosi a stimolare gli altri professionisti a qualificarsi in modo sempre migliore e preciso. Credere di
disporre dell’unico sapere “utile” e di avere il monopolio sulla “cura”, certe
volte non fa vedere più in là del proprio naso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">In tempo di pandemia, specialmente, appare in modo ancora
più chiaro che chi si occupa di relazioni d’aiuto dovrebbe fare rete, nell’interesse
di tutti. Con Pragma, abbiamo attivato un servizio di counseling filosofico
gratuito per sostenere chi è in difficoltà, così come hanno fatto molte altre
associazioni di consulenza filosofica. Siamo tutti impegnati, psicologi e
counselor, nel sostenere le persone nei momenti di difficoltà e nel rendere questo mondo un posto più accogliente. Anziché farci la guerra dovremmo imparare a
prenderci cura globalmente delle persone, lavorando in sinergia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Certo questo non potrà mai accadere se c’è chi dà agli altri professionisti dei ciarlatani, paragonandoli a maghi
e astrologi. Temendo infatti che i consulenti sottraggano ai terapeuti una
fetta di mercato, l'articolo di Innamorati afferma: “il mercato non ha cancellato né maghi, né astrologi ma questo
non mi pare una prova a favore della magia o dell’astrologia”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">È una realtà, certo, che i consulenti filosofici non producano
prove di “efficacia terapeutica” del proprio lavoro, come ci bacchetta
Innamorati. Ugualmente, sono stati condotti importanti studi, come quello del
Prof. José Barrientos Rastrojo, presso l’Università di Siviglia (in
collaborazione con altri prestigiosi atenei), che ha raccolto dati preziosi,
con analisi statistica, sui <a href="https://www.youtube.com/watch?v=rjG53OsH__Q">risultati della consulenza filosofica svolta nelle carceri </a>di numerosi paesi, con i
detenuti, all’interno di un progetto internazionale che speriamo approderà
anche in Italia. Gli studi empirici saranno sempre di più via via che la professione
si diffonde, ne stiano certi i detrattori.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Oggi è difficile vivere del solo lavoro di consulente
filosofico/a, occorre impegno, capacità autoimprenditoriale, pazienza. Spesso prima di farne l'occupazione principale è necessaria gavetta e inoltre non di rado accade di doversi impegnare su più fronti lavorativi. Non solo per le difficoltà intrinseche al mondo del lavoro in Italia e non solo perché si tratta di un approccio poco
conosciuto, ma anche perché la sua diffusione e il suo pieno riconoscimento sono continuamente ostacolati dai “filosofi del
presunto sapere” e inoltre da chi cerca indefessamente di escludere dal terreno
della cura chiunque non adotti una prospettiva terapeutica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Innamorati conclude il suo articolo invitando i consulenti
filosofici alla “coscienza”, cercando di scoraggiarli dall’illudere i laureati
in filosofia di avere una nuova strada professionale da percorrere. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">“A mio avviso, coloro che alimentano le speranze dei laureati
in filosofia proponendo corsi per diventare counselor dovrebbero fare i conti
con la loro coscienza (posto che questo termine abbia ancora un significato
filosofico)”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ebbene, mi rivolgo quindi in conclusione a tutti i
neolaureati in filosofia, curiosi di formarsi in consulenza filosofica e di adottare un approccio alla filosofia come pratica di vita: scegliete bene i vostri mentori e fate attenzione
alla qualità della vostra formazione. Soprattutto, diffidate di chi sentenzia
per presunto sapere, perché il più delle volte vi dirà di seguire la sua Verità
senza alcun rispetto per la vostra propensione e per i vostri talenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span face=""Arial",sans-serif" style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"> </span></p><span face=""Libre Franklin", sans-serif" id="ctrlcopy" style="background: rgb(255, 255, 255); border: 0px; font-size: 17px; left: -50000px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; position: absolute; top: -50000px; vertical-align: top;"><br style="font-family: "Libre Franklin", Arial, sans-serif;" />Per saperne di più: <a href="https://www.stateofmind.it/2017/02/counseling-filosofico/" style="background: transparent; border: 0px; color: #2da8c6; cursor: pointer; font-family: "Libre Franklin", Arial, sans-serif; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.2s ease 0s; vertical-align: baseline;">https://www.stateofmind.it/2017/02/counseling-filosofico/</a></span>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-32100107000699664322020-10-26T04:06:00.000-07:002020-10-26T04:06:20.450-07:00 Il giardiniere del mondo: Pratiche filosofiche e creative nel giardino. Diana Marcheschi.<p></p><p align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVYgKaRG-aljmaPT6dDhv0fAuieILod-dQYdb3csLnZp7h9VnEvl5KrCbX9xVd1g67ZPgVWEBKNQy7b5bPmubaq0YubjdS2RARfq11wfMHoOnIxbkHk2y6IEgHpmIvOnyt6M7I1OE2sPQd/s827/giordino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="745" data-original-width="827" height="310" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVYgKaRG-aljmaPT6dDhv0fAuieILod-dQYdb3csLnZp7h9VnEvl5KrCbX9xVd1g67ZPgVWEBKNQy7b5bPmubaq0YubjdS2RARfq11wfMHoOnIxbkHk2y6IEgHpmIvOnyt6M7I1OE2sPQd/w344-h310/giordino.jpg" width="344" /></a></b></div><b><br /></b><p></p>
<p align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%;">“Fate giardini!
Veri giardini, naturalmente, luoghi indomiti, fuorilegge... Tracciate il vostro
disegno sulla faccia della Terra, che si presta sempre volentieri ai sogni
dell'uomo, piantate un giardino e prendetevene cura. E proteggete anche quelli
che restano e resistono, i vecchi luoghi abitati dalle piante che arrivano da
lontano e continuano a sognare nonostante l'insensato baccano che li circonda. Lavorate
con i poeti, i maghi, i danzatori e tutti gli altri artigiani dell'invisibile
per rimettere al suo posto il mistero del mondo."<o:p></o:p></span></p>
<p align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%;">(Jorn de Précy,2012,
pg.120)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Dopo
il carnevale dovevo iniziare i nuovi gruppi di pratiche filosofiche in natura. La
Tuscia, alto Lazio, è un’oasi tra laghi, fiumi, colline di ulivo, boschi di
querce, lecci, noccioli, castagni, faggi, tipiche piante e arbusti del centro
Italia Tirrenico e siti etruschi. Poi la quarantena, durante la quale è
aumentata l’esigenza di stare in natura. Chi aveva l’orto o un bosco era
fortunato. Poi è arrivata una sorpresa, alcuni proprietari che avevano giardini
terrazzati ma non il tempo per curarli, hanno offerto gli spazi in comodato
d’uso. Così per molti di noi è nata un’opportunità di iniziare questa
esperienza di condivisione e dialogo nei giardini. Da maggio la natura è
divenuta la nostra guida e quando il giardino ha cominciato ad essere come una
cornucopia sono arrivate le prime visite talvolta anche da animali selvatici.
Da luglio, nel momento in cui gli orti e i giardini erano davvero meravigliosi,
amici e colleghi sono arrivati in visita per passare una giornata tra un
picnic, riflessioni, arte e semplicemente stare in natura. La pratica
quotidiana nel giardino non tende solo ad un fine materiale, ma è accompagnata
da una parte contemplativa, filosofica attraverso il silenzio, l’ascolto, la leggerezza
l’utilizzo di un’intelligenza del cuore. E’ anche ricerca e studio in divenire.
Come dicevano i monaci: <i>Ora et labora, lege, lege et relege. Invenies.</i><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Il
filosofo giardiniere islandese Jornn de Précy, vissuto tra il 1837 e 1912, descriveva
il giardino come luogo di disobbedienza civile, come luogo di dialogo con se
stessi e con la natura, tra spirito e natura.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>La sopravvivenza dei giardini, dei boschi, della natura significa
sopravvivenza per l’umanità perché il giardino è un luogo sacro. Nella sua opera
“E il giardino creò l’uomo”, proponeva come forma di ribellione il giardinaggio.
Una Rivoluzione basata sul principio dell’educarsi alla sensibilità, alla
consapevolezza di sé e dello sconosciuto. Questa pratica fondeva un’attitudine
all’ ascolto della natura, la voglia di conoscerla nei suoi aspetti biologici e
spirituali e l’atto di astensione al controllo e dominio della stessa. Per
questo il giardino selvatico, dove le piante spontanee potevano essere
conosciute e accostate sinergicamente dal giardiniere, è un ripensare ai
rapporti. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il manifesto dell’uomo giardiniere
del mondo parla della passione e dell’anima che impieghiamo quando agiamo nel
mondo. Come è salutare quel desiderio di un dialogo profondo con se stessi, sentire
un senso di appartenenza al regno naturale e appartenenza ad una comunità
(anche una minoranza) che ci rappresenta. Un rapporto tra uomo e pianeta visto
come vasto giardino.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nell’articolo di marzo ho parlato del concetto
<i>Genius loci</i> <i>e</i> <i>anima del luogo</i> adesso per completare il
cerchio invito i lettori ad immaginare in che modo ogni individuo potrebbe
iniziare a mettere in pratica l’ascolto e la pratica dell’anima del luogo. In
molte culture arcaiche esistevano i guardiani dei luoghi. In Amazzonia, per
fortuna, anche se in pericolo di estinzione, ancora esistono.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><b><span style="color: black; font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Come le pratiche filosofiche incontrano la natura?<o:p></o:p></span></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Per giardino, specifico, che intendo vari spazi, sia privati che
liberi in natura tra cui l’orto, le foreste, i parchi e molti altri. I due
laboratori che sto portando avanti da anni e mutano e migliorano attraverso il
contributo dei partecipanti, sono <i>il laboratorio dei pellegrini</i> e <i>l’albero
delle narrazioni</i>. Il primo sì è sempre svolto in natura dal 2016 presso parchi,
oliveti, boschi. Si basa sulla riflessione di tematiche tra cui: Il viaggio, il
senso del sacro, la saggezza, l’ascolto, l’espressione, il dialogo, la
trasformazione e la bellezza. Nella prima condivisione con il gruppo si parte da
alcune domande basilari e la prima di solito è: “Che significa vivere secondo
natura?”. Lo stare insieme prevede vari momenti, trekking filosofico, picnic,
raccolta piante selvatiche commestibili, stare in cerchio e dialogare. Una
delle finalità è la creazione di una compagnia filosofica citando le parole di
Ran Lahav. Dopo del tempo la compagnia passa alla fase successiva ovvero al <i>Laboratorio
l’albero delle storie</i>. Si condivide la costruzione di un campo base o luogo
sacro nei pressi di un cerchio di alberi. Stavolta il luogo diviene uno spazio
per far emergere l’espressività e la creatività della compagnia. Ogni incontro parte
con qualche momento dedicato a pratiche introspettive tra cui la pratica <i>esserci
con la pianta, </i>durante la quale ogni partecipante si prende il proprio
tempo per fare silenzio dentro e osservare la particolarità di una certa specie
botanica. Poi Partendo da uno stimolo condiviso: poesie, citazione filosofiche,
immagini o disegni, ricordi, foto o immagini tratte dai sogni; i partecipanti
elaborano una piccola narrazione working progress. Gli argomenti di solito
emersi sono stati: Radici, nutrimento, albero, anima mundi, anima del luogo.
L’ultima fase prevede il raccontare la propria storia attraverso vari linguaggi
artistici: Il cantastorie, La pantomima con aiuto di altri, la poesia, le
canzoni e la danza. Una partecipante, dopo il laboratorio di luglio, ha
condiviso con il piccolo gruppo:” Sento questi luoghi davvero sacri, tutte le
volte è come viaggiare nel tempo, per poi ritrovarmi e capire meglio cosa veramente
è importante per me adesso”<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Vi
invito, a riflette, dialogare e fare pratica in natura per vedere piccoli cambiamenti
nella vita di tutti i giorni. Queste poche righe sono anche un racconto di come
stiamo cercando di trasformare un sogno, una visione in un progetto condiviso.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 107%;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 107%;"><span style="font-size: medium;">Bibliografia<o:p></o:p></span></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;"><span style="font-size: medium;">Jorn
de Précy, <i>E il giardino creò l’uomo</i>, Adriano salani editore – Milano,
2019<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;"><span style="font-size: medium;">Masanobu
Fukuoka, <i>La rivoluzione del filo di paglia</i>, Libreria editrice fiorentina,
Firenze 2020<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;"><span style="font-size: medium;">Schelling,
<i>Sistema dell’idealismo trascendentale</i>, Bompiani, Milano 2006<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif;"><span style="font-size: medium;">James
Hillman, <i>L’anima del mondo e il pensiero del cuore</i>, Adelphi, Milano 2012<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-size: medium;"><strong><span style="font-weight: normal;">Pallada</span></strong><em><span style="font-style: normal;">, </span>Antologia
Palatina</em><em><span style="font-style: normal;">, XI 349, Enauidi editore,
Milano 2006<o:p></o:p></span></em></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-size: medium;"><em><span style="font-style: normal;">Ran
Lahav, </span>Manuale della compagnia filosofica</em><em><span style="font-style: normal;">, Loyev Books, Vermont U.S.A 2016<o:p></o:p></span></em></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-size: medium;"><em><span style="font-style: normal;">Massimo
pagliucci, Gregory Lopez, </span>stoicismo: esercizi spirituali per un anno</em><em><span style="font-style: normal;">, Garzanti, Milano 2020<o:p></o:p></span></em></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><span style="font-size: medium;"><em><span style="font-style: normal;">Italo
calvino, </span>Lezioni americane</em><em><span style="font-style: normal;">, Mondadori,
Verona 2003<o:p></o:p></span></em></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><em><span style="font-style: normal;"><span style="font-size: medium;">Bruno
Munari, Fantasia, Ed. Laterza, Roma-Bari 2003<o:p></o:p></span></span></em></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif;"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><span style="color: black; font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 107%;"><b>Autrice: </b>Diana Marcheschi, professionista delle pratiche
filosofiche Pragma, Dottoressa in filosofia e Psicologia. Studio di pratiche
filosofiche al chiuso e in natura. sono mossa da una grande passione per
l’esplorazione del mondo e dell’animo umano. Ricercatrice freelance. </span><span style="font-family: Consolas; line-height: 107%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-size: medium;"> </span></o:p></span></b></p><p></p><p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaSd_wFjXCVCaXjXaIqf-7gEZ2g_dPFwgSo5UxYSYXI-da19NaS_6RqhVrVELd46tF3I7Ym6YPX2DbN2USHj7hKe5-3TZhAjJz4LYhvA9grF8lakXiZ7SCtyceROSFjxkwILDaTv9NiM8G/w499-h281/scuolami.2021.jpg" width="499" /></a></div><br /><p><br /></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-87618211515621742822020-10-19T09:23:00.002-07:002020-10-20T04:07:51.825-07:00 La consulenza filosofica. Trattare il dolore per storie e immagini.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyU3SGBM4reIA1E8DgDR72REzgmzwxH8PWIHrqpom7VSx3U83OvUK9Q_6kJ3NgLq_ri4AcxOPYWma70S1vc_TOO9kfXV40DVDQUF9Z9EM3exZVqfOPk3mXsd7raVqfuQqAQbE2D3dbP2EJ/s820/Breaking-Bad.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="541" data-original-width="820" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyU3SGBM4reIA1E8DgDR72REzgmzwxH8PWIHrqpom7VSx3U83OvUK9Q_6kJ3NgLq_ri4AcxOPYWma70S1vc_TOO9kfXV40DVDQUF9Z9EM3exZVqfOPk3mXsd7raVqfuQqAQbE2D3dbP2EJ/w376-h248/Breaking-Bad.jpg" width="376" /></a></div><br /><p></p><p><span style="font-size: medium;">La lezione magistrale del Prof Mordacci dedicata al tema del “Cinema
con filosofia” tenuta presso la <a href="www.scuolapragma.com" target="_blank">Scuola di Pratiche Filosofiche e Counseling Filosofico Pragma</a> di Milano, conferma che il mondo dello spettacolo televisivo,
o del cinema, può offrire diversi strati di lettura per generare dei dialoghi e
discorsi più profondi rispetto a quelli che spesso si affrontano con leggerezza
durante le occasioni conviviali.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Questa tipologia di intrattenimento può essere quindi uno
strumento aggiuntivo nel bagaglio del consulente. Rifacendoci alla tradizione
buddista, ma non solo, la vita è dolore e occorre trovare la via per cercare di
superarlo e così fanno tutti, chi con l’aiuto di amici, conoscenti, figure
religiose, da soli o con dei consulenti. A volte guardare un film, o una serie
TV, permette di volgere lo sguardo verso situazioni che prima non si
consideravano affatto, oppure rivalutare certi aspetti di esperienze vissute.
Proprio le serie TV, ormai sempre più presenti nella nostra vita, potrebbero
offrire un insieme di spunti per un dialogo che possa aiutare un Consultante in
crisi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">La ormai pervasiva presenza delle serie TV, sui canali
tradizionali o in <i>streaming</i> (o forse lo streaming è già diventato la
“nuova” tradizione?), sembra offrire un ampissimo catalogo di “titoli” sempre
più variegato per approfondire e sviscerare i diversi temi che riguardano i
comportamenti dell’uomo affinché questi generino interesse nello spettatore e,
di conseguenza, seguire il racconto fino al suo compimento.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Certo, molte serie sembrano create solo per riempire un
catalogo di offerta, con trame scontate che non superano due o tre stagioni, ma
ci sono molte altre situazioni dove il racconto è ben fatto e ben recitato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">I meccanismi con cui le serie generano interesse possono
essere diversi ed è per questo che spesso, i gruppi di lavoro che scrivono le
sceneggiature, comprendono anche quelle figure professionali esperte nel campo
psicologico e/o filosofico. Infatti, tra gli elementi più interessanti dei <i>serial</i>,
troviamo sicuramente le motivazioni che influenzano le scelte dei protagonisti
(e delle loro conseguenze). Basti pensare alle classiche situazioni di dilemma,
quando un personaggio deve scegliere tra un male minore e uno ancora più
grande, piuttosto che considerare il tema della fiducia e del “credere” verso
gli altri personaggi della storia e degli altri accadimenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Un Consulente Filosofico potrebbe quindi trovare appigli
utili con il proprio Consultante considerando i suoi interessi e lavorandoci
insieme (si, c’è già qualcuno che lo fa anche a scuola, ad esempio Tommaso
Ariemma). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Ovviamente, il fatto che una serie abbia un certo seguito
significa che esiste una sorta di empatia tra i personaggi (il prodotto di
sceneggiatori, produttori, regista, ecc.) e il pubblico, dove quest’ultimo si
ritrova immerso nel continuum della storia o, come spesso capita, si immedesimi
in uno dei personaggi. Questo non è di certo un meccanismo nuovo perché è ciò
che avviene anche durante la lettura di un libro o quando si assiste a un
concerto e così via. Insomma, quando qualcosa o qualcuno entra in contatto con
la nostra emotività (il nostro logos come <i>discorso</i>) ed emergono delle
emozioni. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Tra le serie più conosciute e contrastanti in questo senso
si nota particolarmente “Breaking bad”, creata da Vince Gillgan nel 2008 di cui
sono state prodotte 5 stagioni e un film “spin off” (El camino) per dare il
giusto completamento della storia del coprotagonista del serial, Jessie
Pinkman. Può essere considerata una sorta di miniera per i temi e significati
che per tutta la vicenda vengono trattati. Infatti la serie è studiata e
progettata accuratamente, con molti intrecci e personaggi caratteristici, ma
anche con una scelta della fotografia sempre coerente in colori e dettagli
particolari, oltre che da titoli “iconici” per ogni episodio (ad es. <i>Ozymandias</i>,
dalla poesia di Percy Shelley). La storia è un vero e proprio “spaccato” di
vita, dove non ci sono lungaggini e neppure episodi superflui. Tutti gli
aspetti sono dosati con cura e attenzione, così come si dimostra poi il
personaggio principale su cui verte la serie. Così, possono essere individuati
facilmente dei temi per iniziare un dialogo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Questa serie è inserita in un <i>logos</i> comprensibile a
tutti, dove un padre di famiglia vive una vita tranquilla come insegnante di
chimica in una scuola superiore statale in New Mexico, con una moglie in cinta
di una bambina (non prevista) e un figlio adolescente con qualche problema
fisico che condiziona la sua vita e spesso il suo umore. Il padre, però, scopre
di essere ammalato di un tumore ai polmoni e inizia una riflessione personale a
riguardo dei soldi che serviranno a curarlo, probabilmente con scarse
possibilità di successo lasciando poi un debito enorme alla famiglia che non
potrà mai ripagare. Piuttosto che indebitarsi, dopo aver visto un servizio
giornalistico sui guadagni (enormi) dei produttori di droga, decide di usare il
suo talento cristallino di chimico per iniziare a produrre metamfetamina. Si
pone, però, un problema: lui non è mai stato una persona “cattiva” e ha bisogno
di qualcun altro per iniziare una carriera criminale, qualcuno con più
esperienza nel settore. Nasce quindi un sodalizio tra Walter White e Jessie
Pinkman, un insegnante di chimica e il suo ex allievo di scuola che spaccia
marijuana in maniera dilettantistica che riuscirà ad eguagliare la bravura del
suo mentore. In questa strana coppia, dove Walter è l’ingenuo e Jessie
l’esperto (del mondo della droga), si innescano rapporti di complicità dove uno
compensa le mancanze dell’altro, ma anche e soprattutto di ampio uso della
retorica per manipolare il pensiero altrui. Diventa presto chiaro che la
personalità di Walter, o meglio la sua visione del mondo (e quindi un nuovo <i>logos</i>)
si è evoluta in un modo tutt’altro che prevedibile rispetto alla sua vita
precedente, così come Jessie acquisirà, invece, il ruolo dell’ingenuo.
Prendendo spunto dai concetti aristotelici di forma e sviluppo, l’atto che fa
deflagrare il potenziale “cattivo” di Walter verso la sua nuova forma (con una
brusca svolta, cioè la <i>breaking bad</i>) è la scelta di uccidere un uomo che
ormai aveva scoperto la loro attività criminosa. Walter vorrebbe lasciarlo
vivere, ma ha paura che potrebbe ucciderlo una volta libero, nonostante le
promesse e fa’ di tutto pur di non occuparsi di questa cosa, tra cui testa o
croce (con Jessie) e una lista dei pro e dei contro per interpretare meglio le
conseguenze del suo gesto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Filo conduttore della serie è il dolore dei vari personaggi
e di come questo possa essere causa e conseguenza delle loro azioni. Ad
esempio, per sfuggire alla sofferenza della sua vita, Walter prova a diventare
un produttore di droga, causando però sofferenza alla sua famiglia e a Jessie.
Non solo lui, ma anche la moglie, soffrendo la situazione creatasi, lo tradisce
con un altro uomo. Così anche il figlio, che subisce le difficoltà di una
separazione mai definitiva, così Jessie che di fronte alla morte delle persone
a lui vicine, cerca riparo nella droga, e così via.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi349DQrWb1ry_j4pdt-f33nxZ_ecr_EVcGYicSXuGN1JmAl7bUw7HsCbM1kw-4Ccakn0o_220sKCxa9ewMLaYBtwKnJdSXPBs0JcMV7nUUrjcBHNkmy2gOMGGw1Qdxy3ZTgCjHYNmmZO7E/s568/Immagine1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="568" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi349DQrWb1ry_j4pdt-f33nxZ_ecr_EVcGYicSXuGN1JmAl7bUw7HsCbM1kw-4Ccakn0o_220sKCxa9ewMLaYBtwKnJdSXPBs0JcMV7nUUrjcBHNkmy2gOMGGw1Qdxy3ZTgCjHYNmmZO7E/w437-h251/Immagine1.jpg" width="437" /></a></div><span><p class="MsoNormal" style="font-size: x-large;"><span style="font-size: large;"><br /></span></p><span style="font-size: medium;">Ulteriore tema è la </span></span><span style="font-size: medium;"><i>hybris</i><span> di Walter. Durante tutta
la serie, la sua volontà di dominare tutto, di essere il chimico migliore, il
trafficante migliore, di spazzare via ogni ostacolo al suo obiettivo cresce in
modo costante, ma solo alla fine si renderà conto che ormai gli obiettivi sono
terminati e lui ha perso tutto: famiglia e denaro.</span></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">La trama ricorda le partite di scacchi: lente, ma
costantemente in movimento, con un’accelerazione sul finale dove i pochi pezzi
rimasti possono pre-determinare una patta o una sconfitta che è solo una
questione di tempo. Anche il tempo è un fattore portante per la serie, in
quanto misura dell’attesa della morte di Walter fin dalla prima puntata e un
fattore importante per la produzione in quanto, nonostante il grande successo,
ha scelto di chiudere la serie al momento giusto, prima di spingersi oltre e
rovinarla.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Quando si dice avere “il senso della misura”… (<span class="Enfasi">katà métron</span><span class="Enfasi"><span style="font-style: normal; mso-bidi-font-style: italic;">)</span></span> <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><i><span style="font-size: medium;">Autore. </span><span style="font-size: medium;"><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">Valerio Armandi: bergamasco di nascita e milanese</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;"> </span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">d'adozione</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">, mi sono laureato</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;"> </span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">all'interno</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;"> </span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">del vasto panorama delle scienze agrarie nel 2011. Per circa 10 anni, fino al 2016, sono stato un praticante di arti marziali, dove ho trovato il mio primo riferimento filosofico nella figura di Bruce Lee. Dal 2012 sono impiegato nel ramo commerciale di</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;"> </span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">un'azienda</span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;"> </span><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222;">fornitrice di servizi di facility management."</span></span></i></p><div><span face="Arial, Helvetica, sans-serif" style="color: #222222; font-size: small;"><br /></span></div>
<div><br /></div><div><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><br /><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="311" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGfskVelb9lJbo9GHcrRkDMLtS4paijzFdeMvG1qU-sukIXg2ZF2KbVYg07h41ld5GkR0YbH6vP5dlpFHTD0rz2eWrBQFxs4TtrS4hU35qVFU7FNyFOliuXXZ8qC7TFT_dQj82kgI7k69a/w554-h311/scuolami.2021.jpg" width="554" /></a></div><br /><p class="MsoNormal"><br /></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-47823134049681013112020-09-27T09:49:00.001-07:002020-09-29T09:19:59.649-07:00La bacchetta del filosofo. Andrea Dallapina<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="268" data-original-width="512" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6-FJV4iBl3e6-ia25bSieEjHyJPZ8KTZzdXwspu58s5zBENqrBh7FcrrmrgfZlcB2x40AVgJz8Zwmo-C0LW_LaJnBvabQjx5ASmxaqByjjifKQcHEt2MwF7DD5ckJn2zvwaiDaIs6fQVb/w387-h203/unnamed.jpg" width="387" /></div><br /><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%; text-align: justify;">Il consulente filosofico può
comunicare il significato delle proprie pratiche con il corpo, oltre che con la
parola? E se sì, come? </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; text-align: justify;">Sono le domande che nascono dopo aver
visto in azione un grande direttore d’orchestra come Antonio Puccio presso la
<a href="www.scuolapragma.com" target="_blank">Scuola di Pratiche Filosofiche e Counseling Filosofico Pragma di Milano.</a></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Un parallelo tra concerto e consulenza</span></b></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Un parallelismo tra direttore
d’orchestra e consulente filosofico può nascere dal fatto che entrambi fondano
la loro attività sull’interpretazione di testi. Per il direttore il testo è lo
spartito musicale, l’opera sinfonica. Tecnicamente il testo musicale (composto
magari qualche secolo fa) può essere eseguito da chiunque sappia leggere la
musica e suoni uno strumento. Il direttore non si limita però a questo (a tradurre
segni in note): studia, scava, cerca un’intuizione, una chiave, per dare nuova
voce, per attualizzare, sottolineare, evidenziare alcuni significati
dell’opera.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">In modo analogo il consulente
filosofico per le sue pratiche parte dai testi filosofici, scritti magari oltre
2 millenni fa, e cerca di interpretarli nel contesto della consulenza
(individuale o di gruppo che sia). Anche in questo caso, tutte le persone
alfabetizzate possono leggere le traduzioni di Platone, di Aristotele, di Kant
o di Hegel, e possono capirne il significato letterale. Ciò non è però
sufficiente a cogliere il movimento all’interno del quale quel pensiero è nato
e perché può ancora avere senso (o un nuovo senso) per noi. Il “medium” per
arrivare a questa interpretazione incarnata è il consulente.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Oltre le parole</span></b></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Il parallelo finisce qui? Senz’altro
vi sono delle differenze. Il consultante è sia mezzo che fine della
performance, mentre gli orchestrali sono il mezzo e il pubblico è il fine
dell’esecuzione musicale. Ma a prima vista la differenza fondamentale risiede
nella parola. La consulenza filosofica è un’esecuzione che utilizza il dialogo,
le parole. Quello che conta è quello che si dice. L’esecuzione musicale nasce
invece da un intendimento sul suono. Anche nella preparazione dell’esibizione,
come ha spiegato lo stesso maestro Puccio nel corso di un workshop tenuto nel
giugno 2020 a Milano dalla Scuola Pragma, le parole che il direttore dice agli
orchestrali durante le prove (e che servono a comunicare la sua interpretazione
del brano) sono minime. È il gesto, cioè l’esercizio mimetico di incarnare la
musica con le movenze della bacchetta, che diventa lo strumento per indicare il
significato specifico che il direttore vuol dare all’interpretazione.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Siamo di fronte a un segno (il movimento
della bacchetta del direttore) che non è fonetico e non è un <i>grammata </i>(un
segno scritto, inciso su un supporto). Però potremmo definire il gesto della
mano che tiene la bacchetta comunque una scrittura nel mondo e del mondo, nel
senso che il direttore qualcosa scrive, rappresenta, utilizza il mondo (la
bacchetta e lo spazio antistante a sé) per esprimere concetti, idee, visioni,
emozioni, sentimenti. Lo fa scrivendo su un supporto invisibile, la sua è
infatti una scrittura nell’etere, nel vuoto.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Scrivere nel vuoto</span></b></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Anche la voce è una scrittura nel
vuoto (e dal vuoto). L’oralità è lo strumento attraverso il quale gli esseri
umani, dopo aver visto la luce, scoprono che il mondo si trasforma, diviene, si
pronuncia e si dissolve, si sente e si perde. È questa “impersistenza mondana”
il grande trauma (la perdita dell’Uno, della simbiosi con la madre,
rappresentata dalla dimensione del linguaggio) che l’ipermodernità con le <i>digital
clouds</i>, con la riduzione a codice binario della realtà e il passaggio alla
sua archiviazione di ogni immagine, voce, suono, vorrebbe utopicamente
superare. È la grande illusione di poter creare una copia, una mappa uno a uno
di ogni istante della realtà. Un mondo che può sempre essere rivisto o
riascoltato. Del quale niente va perso. Una sorta d’immortalità <i>à rebours</i>.
L’illusoria realizzazione del desiderio di non doversi mai staccare dal momento
presente, dal godimento del seno materno, poiché è possibile riproporne il
fantasma in ogni momento.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">D’altronde anche la pratica filosofica
o l’esecuzione concertistica, nate per essere destinate ai partecipanti, cioè
quali eventi spazio-temporali circoscritti, oggi possono essere registrate
riascoltate, riviste. La questione che poniamo è: eliminare la presenza fisica
nella fruizione, togliere la vibrazione dell’aria attorno a sé, è ininfluente
per la trasmissione del significato?</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Questo è il punto decisivo. Perché se
è ininfluente, l’utopia ipermoderna di un mondo digitalizzato avrebbe ragione
d’essere. Se non essere presenti è il medesimo che esserlo, allora vuol dire
che nella copia della realtà non c’è perdita (è l’idea alla base della
scrittura alfabetica, prima, e della stampa, poi: se interroghiamo il senso
comune ci dirà che tutte le copie della stessa edizione della Divina Commedia
dicono la stessa cosa).</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Però, se analizziamo una registrazione
digitale assistiamo al fatto che alla base c’è sempre un processo che
rappresenta in modo discreto: o 0 o 1. C’è sempre una scelta, una decisione
(volontaria o meno che sia) in ogni rappresentazione del mondo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non può esserci avanzo 0 nella riproduzione
del reale, e questo per il semplice motivo che il reale esiste solo nella
dialettica tra soggetto e mondo. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Ecco dunque le due grandi illusioni.
Da un lato quella gnostica o idealista per la quale esiste una vera immagine
del reale che può essere catturata e riprodotta (la forma logica del mondo, il
codice binario dell’universo). Dall’altro quella materialista, per la quale la
mappa non può mai essere il territorio, altrimenti sarebbero necessari due
universi. Un pensiero filosofico deve svelare i falsi presupposti su cui si
basano, mostrare che il mondo è reale e non reale al contempo, poiché non
esistono il mondo e il soggetto, accade invece una relazione soggetto-mondo. In
fondo è questo il difficile esercizio filosofico dello scrivere nel vuoto:
plasmare un mondo che si sottrae.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">La bacchetta del filosofo</span></b></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Torniamo alla domanda. Togliere la
presenza, cioè sentire la voce del consulente uscire dalle casse di un
notebook, oppure vedere il movimento della bacchetta del direttore d’orchestra
in uno schermo, modificano queste pratiche umane? E come?</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Per rispondere dobbiamo fare un passo
indietro, e rispondere a un’altra domanda: qual è la bacchetta del filosofo? qual
è lo strumento con il quale scrive nel vuoto, con il quale si fa mimo della sua
interpretazione del testo e del mondo? La risposta è la voce.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Attenzione, non la parola, cioè i
segni, i significanti che il filosofo (il consulente filosofico) utilizza per
comunicare i propri significati nel dialogo, la propria interpretazione del
testo, del mondo, dell’Altro, della vita. Parliamo della voce quale suono, <i>phoné</i>,
ciò che risuona, vibra nel gesto della voce, dell’intonazione, del respiro. La
voce è respiro, e il respiro è secondo la tradizione l’anima, il soffio vitale,
lo spirito. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Nella consulenza e nella pratica
filosofica si pone l’accento sui concetti, l’attenzione è volta al significato
delle frasi, alla sintassi, si è compresi dal e nel linguaggio, dal valore
semantico degli enunciati. Poco ci si cura di come quelle parole vengono
pronunciate, del loro ritmo, del loro suono. Eppure, la comprensione è
sintonia, non si può capire se non si è sulla frequenza dell’emittente e non si
può farsi comprendere se non si è su quella del ricevente. Il dialogo
filosofico è una continua ricerca di sintonizzazione a partire da una creazione
di vuoto (cos’altro sarebbe l’<i>epochè</i>, la sospensione del giudizio).
Vuoto con il quale si tenta di ascoltarsi senza essere influenzati dai rumori
di sottofondo, “gioco del silenzio”.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Perciò un esercizio costante della
voce e della respirazione può portare il filosofo (il consulente filosofico) a
migliorare la sua bacchetta, il gesto che la muove, che scrive nel vuoto (e non
vi è qui il tempo per trattare come, analogamente al canto, anche la mimica
facciale, quella delle mani e la postura del corpo facciano parte della
gestione vocale, della comunicazione che passa attraverso il gesto del
parlare).</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Perché farlo? Può capitare che un
concetto espresso da una persona appaia chiaro, poi risentito pronunciato da
qualcun altro (anche usando le stesse parole) sembra oscuro, come se si fosse
persa la sintonia, il collegamento con quel concetto o idea. Perché accade?
Perché il significato non è trasmesso dal solo significante, dal segno, ma
dall’azione di produzione del segno. Il gesto comunica, ha significato, fa
parte del significato. Come, in un’interpretazione, sono inoltre essenziali le
pause, le intonazioni, gli accenti.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">In questo senso si può tentare di
rispondere alla domanda: cosa cambia se la consulenza non è in presenza? Cambia
il piacere dell’ascolto, la sintonia tra consulente e consultante. Chi
ascolta la musica nelle cuffie ha un’esperienza differente rispetto
all’ascolto durante un concerto, quando si può percepire la musica prima nella
cassa toracica (e solo successivamente udirla). Perché questa differenza si
percepisca, come il grande maestro d’orchestra, occorre però lavorare per
trovare un proprio registro interpretativo. La consulenza filosofica diventa così,
non una banale lezione di metodo, ma un sinfonico rituale senza dogmi.</span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;">Bibliografia</span></b></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">J. Derrida,<i> La voce e il fenomeno</i>,
J. Derrida, Jaca Book, 2010<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">C. Sini,<i> Teoria e pratica del
foglio-mondo</i>, Laterza,<i> </i>1997<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">C. Sini, <i>Il gioco del silenzio</i>,
Mondadori, 2006<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;">Platone, <i>Fedro</i>, in <i>Tutti gli
scritti</i>, Bompiani, 2000<i><o:p></o:p></i></span></span></p><p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></span></p><p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><i><span style="font-family: "Times New Roman", serif; line-height: 150%;"><span>L'autore: </span></span><span style="text-align: left;"><span style="font-family: "Helvetica Neue", serif;">Andrea Dallapina vive sul Lago
Maggiore e abbina il giornalismo alla filosofia. Laureato negli anni Novanta
con una tesi che indagava i rapporti tra filosofia e ipertestualità agli albori
del web, è stato direttore di testate giornalistiche dell’Alto Piemonte e,
attualmente, è consulente nel campo della comunicazione e della community
relations. Allievo della Scuola di Pratiche Filosofiche e Counseling Filosofico Pragma, è attivo anche
in ambito narrativo.</span></span></i></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Helvetica Neue",serif; mso-fareast-font-family: "Times New Roman";"><o:p></o:p></span></p><p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: "Arial Unicode MS";"><br /></span></p><p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: "Arial Unicode MS";"><br /></span></p><p class="Corpo" style="line-height: 150%; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijsigmkD7wDKABi8JPubBOvVDX8SFop06iPNwGxmw7XMqUTkUVhV_XXeWJIWwAy6K24bNGvXe5qpJobvANXEUvR7R0tASE7ShWZ3qPS7wlqZksbFNXU4jXOyYv5Cl0PLA_FGdkJ6KBnmK8/w472-h266/scuolami.2021.jpg" width="472" /></a></div><br /><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: "Arial Unicode MS";"><br /></span><p></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-82691563820991356902020-09-22T00:45:00.002-07:002020-09-22T00:45:49.770-07:00La filosofia come "cura". Riflessioni sulla valenza "terapeutica" del Counseling Filosofico. Eleonora Candeli<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTREC7mC8AVThJZ6f4bOo3tr1S9EXeFqj57qYNGhmyXrhCsiOhPZ1TSAwFnZENt6P-AocB55OUAXNOYh_-ufa30ZRG3qCVHquoRrhFGezmsQokhgMZ4lbSTQ9cClgrbCIwPxtZUM5QGZyL/s640/generosity-4993451_640.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="482" data-original-width="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTREC7mC8AVThJZ6f4bOo3tr1S9EXeFqj57qYNGhmyXrhCsiOhPZ1TSAwFnZENt6P-AocB55OUAXNOYh_-ufa30ZRG3qCVHquoRrhFGezmsQokhgMZ4lbSTQ9cClgrbCIwPxtZUM5QGZyL/s320/generosity-4993451_640.jpg" width="320" /></a></div><br /><p></p><p><span style="font-size: large;"> «È vuoto il
discorso di quel filosofo che non riesca a guarire alcuna passione dell’uomo:
come non abbiamo alcun bisogno della medicina se essa non riesca ad espellere
dal nostro corpo le malattie, così non abbiamo alcuna utilità della filosofia
se essa non serve a scacciare le passioni dell’anima»
(Epicuro, 1973, p. 570).</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Con queste parole Epicuro ammonisce sulla
funzione della filosofia, che deve essere capace di intervenire sull’insieme di
sensazioni, emozioni e pensieri che creano sofferenza e dolore; essa, se non è
capace di agire concretamente sulla vita delle persone, risulta inutile. Per
questo Epicuro definisce la filosofia come “tetrafarmaco”, ossia una medicina
in grado di curare i quattro mali che affliggono l’animo umano: la paura della
morte, la paura degli dèi, la paura del dolore e il timore di non poter
raggiungere il piacere. Oltre ad Epicuro, si potrebbero citare diversi altri
filosofi dell’antichità i quali hanno ravvisato in questa disciplina una
possibilità di intervento nei confronti della sofferenza dell’uomo. Inoltre, la
“cura di sé” (<i>epimeleia heautou</i> in greco e <i>cura sui</i> in latino),
nel mondo antico, costituiva non solo un principio teorico, ma una pratica
costante; il termine stesso <i>epimeleia </i>sta ad indicare la cura come
sollecitudine e attenzione, che si esplica, quindi, non solo in un
atteggiamento della coscienza, ma in una vera e propria occupazione<i> </i>con
le sue regole, i suoi strumenti, i suoi obiettivi. A questo punto, bisogna
precisare che la cura di sé non è un’invenzione del pensiero filosofico: nella
civiltà greco-romana essa era, di fatto, un elemento culturale molto potente,
tanto da rappresentare un vero e proprio principio regolatore dello stile di
vita. Senofonte, ad esempio, usava l’espressione <i>epimeleia heauton</i> per
descrivere la gestione agricola; anche la responsabilità di un monarca nei
confronti dei suoi cittadini era <i>epimeleia heauton</i>. Tuttavia, con
l’avvento della filosofia, per la cura di sé diventano necessari i <i>logoi</i>,
cioè i “discorsi veri e razionali”, mediante i quali è possibile smantellare
quei falsi miti e false credenze, quelle superstizioni, quei pre-giudizii e
pre-concetti che sono causa delle nostre paure e incertezze: per Plutarco i <i>logoi</i>
costituiscono un “farmaco” (<i>pharmakon</i>) che dobbiamo avere sempre a
portata di mano per affrontare le vicissitudini della vita e si traducono in
una serie di esercizi di pensiero con cui dobbiamo allenare la mente per
modificare il nostro approccio agli eventi e fortificare il nostro
atteggiamento (Foucault, 2003).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Se nell’antichità la filosofia aveva una funzione
terapeutica, è plausibile affermare che tale funzione abbia validità ancora
oggi? Per usare le parole di Pier Aldo Rovatti (2006), è lecito domandarsi: la
filosofia può curare? Per rispondere a tale interrogativo, bisogna anzitutto
intendersi sul significato della parola “cura”. In latino <i>cura</i> è la
traduzione quasi letterale della parola greca <i>therapeia</i>, che significa
“servizio” ed indica, appunto, l’“essere al servizio di qualcuno”. Nell’<i>Iliade</i>,
Automedonte, Alcimo e Patroclo vengono definiti <i>therapontes </i>rispetto ad
Achille, in quanto si sono posti al servizio del compagno (Curi, 2017). Ma, porsi
al servizio di qualcuno implica anche il prestargli <i>obbedienza</i>, termine
derivante dal latino <i>ob-audire</i>, che significa “mettersi in ascolto”; dunque,
il <i>therapon </i>è colui che si pone al servizio di qualcuno prestandogli
ascolto, senza che ciò comporti l’instaurarsi di una qualche relazione di
superiorità/ subordinazione, ma come risultato di una libera scelta dettata
dall’interesse nei confronti di chi ci sta dinnanzi. A questo punto, si può ben
capire il concetto racchiuso nel significato della parola <i>cura</i>: essa è
“sollecitudine”, “preoccupazione”, “premura” nei confronti di qualcuno.
Inoltre, l’”avere cura” chiama in gioco il pensiero valoriale, nel senso che
ciò di cui ci preoccupiamo assume, per noi, un valore, sia dal punto di vista
cognitivo, sia dal punto di vista emotivo, sia dal punto di vista etico (ossia
dei comportamenti che attuiamo). Matthew Lipman distingue tre dimensioni del
pensiero, strettamente intrecciate, che entrano in azione durante la pratica
filosofica: quella critica (corrispondente all’attività logica del
ragionamento), quella creativa (che ha il compito di individuare e percorrere
vie alternative, di rendere effettivamente possibile ciò che è possibile) e
quella <i>caring</i>.
Ora, il pensiero <i>caring </i>«[…] possiede un doppio significato: da una
parte significa pensare con premura all’oggetto dei nostri pensieri, dall’altra
vuol dire occuparsi della propria <i>maniera </i>di pensare» (Lipman, 2003, p.
284): si tratta di una dimensione riflessiva che pone in essere sia la
questione del valore di ciò di cui ci occupiamo, sia la questione del valore
della modalità con cui ci occupiamo di ciò che ci sta a cuore. È un pensiero
complesso in cui, accanto alla sfera valutativa e a quella normativa,
intervengono anche la sfera affettiva e quella empatica, perché senza
l’emozione «il pensiero sarebbe piatto e poco interessante» (Id., p. 283),
sarebbe cioè privo di quella connotazione emotiva che sperimentiamo
quotidianamente. Tornando, quindi, all’interrogativo iniziale, ossia se la
filosofia sia in grado o meno di curare, a questo punto è possibile indirizzare
la risposta verso il “sì”, a patto che i concetti di cura e terapia vengano
liberati dal monopolio delle discipline mediche, per cui essi possano indicare non
soltanto l’utilizzo di un insieme di procedure atte ad affrontare una
situazione patologica, ma anche la premura e la preoccupazione per qualcuno di
cui ci si pone al servizio. La filosofia che diventa “filosofare”, cioè pratica
capace di intervenire sui problemi concreti delle persone, liberata dal «ghetto
accademico» (Achenbach, 2005), può verosimilmente curare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Ma in che modo la filosofia come pratica può
essere “terapeutica”? Chi si rivolge al filosofo praticante (o, nello
specifico, al consulente filosofico) ha un problema concreto da risolvere, una
preoccupazione che lo assilla, un dolore che lo attanaglia. E’ da queste
situazioni che scaturisce la necessità della ricerca, la volontà di filosofare,
la quale prende sempre le mosse<span lang="it"> da una lacerazione dell'esperienza, da una mancata corrispondenza tra
mondo esterno e mondo interno, da una questione che "sentiamo"
attinente a noi, ma che ci rende spaesati e in un certo qual modo ci irrita: «A
partire dallo stato di smarrimento prende forma la riflessione e i suoi
sviluppi possono andare nel senso e nella direzione della filosofia» (Cosentino,
2008, p. 15). Il consulente filosofico, grazie alla familiarità in primo luogo con
una tradizione millenaria di domande, prospettive, teorie e possibili risposte
sulle questioni più spinose riguardanti l’esistenza umana e in secondo luogo
con l’indagine filosofica, in cui logica, creatività e pensiero valoriale si
intrecciano alla ricerca di orizzonti di senso, può aiutare il consultante a
“smontare e rimontare” i suoi pensieri e le sue sensazioni, accompagnandolo in
una ri-costruzione assolutamente personale di una visione del mondo che possa
risultare, per lui o per lei, meno nociva e più funzionale. <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">Il “con-filosofare” del consulente e del
consultante insieme deve far luce sugli aspetti latenti del pensiero, deve
“smascherare” i pre-giudizii, i pre-concetti, le premesse implicite che necessariamente
caratterizzano la visione del mondo di ognuno di noi. Questo insieme di
“credenze” prende corpo dall’ambiente in cui viviamo, dalla famiglia di
origine, dalla cultura di appartenenza, dal contesto sociale, dalle esperienze
compiute, dalla rete di relazioni intersoggettive che abbiamo intrecciato e, se
mostrano di avere una funzione efficace nei vari contesti pratici, non
necessitano solitamente di esplicitazione. Ma, quando all’interno di tale
visione del mondo si insinua una crepa, che rischia di sgretolare l’intera
costruzione, può rendersi necessario un lavoro filosofico attraverso il quale ricostruire
un nuovo orizzonte di senso: d’altronde, laddove sono in gioco questioni di
senso e questioni etiche può intervenire, a buon diritto, la filosofia. Il
filosofo praticante è, quindi, chiamato, da un lato, a mettere in discussione l’insieme
di credenze del consultante e, dall’altro lato, ad agire maieuticamente affinchè
il consultante stesso sia in grado di assumere quell’atteggiamento filosofico
mediante il quale sarà in grado di individuare la sua peculiare via di uscita
al problema; in questo senso, il consulente filosofico mette se stesso, con la sua
competenza e il suo “saper essere” filosofici, al servizio dell’ interlocutore,
prendendosene cura e diventando, come Patroclo, il suo <i>therapon</i>.<o:p></o:p></span></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="it"><span style="font-size: large;">Non sono in grado di stabilire se una maggiore consapevolezza di sè e
delle proprie modalità di pensiero e se la capacità di modificare i propri
orizzonti di senso siano in grado di rendere la vita più felice o di aumentare
il grado di benessere. Mi piace però pensare, come ha scritto Antonio
Cosentino, che la filosofia sia cura di sé quando diventa processo di <i>emancipazione
</i>(id., p. 108): ciò comporta, da un lato, l’affermazione della propria
libertà <i>da </i>vincoli imposti e dalla tirannia della “culla” e, dall’altro
lato, la conquista della libertà <i>di </i>costruire se stessi mediante
autonomi percorsi di progettazione di sé, in un cammino che coinvolge le
diverse dimensioni dell’individuo (conoscitiva, emotiva, etica, sociale e relazionale)
e comporta prese di posizione consapevoli e giustificabili di fronte a sé e
agli altri.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="it"><o:p><span style="font-size: large;"> </span></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span lang="it"><span style="font-size: large;">Bibliografia<o:p></o:p></span></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Cosentino A., <i>La filosofia come
pratica sociale. Comunità di ricerca, formazione e cura di sé</i>, Apogeo,
Milano, 2008.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Curi U., <i>Le parole della cura. Medicina
e filosofia</i>, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Epicuro,<i> Opere</i>, a cura di Graziano
Arrighetti, Utet, Torino, 1973.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Foucault M., <i>L’ermeneutica del
soggetto</i>, Feltrinelli Editore, Milano, 2003.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Lipman M., <i>Educare al pensiero</i>,
Vita e Pensiero, Milano, 2003.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Nave L., Zamarchi E., Pontremoli P. (a
cura di), <i>Dizionario del counseling e delle pratiche filosofiche</i>, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Mimesis Edizioni, Milano, 2013.<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;">Rovatti P. A., <i>La filosofia può
curare?</i>, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006.</span><span style="font-size: 12pt;"><o:p></o:p></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;"><span style="line-height: 150%;"><span style="font-size: large;"><b>L'autrice:</b> </span></span><span style="font-size: x-large;">Eleonora Candeli, Consulente Filosofico Pragma. Società Professionisti Pratiche Filosofiche.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-size: 12.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-size: 12.0pt;"><o:p> </o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-size: 12.0pt;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" target="_blank"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="287" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijsigmkD7wDKABi8JPubBOvVDX8SFop06iPNwGxmw7XMqUTkUVhV_XXeWJIWwAy6K24bNGvXe5qpJobvANXEUvR7R0tASE7ShWZ3qPS7wlqZksbFNXU4jXOyYv5Cl0PLA_FGdkJ6KBnmK8/w510-h287/scuolami.2021.jpg" width="510" /></a></div><br /><o:p><br /></o:p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-size: 12.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-81770633655095702882020-09-12T09:47:00.006-07:002020-09-14T03:12:46.730-07:00Il saluto del feto e altre stramberie bioetiche. Luca Nave<p><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgO6IS9CVYn-MuTxAzTsuRje0mhjeDhmro1vG9wdriTT-jcttcEAjv_86faw9SjTJ7v6lo9XDR-gEIG7c9D5lONKlPaCfcZxwV5hyphenhyphen5w28dfV1E0lmDFicUMa0QHVv814UP_IE6Jh5DiW2r1/s380/cursed-impure.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="317" data-original-width="380" height="418" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgO6IS9CVYn-MuTxAzTsuRje0mhjeDhmro1vG9wdriTT-jcttcEAjv_86faw9SjTJ7v6lo9XDR-gEIG7c9D5lONKlPaCfcZxwV5hyphenhyphen5w28dfV1E0lmDFicUMa0QHVv814UP_IE6Jh5DiW2r1/w500-h418/cursed-impure.jpg" width="500" /></a></span></div><p></p><p><span style="font-size: x-large;"><br /></span></p><p><span style="font-size: large;"><span>Anche chi non condivide la rigida visione della bioetica per
paradigmi non può negare l’esistenza di due opposte visioni del mondo nelle
principali questioni che animano il dibattito internazionale e in particolare
quello italiano. Con Giovanni Fornero (2005) chiameremo queste diverse visioni del mondo come
</span><b>“bioetica cattolica”</b><span> (o della sacralità della vita) e </span><b>“bioetica laica”</b><span> (o della
qualità della vita). I due paradigmi non solo blocchi unitari di teorie perché presentano diverse correnti che, comunque, condividono al
proprio interno alcuni fondamenti di base o postulati di partenza.</span></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Ora, il fatto che spesso si trascura è che la bioetica della
sacralità della vita, fondata sulla morale della chiesa cattolica romana, <b>non è
fideistica</b>, non chiede cioè l’adesione del credente per un atto di fede ma per
un atto della ragione. È la <b>ragione illuminata</b> che stabilisce alcune verità
fondamentali che comandano alcune condotte e ne vietano altre. Se si leggono i
testi dei maggiori sostenitori di questo paradigma si scopre il rigore delle
loro argomentazioni che, partendo da alcune premesse fondamentali e
“innegabili” (perché rivelate da Dio tramite i testi sacri e tramandate dai
pontefici e dai padri della chiesa), conducono a determinate conclusioni. Come
in ogni <b>buon ragionamento</b>, se si accettano le premesse e se le inferenze sono
valide, le conclusioni sono argomentativamente dimostrate attraverso una
giustificazione razionale. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Un esempio: <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">la vita è sacra dal momento del concepimento (unione dei due
gameti)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">l’aborto viola la sacralità della vita procurando la morte
del concepito<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">l’aborto è un atto intrinsecamente immorale da vietare con
la forza della legge. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Nel momento in cui, invece, non si accettano le premesse, il
ragionamento non regge più e rischia, anzi, di diventare una fallacia logica.
Tutto dunque si gioca intorno alla verità della premessa. <b>La premessa che la
vita è “sacra”</b>, nel senso che la vita umana deriva innegabilmente dalla partecipazione
alla vita divina (tesi dell’uomo come <i>imago Dei</i>) <b>è vera</b>? Per i credenti
certamente sì, per gli atei certamente no, per gli agnostici forse. <b>La scienza
resta neutrale</b>, nel senso che non può né confermare né smentire il postulato
di partenza. In assenza di una verità condivisa <b>è sbagliato imporre la morale (di un gruppo) per
legge (che vale per tutti).</b> Questo è il fondamento del liberalismo moderno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Se quindi all’interno della bioetica cattolica i
ragionamenti che impongono comandi e divieti morali appaiono come razionali per
i credenti che vi aderiscono, gli <b>appelli alla scienza</b> che sperano di
convincere gli indecisi ad aderire a quella morale appaiono <b>vuoti di
significato</b> perché la scienza non può essere una autorità in questo terreno
morale.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Un esempio lampante del ricorso alla scienza, alla clinica e
alla psicologia per sostenere che l’aborto e la FIVET sono il “male morale
radicale” si trova nell’articolo di <b>Sandro Gildo</b>, docente di psicanalisi della
gestazione all’Università Sapienza di Roma, intitolato <i>Conseguenze
psicologiche sulle aspiranti madri e sui sopravvissuti</i>. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Scrive: “Ormai la biologia stessa vede che l’essere umano è
un <i>continuum</i> dal concepimento fino alla fine della vita. Gli scienziati,
di qualunque tendenza, non possono negarlo”. Al di là del fatto che non si
comprende bene quali siano le “tendenze” della scienza, la biologia non ha mai
negato che la vita umana sia un continuum dall’inizio alla fine. Ciò che invece
la scienza può categoricamente negare è che attraverso “l’ecografia
tridimensionale e a colori” puoi vedere il <b>feto di cinque mesi</b> (che Gildo
chiama “bambino”), testualmente, “<i><b>che ti fa ciao ciao con la manina</b></i>”, e
che puoi comunicare con lui “perché è un bambino che<b> sogna,</b> che <b>piange</b>, che
ride, che fa quegli stessi gesti (un tempo non si poteva sapere
ovviamente)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che farà poi fuori”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">La biologia ha certamente dimostrato che esiste una
comunicazione materno fetale, mentre che il feto-bambino possa salutare i genitori,
piangere e ridere è un mero espediente retorico utilissimo per sostenere la
<b>tesi di fondo, ovvero che l’aborto e la fivet siano il male assoluto perché
entrambi comportano l’uccisione di bambini</b>: dell’embrione-feto l’aborto, degli
embrioni sovrannumerari la FIVET. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Le donne che si affidano a queste pratiche mortifere
rischiano quella che, con il ricorso al linguaggio della clinica psichiatrica, Gildo
definisce “<b>sindrome del boia</b>” o “<b>sindrome della donna stuprata</b>” da curare con
lunghe sedute di psicoterapia. Una psicoterapia psicanalitica non proprio
ortodossa. Descrive l’incontro con una coppia che ha “tentato” la Fivet senza
successo, decisione a cui lui si era opposto con tutte le sue forze: “ma guarda – ha detto alla coppia – che<b> <i>ne ammazzate tanti per
averne uno, ammesso che ci riusciate</i></b>”, da cui seguiva il suggerimento di
optare per l’adozione. La coppia tenta lo stesso la fecondazione in vitro e “la donna cade in una
depressione talmente forte che non va a lavorare, non mangia, non si lava. È
questo è un classico”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Un classico per chi?<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>La psichiatria non ha mai diagnosticato la sindrome del boia o della
donna stuprata ma ancora una volta, con il ricorso alla scienza, alla clinica e
alla psicanalisi <b>si fa passare un’opinione personale (aborto e FIVET sono il
male assoluto perché uccidono bambini) per una verità universale che vale per
tutti</b>, laddove la sua tesi non è da tutti condivisa né ritenuta condivisibile. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">E concludo con un cenno alla <b>deontologia professionale</b> della
psicanalisi, della psicoterapia e in generale del counseling. Scrive Gildo: “se
vi chiedono consigli, se ci sono donne che hanno fatti aborti o sono ricorse
alla fecondazione extracorporea […] <b>non consigliatele mai uno psicoterapeuta
abortista. Molto meglio venire da me</b> o da uno come me che dice: ‘Non hai fatto
bene, hai fatto malissimo, hai fatto male così, così e così. Anzi, <b>consùmatelo
il tuo senso di colpa, hai ucciso</b>. Allora c’è la possibilità di redenzione”.
Segue il consiglio di frequentare anche un sacerdote per ricevere anche i suoi
consigli. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Al di là del fatto che non credo esistano “psicologi
abortisti” quanto piuttosto degli psicologi “laici” che tengono per sé le
proprie opinioni personali per “centrarsi sul paziente”, è chiaro e lampante
l’<b>espediente retorico</b> con cui Gildo <b>crea la sindrome del boia, la fa venire
alla luce attraverso il senso di colpa e propone alle pazienti una lunga
terapia </b>per uscirne illese.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Questo atteggiamento non è solo contrario alla deontologia
professionale ma è un vero e proprio <b>crimine morale </b>perché chi ha l’autorità e
il potere non ha il diritto di imporre le proprie credenze agli altri, sia che
si tratti dei pazienti di uno psicanalista o dei cittadini di
uno stato liberale e democratico. Con il ricorso a una cattiva retorica <b>si nega
agli altri la libertà di autodeterminazione</b>, di decidere cioè qual è il bene
per sé, al di la del Bene per lo psicanalista o per lo Stato sovrano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><o:p><span style="font-size: large;"> </span></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><b>Bibliografia</b>
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Fornero G., <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Bioetica cattolica e bioetica laica</i>,
Bruno Mondadori, Milano, 2005<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Gildo S., <i>Conseguenze psicologiche sulle aspiranti madri
e sui sopravvissuti</i>, in AA.VV., <i>Fecondazione extracorporea</i>.<i> Pro o
contro la vita?</i>, Gribaudi, Milano, 2001<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span>Nave E.,
Nave L., <i>La Bioetica. Le questioni morali
dal concepimento all’eutanasia</i>, Xenia, Milano, 2010</span></span><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" target="_blank"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="351" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFIXPnNZGMvYn1ENhFmRtVZ2rv_u-T8Y2jAayVx7bWWZieLuJrtgid9yyeeEcnjwN4vq5dNXMhPFc6l-mrtXiujf6gfDAgwWFG_h39RCYhB3EdSe4GFCwmSYlBE3sq3t6eliGLE2ljfzQz/w625-h351/scuolami.2021.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="625" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="www.scuolapragma.com" target="_blank"><br /></a></td></tr></tbody></table><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><br /><span style="font-size: large;"><br /></span></span><p></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-62114153426067344542020-09-06T23:48:00.002-07:002020-09-06T23:48:55.986-07:00La morte in diretta Facebook e la nuda retorica della dignità. Luca Nave<p style="line-height: 115%;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="512" height="164" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaRMUrSu-w4ro6QszD8Qzd9qpJ9u_RWH2xIcscMOXI3fYWb_xRM7K85JyS9dlMW9b4_7eaSquo3Y1OxjqI-T1YBXP12vI3vviqwr7VCyGhOOYoSHMMyySpQFyQkz6YZWyq9S_rPxXix5sl/w500-h164/alain.jpg" width="500" /></div><span style="font-size: x-large;"><p style="line-height: 115%;"><span style="font-size: x-large;"><br /></span></p></span><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span>“La strada per la
liberazione inizia e, credetemi, sono felice. So che i prossimi giorni saranno
difficili, ma ho preso la mia decisione e sono calmo''. <br /></span><span>Con
queste parole <b>Alain Cocq</b> annuncia su Facebook l’avvio del
processo di sospensione dei trattamenti che, nel giro di qualche giorno, gli
permetterà di <b>morire con dignità</b>. Ha 57 anni, da quando era
ventenne è affetto da una <b>rarissima malattia orfana di diagnosi e di
terapie</b>: le pareti delle sue arterie si restringono fino a incollarsi,
provocando ischemie per arresto o insufficienza della circolazione sanguigna
nei tessuti e negli organi.<br /></span><span>Così descrive la sua situazione su Facebook:
''L'intestino mi si svuota in una sacca. La vescica mi si svuota in una sacca.
Vengo rimpinzato come un'oca, con un tubo nello stomaco. <b>Se devo
restare qui a guardare il soffitto come un coglione aspettando che passi, dico
no"</b>.<br /></span><span>La situazione patologica <span style="background: white;">che da 34 anni tiene Alan Cocq in uno stato di <b>agonia
perenne</b> n</span>on potrà “passare” perché è una situazione <b>patologica
cronica </b>e altamente invalidante da cui non si esce, per quanto la sua
malattia <b>non sia</b> <b>terminale. </b>Dopo aver speso tutte
le sue energie <span style="background: white;">per gridare al mondo la sua
disperazione, impegnandosi anche in diversi giri d’Europa in sedia a rotelle,
Cocq chiede al presidente francese Emmanuel <b>Macron</b> la
possibilità di accedere ai trattamenti per l'eutanasia in deroga alla legge sul
fine vita (</span><a href="http://www.assemblee-nationale.fr/14/dossiers/nouveaux_droits_personnes_fin_vie.asp" target="_blank">Claeys-Léonetti,
2016</a>), la quale autorizza la sedazione profonda solo per le persone con
prognosi fatale a breve termine. <strong><span style="background: white; border: 1pt none; font-weight: normal; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">Macron</span></strong><span style="background: white;"> gli ha
risposto che anche un <b>presidente “non si può porre al di sopra delle
leggi”.<br /></b></span></span><span><span style="background: white;">Da qui la drastica decisione
di </span><b>morire
in diretta su Facebook,</b><span style="background: white;"> come
forma di protesta e come azione per rivendicare il diritto al suicidio
assistito negato dalla legge francese. Ma la sua battaglia per un fine vita
dignitoso trova in Facebook un nuovo </span><b>ostacolo:
</b>il Social Network <span style="background: white;">blocca
la possibilità della diretta video web dal suo profilo con queste
motivazioni: <br /></span></span><span><span style="background: white;">“<b>Pur rispettando la sua
decisione</b> di richiamare l'attenzione su questa complessa questione,
sulla base dei consigli dei nostri esperti abbiamo preso provvedimenti per
evitare la diffusione in diretta per conto di Alain. </span><b>Le nostre regole non consentono la rappresentazione di
tentativi di suicidio”.<br /></b></span><span><span style="background: white;">E adesso che l'appello non ha
più filtri. <b>La speranza è in un'opinione pubblica sensibile alla
sofferenza estrema </b>di trascorrere la propria vita costretto a <b>guardare
la morte negli occhi</b> <b>senza</b> poter ricevere l'unica libertà
che questa dona, la <b>libertà dalla sofferenza</b>. <br /></span></span><span>Sul suo profilo Facebook, intanto, Cocq promette
che entro 24 ore troverà un altro sistema per pubblicare le immagini, e
aggiunge:<br /></span><span><span style="background: white;">«Facebook mi ha bloccato la
diffusione di video fino all'8 settembre. <b>Ora tocca a voi.</b> Non
mancate di far sapere alle persone cosa ne pensate di Facebook e dei suoi
metodi di <b>ingiusta discriminazione e ostacolo alla libertà di
espressione</b>, un diritto che è tuttavia imprescrittibile a qualsiasi
cittadino francese ed europeo. <b>Fate appello</b> ai vostri deputati
francesi ed europei, ai vostri senatori, al governo, alla Presidenza della
Repubblica <b>per protestare contro la violazione di questo diritto
fondamentale </b>da parte di Facebook, in modo che cessi immediatamente”.<br /></span></span><span><span style="background: white;">All’ingresso del suo
appartamento a </span>Digione, nel centro
della Francia, è affissa la sua “<b>attestazione di rifiuto delle
cure</b>” che intima di <b>rifiutare l’alimentazione e l’idratazione e di
non praticargli nessun tipo di rianimazione</b>: <br /></span><span>“Nove volte è stato rianimato – spiega <a href="https://www.bfmtv.com/replay-emissions/bfmtvsd/sophie-medjeberg-alain-cocq-est-un-homme-extraordinaire-qui-des-l-age-de-14-ans-savait-que-sa-vie-n-est-pas-toute-simple-05-09_VN-202009050135.html" target="_blank">SophieMedjeberg</a>, una delle responsabili dell’Associazione che sostiene la
battaglia per una morte ‘nella dignità’ – e ogni volta si è manifestata
un’ulteriore degenerazione del suo stato. Non ha più
alcuna speranza, è prigioniero del suo corpo. […] <b>L’obiettivo
dell’azione è</b> <b>provocare un “elettroshock”</b> che spinga
all’approvazione di una legge sul suicidio assistito sul modello
del Belgio e della Svizzera”.<br /></span><span><span style="background: white;">Il <b>pubblico di Facebook</b>,
notoriamente poco propenso alle lunghe riflessioni e agli argomenti troppo
difficili, si è schierato in fazioni “-pro” e “-contro” la decisione di Alain Cock, con slogan
e fugaci commenti riconducibili a posizioni <b>“Pro-Life”</b> (“la
Vita è sacra, l’eutanasia è il male assoluto”) e <b>“Pro-Choice”</b> (“la
vita è mia e decido io”). La situazione è troppo complessa per essere discussa
con gli slogan su Facebook. Dietro ognuna ci sono delle <b>posizioni
morali</b> che vanno rispettate perché <b>vere da un certo punto di
vista,</b> mentre ciascun sostenitore dovrebbe essere messo nelle
condizioni di manifestare la propria posizione e di agire liberamente in base
alla propria visione del mondo, almeno fin dove questa libertà non si scontra
con la libertà di un altro (J. S. Mill). Questo vorrebbe dire, in estrema sintesi,
che <b>se qualcuno dichiarasse che l’eutanasia è il male assoluto non deve
mai essere sottoposto all’eutanasia, mentre chi difende la libertà di scegliere
come e quando morire deve essere messo nelle condizioni di poter esercitare
questa libertà.<br /></b></span></span><span><span style="background: white;">Sebbene il <b>diritto
all’autodeterminazione</b> sia un dato acquisito, quando si toccano certi
temi questo diritto <b>si scontra</b> con un altro diritto o forse,
meglio, <b>con un</b> <b>principio della morale universale: la
dignità dell’essere umano</b>. Il paziente può decidere a quali trattamenti
sottoporsi tanto che, in ospedale, senza il suo consenso non è possibile
strappargli neanche un capello, eppure quanto si parla di morire con dignità
questo diritto si perde. Sembra una contraddizione eppure la vicenda di Alan
Cock, e quella recente di Dj Fabo, mostrano questa realtà e la <b>nuda
retorica della dignità.<br /></b></span></span><span><span style="background: white;">Mentre a livello <b>soggettivo</b> l’autodeterminazione
e la dignità si riferiscono a uno stesso soggetto che dichiara di voler morire
in base a un suo <b>personale concetto di cosa sia una morte dignitosa</b>,
quando si fa appello al “<b>principio della dignità</b>” ci si riferisce a
un <b>concetto “oggettivo”</b> e a <b>categorie “astratte”</b> quali
il paziente, l’umanità, l’embrione, l’animale. Dal primo punto di vista la
dignità sostiene un diritto personale e individuale e sorregge l’autodeterminazione
della persona, dal secondo punto di vista la dignità agisce in maniera
negativa, impedendo la realizzazione di un diritto individuale e, in nome di
astratte categorie, limita profondamente la libertà di chi non si identifica
nel “principio dignità”. <b>Ciò che è degno</b> per ciascuno non è
dichiarato tale dall’interessato ma da una <b>fonte eteronoma</b>,
variamente identificabile a seconda dei contesti. Viene imposto a ciascuno di
non disporre di sé nel caso l’atto di disposizione sia contrario a una certa concezione
della dignità umana, che è determinata da terzi non già dal diretto
interessato. <b>L’individuo perde il diritto di definire cosa è degno per
sé ed è tenuto a un comportamento dignitoso il cui contenuto è imposto da terzi.<br /></b></span></span><span><span style="background: white;">L’affermazione, ad esempio, “l’eutanasia
sottrae all’umanità la possibilità di una morte dignitosa” si riferisce a
un’idea di umanità che non esiste nella realtà ma solo nei <b>dispositivi
di “sapere-potere”</b> che la sostengono, la difendono e la diffondono
nella società. Il “principio dignità” non riguarda la difesa del diritto della
singola persona alla morte dignitosa e, a ben vedere, non è neanche un diritto,
se non altro perché non c’è un soggetto che può recriminare e difendere quel
diritto: il paziente, l’umanità, l’embrione e l’animale, in astratto, non rispondono
all’appello del diritto.<br /></span></span><span><span style="background: white;">E così, in nome di uno
pseudo-diritto che esiste solo nella testa di chi detiene un certo sapere-
potere tanto forte da imporlo agli altri, si ricorre alla retorica della
dignità per imporre la morale (di un gruppo) per legge (che vale per
tutti). <b>Con il “principio dignità” si combatte l’idea della sovranità
individuale, controllando e sorvegliando il rapporto che il soggetto
intrattiene con se stesso</b>. Così si nega il fondamentale diritto
all’autodeterminazione del paziente, che è un fondamento delle società liberali
e democratiche, da parte di istituzioni, partiti politici e associazioni varie
che su Facebook trovano terreno fertile con slogan elaborati per
convincere migliaia di Followers a mettere “Like”, persone poco consapevoli
forse che, appoggiando questo dispositivo di “sapere-potere”, stanno
rinunciando alla propria libertà.<br /></span></span><span><span style="background: white;">L’appello di Alan Cock non si
rivolge alla generica umanità ma ad ogni <b>“singolo in quanto singolo”</b>
(S. Kierkegaard) affinché si impegni a fare quanto è in suo potere <b>per conquistare
la libertà di cura e il diritto di morire in base al proprio concetto di che
cosa sia una “morte dignitosa”.</b></span></span></span></div><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span><span style="background: white;"><b><br /></b></span></span></span></div><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span><span style="background: white;"><b>Bibliografia</b></span></span></span></div><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span><span style="background: white;">Cricenti G., <i>I giudici e la bioetica</i>, Carocci, Roma, 2017</span></span></span></div><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span><span style="background: white;">Kierkegaard S., <i>Il punto di vista della mia attività di scrittore</i>, Edizioni ETS, Milano, 2006</span></span></span></div><div style="line-height: 115%; text-align: left;"><span style="font-family: inherit; font-size: medium;"><span><span style="background: white;">Mill J.S, <i>Saggio sulla libertà</i>, Il Saggiatore, Milano, 2009</span></span></span></div><p style="text-align: left;"></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%;"><span style="background: white;"><span style="font-size: large;"> </span></span><o:p></o:p></p><p>
<u1:p></u1:p>
<u1:p></u1:p>
</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b> L'autore</b></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 115%;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Luca Nave, Presidente di Pragma. Società Professionisti Pratiche Filosofiche, Docente di Bioetica Clinica al Master in Cure Palliative dell'Università degli studi di Cagliari. Di recente pubblicazione: <i><a href="http://mimesisedizioni.it/counseling-bioetico-istruzioni-per-l-uso.html" target="_blank">Counseling Bioetico: istruzioni per l'uso</a> </i>(Mimesis, 2020).</span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%;"><span style="background: white; line-height: 150%;"><o:p><span style="font-size: large;"> </span></o:p></span></p>
<p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><o:p> </o:p></span></p>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-64998558996402521842020-07-09T23:55:00.001-07:002020-07-09T23:55:40.881-07:00La Verità e la Menzogna. A cura di Luca Nave<br />
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1KL_B_3lRlS1xn0mg1cnuESPcqLfdV80WU0FY0MUZSP2ofARMKYlc3tLSotopcXFWlPvyHKWAaVBGkHGW6x-11dGe1kMDnNq6P35DCWKPHLs-SJ_7m-fg22NoVemBToSvFpZR2OW52t64/s1600/100073450_10218449153632396_6190498773618130944_o.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="743" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1KL_B_3lRlS1xn0mg1cnuESPcqLfdV80WU0FY0MUZSP2ofARMKYlc3tLSotopcXFWlPvyHKWAaVBGkHGW6x-11dGe1kMDnNq6P35DCWKPHLs-SJ_7m-fg22NoVemBToSvFpZR2OW52t64/s400/100073450_10218449153632396_6190498773618130944_o.jpg" width="308" /></a></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">Dicono che, secondo una
leggenda del XIX secolo, la Verità e la Menzogna un giorno si incontrarono
nelle vicinanze di un pozzo. La Menzogna, che vide la Verità così bella e ben
vestita, ebbe un terribile attacco d’invidia. Ci pensò un po’ e, in un momento
di lucidità illuminata, disse alla Verità:<br />
“Oggi è una giornata meravigliosa! Vieni a fare il bagno con me nel pozzo qua
vicino!”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">La Verità guardò verso il
cielo e sospirò, perché la giornata era davvero bella. Acconsentì perché, anche
se la Menzogna non era né tanto bella né tanto ben vestita, lei non si lasciava
ingannare dalle apparenze. Trascorsero molto tempo insieme, arrivando infine
accanto a un pozzo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">A quel punto, la Menzogna
disse alla Verità:<br />
“Guarda quest’acqua, sembra fresca e chiara, facciamo un bagno insieme!”<br />
La Verità, era ancora un po’ sospettosa, ma in fondo ingenua, sentì l’acqua e
scoprì che era davvero molto rinfrescante e piacevole.<br />
Si spogliarono e iniziarono a fare il bagno. Fino a quando, improvvisamente, la
Menzogna uscì dall’acqua, indossò i vestiti della Verità e fuggì via.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">La Verità furiosa, uscì
dal pozzo e rincorse la Menzogna per riprendersi i vestiti. Ma il Mondo,
vedendo la Verità nuda, distoglie lo sguardo, con rabbia e disprezzo.<br />
La povera Verità ritornò al pozzo e scomparve per sempre, nascondendo la sua
vergogna. Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita come la Verità,
soddisfacendo i bisogni della società … perché il Mondo, in ogni caso, non
nutre alcun desiderio di incontrare la nuda Verità.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">È questa che si andrà a
raccontare è la nuda Verità, scansata dal mondo perché meglio vedere una bella
Menzogna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;">Continua...</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
Dipinto: La Verità che esce dal pozzo, Jean-Léon Gérome,
1896<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNoSpacing">
<br /></div>
<div class="MsoNoSpacing">
</div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;">Testo: Dalla prefazione del
libro<i> Burattinai e galoppini, </i></span><span class="addmd">Marianna
Archetti e Chiaretta Mannari</span><o:p></o:p></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-28932666330850064682020-06-15T07:18:00.000-07:002020-06-15T07:18:34.192-07:00La relazionalità dell'esserci per l'altro. L'importanza e la cura della relazione. di Sara Rassech<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPCsx4iLCWjjGlwje_HJrPOFsZtNoj35CqYJqowH_fLyGOZRN0qb0p8FsUJaKYWdlYZtfNjCeO16qvYzwKouyeQbN5EodQz4x3t4ifzKsrOr58FvrNqF1iUBpPrv6NFexYXZBUn0KkpeKs/s1600/dreamstime_m_176170981.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPCsx4iLCWjjGlwje_HJrPOFsZtNoj35CqYJqowH_fLyGOZRN0qb0p8FsUJaKYWdlYZtfNjCeO16qvYzwKouyeQbN5EodQz4x3t4ifzKsrOr58FvrNqF1iUBpPrv6NFexYXZBUn0KkpeKs/s640/dreamstime_m_176170981.jpg" width="640" /></a></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: right;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>«<i>Non di solo pane vivrà l'uomo.»<em><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><o:p></o:p></span></em></i></span></span></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: right;">
<span style="font-size: large;"><em><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">(Lc
4,4)</span></em><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">L'odierno
scenario drammaticamente insondabile di un trauma inaspettato è divenuto causa
di angoscia, un sentimento che scaturisce dall'indeterminato. Il virus,
infatti, è un nemico non localizzato, non visibile, che non ha un'identità e un
volto, ma solo un nome: Covid-19. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Questo virus,
mietendo migliaia di vittime in tutto il mondo, ha destabilizzato la nostra
visione del mondo e il nostro modo di vivere, dato che ogni governo ha dovuto
mettere in atto una serie di provvedimenti restrittivi che hanno limitano la
libertà individuale.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">L'avvento
pandemico del Coronavirus, innanzi al quale ci troviamo, ha scardinato,
quindi,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il nostro modo di vivere
abituale, dilatando la dimensione del tempo e creando un'<i>epochè</i>, una
sospensione da ogni giudizio, dovuta allo smarrimento provato indistintamente
da ogni individuo. Questo, però, offre all'essere umano l'opportunità di “fare
filosofia”, ovvero d'interrogarsi circa l'essenziale.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Da sempre la
filosofia discute i grandi temi della vita, come la malattia, la morte, il
senso dell'esistere e il rapporto con l'altro. Oggi, ogni persona libera dalla
morsa del tempo, dagli impegni quotidiani, può riflettere su ciò che è davvero
importante e irrinunciabile nella propria vita, sulla qualità delle proprie
relazioni sociali e di coppia.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">In particolar
modo, l'insinuarsi del virus nelle nostre vite ha provocato vari mutamenti, tra
cui quello del modo di vivere la dimensione della relazionalità, già in parte
compromessa dalla modernità, che mostra legami sentimentali vissuti in modo
edonistico, leggero, flessibile. I rapporti sono così aleatori che possono
essere sciolti, qualora non soddisfacessero più le aspettative desiderate.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Il panorama
vissuto dall'uomo moderno si profila come un mondo dell'instabilità e della
precarietà dei legami affettivi. L'avvento della pandemia, quindi, permette
all'uomo di analizzare e verificare la solidità dei propri rapporti, messi a
repentaglio dalle varie ordinanze del decreto, che impongono la “lontananza
sociale”. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">I contatti
che erano sempre più vissuti virtualmente, attraverso <i>chat </i>e <i>social
media</i>, celavano il desiderio dell'individuo di non mettersi mai in
discussione con un vero incontro, per difendere la propria dimensione egoica e
soprattutto la propria libertà. Lo schermo che si interpone tra gli
interlocutori in qualche modo soffoca il “sentire”, anestetizza e difende, è
una barriera che protegge la propria emotività da coinvolgimenti troppo stretti
e profondi. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La
contrapposizione tra reale e virtuale, tratto caratteristico della società
contemporanea, oggi assume differenti significazioni: mentre prima della
quarantena l'individuo, chiuso nel proprio solipsismo, utilizzava i <i>social
media</i> per mostrare, attraverso i <i>selfie, </i>quell'ego onnipervasivo che
non lasciava spazio all'altro, ridotto a mero spettatore e dispensatore di
approvazione; ora, in una situazione di isolamento imposto, i mezzi telematici
si utilizzano per sentirci uniti e in contatto gli uni con gli altri.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La nostra
società, quella della prestazione, dell'iperattività e dell'indipendenza si
trova a fare esperienza del “limite” innanzi al dolore, alla morte e
all'isolamento. Si assiste, quindi, alla fragilità dell'essere umano che è
passato dall'ostentazione di forza e bellezza, alla paura e alla solitudine.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La scelta di
vivere da soli che permette al soggetto<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>libertà e “socialità a richiesta”, ora lo porta a fare i conti con
l'isolamento e con la propria solitudine.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La relazione
di coppia, per chi non convive, prende vita quasi solo attraverso la
telecomunicazione che tanto sottrae al reale, distorce il sentire empatico,
appiattendo le emozioni e dando adito anche a fraintendimenti comunicativi.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Nei luoghi in
cui ci si reca per necessità si rifugge, ovviamente, ogni contatto fisico, ma
soprattutto si cerca di evitare anche il contatto diretto con lo sguardo, come
se questo, alla stregua di Medusa, avesse il potere di pietrificare o, meglio
in questo caso, di veicolare la propagazione del virus.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Il contatto
sociale, già da tempo spogliato di certe esternazioni affettive, diviene
asettico, algido, distante, con tale atteggiamento in molti sembrano voler
tacitamente lanciare un messaggio, che<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>rievoca la locuzione latina “<i>noli me tangere</i>”.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La
reciprocità empatica viene vissuta in modo differente poiché, la mancanza di
relazione in presenza, impone una certa distanza.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Se per il
filosofo Lévinas l'Altro è il fondamento ontologico della costituzione
dell'esistenza, ora l'Altro non ha quasi più un volto, in quanto le mascherine
nascondono le espressioni e le emozioni.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Anche per il
filosofo tedesco Heidegger è prioritario l'elemento della relazionalità,
infatti, la condizione dell'esistere è <i>Dasein </i>che si traduce con
“esserci”, essere nel mondo; quindi l'essere umano è originariamente essere con
altri, essere insieme ad altri. Il senso primario dell'essere dell'esserci è la
cura. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La qualità
delle proprie relazioni è determinata dalla dedizione che si ha per la cura di
sé e dell'altro.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Se si ama
qualcuno si ha cura del benessere e della crescita del rapporto. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Una società
civile ha bisogno di cura e non solo di una medicalizzazione della vita.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Oggi è
possibile offrire la propria vicinanza, anche se non fisica, alle persone
bisognose. La persona che vive una situazione di precarietà potrebbe essere
anche il nostro prossimo, il nostro vicino di casa, un amico. In questa
situazione di estrema difficoltà è importante “l'esserci per l'altro” che può
manifestarsi anche attraverso piccoli gesti di aiuto e di solidarietà. Per
certe famiglie anche una spesa pagata può significare molto. La relazione di
cura è anche preoccuparsi del bene del prossimo.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Infatti, la
cura è il cuore dell'esistenza umana. Gli anziani, come i bambini, necessitano
di cure, gli uni per l'assistenza, gli altri per la crescita. Tutti, però,
abbiamo bisogno della presenza degli altri e troviamo, nella costruzione di
sane relazioni, quelle attenzioni necessarie per sentirci protetti, importanti,
amati e curati. La cura, difatti, è la cifra dell'amore. </span><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Un'etimologia
poetica vuole che il termine amore derivi dal latino </span><i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPS-ItalicMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">a-mors</span></i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">, alfa
privativo e </span><i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPS-ItalicMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">mors</span></i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">, </span><i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPS-ItalicMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">mortis</span></i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">: privazione
di morte. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">L'amore,
infatti, può esser considerato linfa vitale, poiché dona energia e allontana
ciò che la morte rappresenta, ovvero l'assenza di senso, quel tutto che sembra
procedere verso il nulla. Scegliere i significati e il respiro che si desidera
dare a questa parola denota anche il peso che si attribuisce a questo
sentimento.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-autospace: ideograph-numeric;">
<span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La
parola non è solo una questione linguistica, ma è creatrice di realtà, è
l'energia umana che si rivela. Il sostantivo assume coscienza, diviene
personificato. La parola è l'epifania del significato, non una semplice
identificazione.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-autospace: ideograph-numeric;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">L'amore
è innegabilmente connesso con l'essere in relazione. Aristotele nella </span><i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPS-ItalicMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Politica</span></i><span style="color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"> definisce
l'uomo come animale sociale, quindi relazionale.<span style="background: white;"><o:p></o:p></span></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-autospace: ideograph-numeric;">
<span style="background: white; color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Anche nell'ambito medico è fondamentale l'aspetto
relazionale che deve venirsi a creare tra medico e paziente. Non esiste, come
sostiene Cattorini, un algoritmo bioinfomatico che indichi la proporzione di un
trattamento rispetto a una storia personale. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-autospace: ideograph-numeric;">
<span style="background: white; color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Il vissuto, la storia personale del paziente, è
importante per la cura dell'intera persona, che non è mai solo il suo corpo. Il
malato non deve identificarsi con la propria malattia. Oggi non c'è molto
spazio per il dialogo, per il supporto di tipo emotivo del paziente malato di
Coronavirus. Coloro che hanno contratto questo virus vivono la loro sintomatologia
isolati, senza le visite dei propri cari che potrebbero, in qualche modo,
allietare le giornate trascorse nell'angoscia per l'inaspettato e fumoso futuro
che li attende, forse anche fatale.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify; text-autospace: ideograph-numeric;">
<span style="font-size: large;"><span style="background: white; color: black; font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: TimesNewRomanPSMT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">L'emergenza sanitaria ha messo a dura prova medici e infermieri
che sono stati costretti a ritmi lavorativi estenuanti. Gli operatori sanitari,
continuamente esposti ad un elevatissimo rischio di contagio, hanno messo a
repentaglio la propria vita per salvare quella di molti pazienti. Essi sono i
nuovi eroi di questo periodo storico.</span><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Il mondo
della cura, già medicalizzato dall'apparato tecnico, che riduce il corpo
dell'uomo a puro organismo, perde la dimensione della relazionalità, poiché gli
operatori sanitari si trovano a dover fronteggiare l'emergenza reale del
contagio. Ipoteticamente, ogni incontro con il corpo dell'altro è un venire a
contatto con il patogeno virale, quindi il nemico non è più lo straniero, il
diverso da noi, ma può coincidere con un nostro familiare, con il nostro
partner o persino celarsi in noi stessi. In altre parole, il nemico non è più
il lontano, ma più probabilmente il vicino.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Con l'avvento
della pandemia il corpo, come era stato classificato dalla fenomenologia, non è
più il corpo vissuto, il corpo della vita [<i>Leib</i>], poiché per proteggere
l'organismo [<i>Körper</i>], non si vive più. Il corpo è nel mondo della vita,
ma la socializzazione, che è parte integrante della vita, è stata sospesa con
la conseguente crisi dei rapporti umani.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La tutela
della collettività, come ben ci ricorda l'etica kantiana, ha la priorità
rispetto alle esigenze del singolo individuo che viene del tutto espropriato
della propria libertà, dei propri diritti costituzionali, come se vivesse
un'imposizione di matrice totalitaria, giustificata, però, dall'emergenza sanitaria.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Le
restrizioni delle libertà personali, a cui i cittadini sono stati sottoposti,
tuttavia favoriranno l'insorgere di disturbi emotivi in persone sane da un
punto di vista psicologico e andranno ad acuire in altre persone problemi
psichici preesistenti che si andranno ad aggiungere. Si aggraveranno i problemi
di quelle persone già disturbate, e a queste si sommeranno i disagi psicologici
che molti individui svilupperanno in seguito alla quarantena.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La
collettività altro non è che la somma dei singoli, molti dei quali subiranno
ripercussioni negative<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>causate proprio
dalle limitazioni delle libertà individuali. Alla fine, quindi, sarà la
collettività stessa<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a subirne lo scotto
e a dover farsi carico dei disagi che avranno colpito tanti suoi membri, quindi
il benessere di ogni essere umano deve esser preso in considerazione.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Non sono
state sufficientemente prese delle misure precauzionali per i soggetti fragili
con disturbi mentali, già preesistenti alla pandemia. <span style="background: white; color: black; mso-color-alt: windowtext;">Per alcune persone con comportamenti
disfunzionali e disadattivi, la possibilità di non sprofondare nell'abbandono
assoluto, il poter avere dei contatti sociali,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>il poter stare all'aria aperta sono elementi vitali per la loro
sussistenza. </span><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Del resto la
psichiatria è una branca della medicina ancora recente e soprattutto è una
scienza residuale, poiché si occupa dello studio sperimentale della
psicopatolgia e dei disturbi della personalità. Benché i vari DSM, manuali
diagnostici e statistici dei disturbi menatali, cerchino di classificare i vari
squilibri psichici che causano la malattia, questa, non essendo riscontrabile
negli organi, ma soltanto nei sintomi, risulta essere un <i>morbus sine
materia.</i><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Fondamentale
è chiarificare il concetto di salute, l'Organizzazione Mondiale della Sanità
definisce la salute come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale e non semplicemente l'assenza di malattia oppure di infermità”.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">In questa
situazione di solitudine forzata, la sofferenza evidenzia il limite della
propria singolarità, ma ne determina anche la forza, poiché è nelle situazioni
estreme che emergono le risorse nascoste<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di ogni individuo. È importante saper stare soli con se stessi e trovare
una propria intima dimensione di benessere; la vita, però, si fonda sulla
relazione umana. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Nessuna vita
può generarsi da sé, benché spesso da molti si senta esprimere un luogo comune
con queste brevi e sentenziose parole: “Nasciamo soli e moriamo da soli”. In
realtà non è proprio così. Nel momento in cui un bambino nasce, grida. Lo
psicanalista Lacan, nel seminario X scrive: “La vita viene alla vita
nell'abbandono assoluto”, nel momento di transizione dal grembo materno al
mondo della vita, il bambino che viene alla luce, strilla, poiché cerca
qualcuno che gli faccia sentire la rassicurazione della presenza dell'altro.
L'urlo di ognuno di noi è un appello per far sì che ci sia qualcuno che
risponda alla nostra invocazione di aiuto. Il grido si muta in parola, solo
quando l'altro risponde alla nostra domanda di relazione. Se questa domanda non
ricevesse risposta, rimarrebbe grido e non si tradurrebbe mai in parola. È la
presentificazione dell'altro che con la sua risposta avvia il linguaggio,
umanizzando la vita.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">La figura,
però, che imperversa maggiormente il nostro scenario è la morte, purtroppo del
tutto disumanizzata. Come ricorda lo psicanalista Recalcati, il numero dei
morti sovrasta i nomi di coloro che sono venuti a mancare. Questo è ciò che
accade solitamente nelle carneficine belliche. Viviamo un tempo di guerra, in
cui il nemico non ha volto e non si sa da dove possa sopraggiungere.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Con il
Covid-19, si avvera il luogo comune del “morire da soli”. Si muore lontano dai
propri cari, senza contatti fisici, senza il supporto affettivo, spesso
trasmesso anche attraverso un abbraccio, che può valere più di tante parole.
Oggi, invece, il conforto proviene solo dalla connessione che si può avere con
l'altro, mediante le parole emesse dal proprio interlocutore attraverso lo
smartphone, unico oggetto che consente la comunicazione e il contatto sociale.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Abbiamo
bisogno che la nostra umanità di base ridiventi il punto iniziale e la misura
di ogni cosa.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Il nostro
modo di vivere è già mutato, ma dovrà riadattarsi alla convivenza con questo
patogeno virale. Il mondo è stato modificato, ora è fondamentale vivere con
consapevolezza e con le dovute precauzioni, imposte dalla razionalità
scientifica, non trascurando, però, tutto ciò che di più umano può trasmettere
anche la ragionevolezza storica e sociale. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Occorre
ritrovare la capacità di meravigliarsi innanzi alla bellezza, la scienza non
esaurisce la complessità del reale e dell'essere umano. L'uomo si cura di sé e
della propria anima, trovando rifugio nell'arte, nella poesia, nella
letteratura e nella musica. Penetrare l'essenza delle cose, contemplarne la bellezza
perfetta, aspirando all'armonia, questa è “la bellezza che salverà il mondo”.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Infine, come
ci ha insegnato il resiliente Viktor Frankl, scampato ai campi di sterminio:
“Quando non possiamo più cambiare la situazione, siamo sfidati a cambiare noi
stessi”.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">Bibliografia<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">E. Berti, <i>Guida
ad Aristotele</i>, Laterza, Roma-Bari, 2004<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">I. Kant, <i>La
critica della ragion pratica</i>, Laterza, Roma-Bari, 2004<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">P. M.
Cattorini, <i>Cura</i>, Messaggero, Padova, 2014<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">S. Brotti, <i>Etica
della cura</i>, Orthtes, Napoli, 2013<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">M. Heidegger,
<i>Essere e tempo</i>, Longanesi, Milano, 2008<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">D. Ikeda e L.
Marinoff, <i>Qualunque fiore tu sia sboccerai</i>, Piemme, Milano, 2014<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">H. M.
Chochinov, <i>Terapia della dignità</i>, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma,
2015<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">B. C. Han, <i>La
società della stanchezza</i>, Nottetempo, Roma, 2012<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri",sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"><span style="font-size: large;">J. Lacan, <i>Il
seminario</i>. <i>Libro X</i>, <i>L'angoscia</i>, Laterza, Roma-Bari, 2009<o:p></o:p></span></span></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-9362682984123121982020-05-28T07:45:00.001-07:002020-05-28T07:55:37.004-07:00La Filosofa in Cucina 3 - Hegel. La cosa in sé, ovvero la pizza margherita - Di Giovanna Borrello<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh56jOk9W2N7LdARn4pffIAjEOW3DfZO9LjdDKnkTc13xsZZT4moIK5HfQvEtqyxLWLzreJydfP-XbHFXvjU6VLv7xGyhjDqwxvlaZOUXLC_BfMK1f5gfGFd4BXjni9XgEUP_XmjEqp6H7B/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh56jOk9W2N7LdARn4pffIAjEOW3DfZO9LjdDKnkTc13xsZZT4moIK5HfQvEtqyxLWLzreJydfP-XbHFXvjU6VLv7xGyhjDqwxvlaZOUXLC_BfMK1f5gfGFd4BXjni9XgEUP_XmjEqp6H7B/s320/WhatsApp+Image+2020-05-24+at+11.11.35.jpeg" /></a></div><div><br /></div><div>La pizza, da emblema di Napoli, è diventata per certi versi l'emblema del periodo di quarantena. </div><div>Gli italiani, in isolamento, non potendo recarsi il sabato in pizzeria, si sono cimentati in casa con un "fai da te”. In 24 ore sono perfino scomparsi dal supermercati lieviti e farine! </div><div>La pizza è un cibo antichissimo: il termine deriva da "pita" che rimanda a una schiacciata, cotta sulla pietra, che pare abbia avuto origine sulle sponde del Nilo, dalla fermentazione di farine bagnate dalle acque in piena del fiume che inondavano le provviste degli antichi Egizi. </div><div>Ma la vera "pizza napoletana" nasce in associazione al pomodoro, che è stato importato dall’America qualche secolo dopo la sua scoperta. Si crede che sia stato importato in Italia dal Perù nel XVI secolo.</div><div>Per la famosa Margherita, poi, bisogna aspettare il 1889. Fu inventata da un certo Raffaele Esposito che la chiamò così in onore di Margherita di Savoia, regina d’Italia, il cui vessillo tricolore viene ben rappresentato dal bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico.</div><div>Cantata da poeti e musicisti napoletani, la pizza ha però anche un traslato negativo, sta ad indicare la</div><div><i>pesantezza</i>. Non è , infatti, un alimento leggero, dal momento che può sostituire un intero pasto.</div><div>In senso traslato, può indicare anche la "difficoltà di digestione" di un brano letterario o filosofico.</div><div>Ecco perché ho pensato ai saggi, autorevolissimi ma spesso complessi per i lettori, del nostro Hegel,</div><div>uno dei filosofi più inaccessibili della storia della filosofia.</div><div><br /></div><div>“La scienza ,infatti, contiene il pensiero, in quanto esso è insieme anche <i>la cosa in sé stessa</i>, o la</div><div>cosa in sé stessa in quanto essa è insieme anche il puro pensiero. Nella posizione chiusa del saper</div><div>assoluto la cosa in sé si fa trasparente”. (La scienza della logica)</div><div><br /></div><div>La cosa in sé, soprattutto quella hegheliana, trasparente non lo è sempre: piuttosto, può risultare indigesta e pesante come... una pizza.</div><div><br /></div><div>Ma in filosofia, come in cucina, spesso il risultato vale la fatica quindi...Ecco a voi una ricetta un po' pesante ma che vi darà sicuramente soddisfazione!</div><div><br /></div><div>___________________________________________________________________________</div><div>LA PIZZA MARGHERITA</div><div><br /></div><div>350 gr di farina</div><div>110 ml bicchiere di acqua tiepida</div><div>25 gr. di lievito</div><div>40ml di olio evo</div><div>350 gr. di mozzarella o fiordilatte</div><div>450 gr. passata di pomodoro</div><div>40 gr. parmigiano grattugiato</div><div>4 foglie di basilico fresco</div><div>gr. 8 sale</div><div><br /></div><div>Impastare la farina con il sale e con l’acqua in cui avete sciolto il lievito fino ad ottenere una pasta</div><div>morbida ed elastica. Raccoglietela a palla, mettetela in una ciotola, copritela con un telo. Fatela</div><div>lievitare circa un’ora e mezza. Spianate la pasta con mattarello, fin ad avere un forma</div><div>tondeggiante, ungetela con un po’ di olio, distribuite la passata sulla superficie, cospargete di</div><div>mozzarella o fiordilatte a pezzetti ben sgocciolati, se volete aggiungete il parmigiano. Coprite con</div><div>il telo e fate lievitare per un’altra mezzoretta. Condite con il rimanente olio e infornatela per 25</div><div>minuti a 220 °. Unite le foglie di basilico un minuto prima di sfornare e servitela calda.</div><div><br /></div><div>Autrice: Giovanna Borrello</div>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-52027645960160310522020-05-16T23:56:00.008-07:002020-05-17T00:52:45.601-07:00Più "porno educazione" per tutti i bambini. Lo dice l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Luca Nave<p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><font size="4"><span style="line-height: 150%;"></span></font></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTnX6RF2yU6TCEjGkLE89XFaRTthOtLR86o8KN03RHLSSyeXkIYTNuiSv1hTeFeZFcS1jmV4zpMYouaYcnxUYwnJWGzrDrCHc2EqiQFKpEDqYdELiLeTvWvE2abWo63EVWYzjcT_20PurS/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="640" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTnX6RF2yU6TCEjGkLE89XFaRTthOtLR86o8KN03RHLSSyeXkIYTNuiSv1hTeFeZFcS1jmV4zpMYouaYcnxUYwnJWGzrDrCHc2EqiQFKpEDqYdELiLeTvWvE2abWo63EVWYzjcT_20PurS/s320/provita.jpg" /></a><font size="2">“A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca” (G.Andreotti). </font></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><font size="4"><br /></font></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><font size="4">Q<span style="font-size: large;">ualche giorno fa circolava sul Web la foto che qui pubblichiamo nella versione censurata (l’originale è sparita). La vicenda della censura è narrata nell’articolo </span><a href="https://www.provitaefamiglia.it/blog/educazione-porno-allasilo-provita-denuncia-e-facebook-censura">“Educazione porno all’asilo: ProVita denuncia e Facebook censura!”</a><span style="font-size: large;"> pubblicato sul blog di ProVita & Famiglia. L’immagine è tratta dal libro <i>Lisa & Jan</i> di Frank Herrath e Uwe Sielert, un volumetto illustrato che sarebbe “<b>distribuito nelle scuole dell’infanzia, conformemente a quanto disposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle linee guida Standard per l'educazione sessuale in Europa"</b>. </span><span style="font-size: large;"> </span></font></div><font size="4"><br />Il libro a cui si fa riferimento - ovviamente non menzionato nelle linee guida dell'OMS - è appunto <a href="https://www.amazon.it/Lisa-Jan-Aufkl%C3%A4rungsbuch-Kinder-Elternheft/dp/3407831110">Lisa und Jan: Ein Aufklärungsbuch für Kinder und ihre Eltern - mit Elternheft</a> pubblicato nel 1996 e non più in commercio. <b>Non può dunque essere distribuito </b>nelle scuole e non è stato tradotto in italiano, quindi chi era preoccupato della sua distribuzione nei nostri asili può stare tranquillo; qui non c’è niente da censurare. È invece tradotto in italiano, dalla <i><b>Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica</b></i>, il documento dell’OMS a cui si fa riferimento ma il sito ProVita mette il link alla versione inglese. Un fatto un po’ strano. Perché non hanno inserito la versione italiana curata da un gruppo di ricercatori della più eminente società di sessuologia scientifica (che esprime un <b>parere favorevole </b>sul documento stesso)? I ProVita non sono a conoscenza della versione italiana oppure ritengono che sia meglio tenerlo nascosto in modo tale che i fruitori del sito che non masticano l’inglese non possano accedere alla versione in italiano e leggere cosa c’è scritto? “A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”. <br /><br />Comunque, chi non sa bene l’inglese può leggere autonomamente il documento <a href="http://www.fissonline.it/pdf/STANDARDOMS.pdf">qui</a> e scoprire innanzitutto che è stato elaborato dal <b><i>Centro Federale per l’Educazione alla Salute</i> </b>di Colonia (Germania), una Commissione, interna alla Regione Europea dell’OMS comprendente 53 Paesi, composta da professori universitari e studiosi della sessualità di fama internazionale, la quale <b>promuoverebbe “l’educazione porno all’asilo”, istigherebbe alla masturbazione</b> e via discorrendo. Da non crederci, saranno impazziti! <br /><br />Chi legge il documento scopre anche che è una <b>risposta alle nuove e numerose sfide</b> riguardanti la <b>salute sessuale delle giovani generazioni</b>: “i tassi crescenti dell’HIV e di altre infezioni sessualmente trasmesse (IST), le gravidanze indesiderate in adolescenza e la violenza sessuale, solo per citarne alcune”. L’obiettivo è fornire agli Stati membri degli <b>standard </b>minimi per un’<b>educazione sessuale olistica </b>che “fornisca a bambine/i e a ragazze/i <b>informazioni imparziali e scientificamente corrette</b> su tutti gli aspetti della sessualità e contemporaneamente li aiuti a sviluppare le competenze necessarie ad agire sulla base delle predette informazioni, contribuendo così a <b>sviluppare atteggiamenti rispettosi ed aperti che favoriscono la costruzione di società eque” </b>(p. 5 della versione italiana). Chi legge il documento scopre, insomma, che nelle 65 pagine del documento non si trova nessuna pratica di “porno educazione”, nessuna raccomandazione a leggere <a href="https://www.osservatoriogender.it/scuola/libri-scolastici-gender/">“libri proibiti”</a> già messi al rogo dall'<i>Osservatorio Gender </i>dei movimenti ProVita, nessun incitamento a cambiare sesso né a “insegnare la masturbazione ai bambini da 0 a 4 anni” (vedi La Stampa). <br /><div style="text-align: center;"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWum_eKyEbytvsqD-oPF5A4d3CD2nOjmHtSLDHZZKKVxNcOeLoP9Z7b18nczo5WM7xuKN9sLNfuMWja5gIX8e1gjBhMxSQBhgd7hMa1OhAqBp5eLijBW8fcd-OwePZ7n5E06Ydsr5fy9a6/s320/97477544_2948546881847639_7696764072276000768_o.jpg" /></div></font><div><font size="4">Il <b>termine “masturbazione” </b>in relazione ai bambini di questa età compare <b>solo due volte</b> nel documento dell'OMS. La prima è nel paragrafo “<i><b>Lo sviluppo psicosessuale nell’infanzia e nell’adolescenza</b></i>” (p.23) dove si afferma che “tra il secondo e il terzo anno di vita [i bambino] scoprono le differenze fisiche tra maschi e femmine. In questo periodo cominciano a scoprire il proprio corpo (masturbazione della prima infanzia, autostimolazione) e può succedere anche che cerchino di esaminare il corpo delle loro amichette o dei loro amichetti (gioco del dottore). […] Ampi studi osservazionali hanno identificato comportamenti sessuali comuni nei bambini, facendo sì che tali forme di comportamento siano considerate normali”.<br /><br />Il termine masturbazione compare poi a p. 38, associato alle espressioni “<b>gioia e piacere nel toccare il proprio corpo” </b>o <b>“masturbazione infantile precoce</b>”, oggetto di recriminazione nel sito ProVita e su altri articoli del genere. Queste espressioni, che seguono il paragrafo dedicato alle “competenze degli educatori”, servono proprio a questi ultimi per <b>gestire conversazioni e comportamenti sessuali che i bambini manifestano già alla scuola materna</b>, dove sono all’ordine del giorno domande di natura sessuale, giochi del dottore e il toccarsi i genitali ripetutamente. <b>Questo toccamento non </b>ha le caratteristiche dell’<b>onanismo pediatrico</b>, una brutta espressione che richiama antiche ossessioni che hanno imperversato sulle generazioni di oltre due secoli, a partire dal nefasto libro del 1759 <i>L’onanismo. Dissertazione sulle malattie prodotte dalla masturbazione</i> di Samuel Tissot o le perversioni del bambino polimorfo teorizzate da Sigmund Freud. Il toccarsi i genitali da parte dei bambini non è una forma di masturbazione perché non conduce all’orgasmo; si tratta piuttosto di un <b>comportamento automatico con cui il bambino cerca di rimanere in contatto con se stesso</b> e di produrre un <b>autoconforto </b>in un momento in cui si “dissocia” da ciò che sta avvenendo intorno. Spesso questi <b>comportamenti vengono considerati dagli adulti come “perversi”, “diabolici” o “peccaminosi” e il bambino viene fatto sentire in colpa o sbagliato. </b><br /><br />Il documento dell’OMS parte dal presupposto che <b>ogni genitore vorrebbe </b>per i propri bambini che mettono in atto questi comportamenti <b>una maestra che sappia gestirli </b>senza allarmismi e <b>con competenza</b>, piuttosto che educatori bigotti e impreparati che spaventano i bambini facendoli sentire sbagliati e in preda a sensi di colpa. <br /><br />Insomma, dagli articoli che circolano sui siti del movimento ProVita appare evidente che qui siamo ancora <b><i>Tutti pazzi per il Gender </i></b>(Chiara Lalli, 2016). Nell’articolo sul sito ProVita, la "porno educazione" si associa infatti ai <b>“libri proibiti”</b> (il male radicale è il romanzo definito “Porno Gay”, <i>Sei come sei</i> di Melania Mazzucco, rispetto al quale sono stati denunciati alla Procura alcuni insegnanti che lo hanno letto in classe, <a href="https://www.provitaefamiglia.it/iniziativa/romanzo-porno-gay-a-scuola-parte-la-denuncia">leggi</a>) e agli <b>“opuscoli proibiti”</b>, vario materiale propagandistico LGBT di deriva “omo-transessuale” verso cui è in atto una <b>campagna di repressione totale</b> con i “pochi” mezzi economici che dicono di avere a disposizione; per questo <b>chiedono al lettore la “carità”</b>, una donazione da fare con carta di credito direttamente alla fine dell’articolo, che consenta loro di <b>aumentare la politica repressiva </b>di pensieri e azioni sessuali che deviano dalla “normalità” (<a href="https://www.provitaefamiglia.it/iniziativa/pamphlet-porno-a-scuola-provita-e-giuristi-per-la-vita-denunciano-larcigay">leggi</a>: <i>“Pamphlet porno a scuola: ProVita e Giuristi per la Vita denunciano l’Arcigay!”</i>).</font></div><div><font size="4"><br />Ora, dal 2010, con un’equipe interdisciplinare composta da filosofi, medici e antropologi, realizziamo nelle scuole della Regione Piemonte il progetto <b><i>“Diverso da chi? Dialoghi sulla disabilità, l’omossessualità e i razzismi”</i></b> che recepisce e sostiene le linee guida sull’educazione sessuale dell’OMS. In questi anni abbiamo incontrato circa <b>6000 studentesse e studenti e circa 200 insegnanti </b>che hanno partecipato ai nostri corsi di formazione che hanno il riconoscimento del Ministero dell’Istruzione (<b>MIUR</b>). La nostra proposta è proprio di offrire un’educazione sessuale olistica che punta in particolare a sviluppare un <b>atteggiamento critico-creativo e il pensiero argomentativo-razionale</b>, utile anche per <i><b>difendersi dalle Fake News </b></i>e dalle fallaci interpretazioni di fatti e documenti storpiati da una bigotta ideologia che legge la sessualità umana (se esula dalla procreazione all’interno di una coppia sposata) come “peccaminosa”, “anormale” e “bestiale”. (<a href="https://pragmasociety.blogspot.com/2020/03/covid19-la-natura-crudele-e-i.html" target="_blank">Nave, 2020)</a></font><div><font size="4"><br /><div style="text-align: center;"><img src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizMd-C8ZGdWKSbWCTDvoLmXE8M5vmZKT8LrGdwRG7g6ZCvPJlXRdjKkkQCTB98722T_qrHV_D0axkB14Kzgi0PWHiXVCCFFfOkYEUDQyWMVupf0Zm6rhGGUsM6wmJttBJ_rW8CmRLGCv6Y/s320/001586189_1-93985c43ddd37f4d1b759ae57daf8ffb.png" /></div></font></div><div><font size="4">Invitiamo <b>chi intende smentire o denunciare</b> quanto affermato in questo articolo a proposito del documento dell’OMS e della sua interpretazione distorta proposta dal movimento ProVita a fare <b>ciò che insegniamo ai ragazzi e alla ragazze</b> che partecipano ai nostri corsi di formazione, e cioè:<br /><br />- Un’attenta <b>analisi delle fonti</b> sulle quali costruiscono le proprie tesi e gli argomenti (è necessario citare la parte del documento OMS dove si inciterebbe alla masturbazione i bambini dell’asilo o riferimenti alla "porno educazione”. Non vale citare i siti del movimento ProVita ma solo le fonti dirette e primarie);<br /><br />- ricercare se esistono nel mondo <b>esperienze</b> di educatori che insegnano la "porno educazione" o la masturbazione precoce ai bambini di 4 anni; <br /><br />- usare il <b>pensiero critico</b> per vagliare le proprie affermazioni e l’<b>arte dell’argomentazione</b> per esporre le proprie ragioni. Non valgono gli slogan e l’ipsedixismo (che l’abbia detto il Papa o Salvini o Facebook a noi non importa, non valutiamo le Autorità ma gli Argomenti).<br /><br />Chi sa assumere questo <b>atteggiamento filosofico</b> non può credere che l’OMS istighi alla masturbazione infantile o alla "porno educazione" ed è <b>vittima di <i>Fake News</i> </b>che ci vogliono ingannare, farci vivere nella paura del <b>nemico invisibile (il Gender Gangster!)</b>, per tenerci sotto controllo con false credenze che deformano fatti e dati in base a una <b>ideologia politica e religiosa conservatrice e anacronistica</b> perché non al passo con i tempi e con i problemi reali della società contemporanea. <b>“Il sapere è potere”</b> diceva Bacone, un potere di pensare e di agire da menti libere, che va coltivato già in giovane età. <br /><br />Per approfondimento:<br />L. Nave, <i>Più logica per tutti. L’argomentazione e la filosofia nella vita quotidiana</i>, Mimesis, Milano, 2018<br />L. Nave, <a href="https://pragmasociety.blogspot.com/2020/03/covid19-la-natura-crudele-e-i.html" target="_blank"><i>Covid19, la natura crudele e i terrapiattisti al potere</i></a>, Blog Pragma, 2020 <br />Video presentazione del Progetto <i><a href="https://www.youtube.com/watch?v=Q84hbE-XZGI">“Diverso da Chi?”</a> </i>in occasione della giornata nazionale sul bullismo, sede della Città Metropolitana di Torino. <br /><br /> </font><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%; text-align: justify;"><font size="4"><span style="line-height: 150%;"></span></font></p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%;">
</p><p class="MsoNoSpacing" style="line-height: 150%;"><span style="background: white; font-size: 12pt; line-height: 150%;"> </span><span style="background: white; font-size: 12pt; line-height: 150%;"><o:p></o:p></span></p><br /></div></div>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-31127494252414898032020-05-15T00:18:00.002-07:002020-05-15T05:04:59.879-07:00Martha Nussbaum, la pandemia e l'importanza della filosofia come pratica - A cura di Maddalena Bisollo<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><i></i></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFqPojtt0hJCEgLkn3j_rmJJo8vI7xho2gphPZ9k0xrZHJTSH28zczCdYBiRytEUe8h85w4DJrHdw26yXbwSvZDerdMONEKEntLEFxuEa2x2DMI7XOvxPcH-No-iYwTMCiefNgNm8qQuUw/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFqPojtt0hJCEgLkn3j_rmJJo8vI7xho2gphPZ9k0xrZHJTSH28zczCdYBiRytEUe8h85w4DJrHdw26yXbwSvZDerdMONEKEntLEFxuEa2x2DMI7XOvxPcH-No-iYwTMCiefNgNm8qQuUw/s320/martha.jpg" width="320" /></a></i></div><i><font face="courier"><br /></font></i><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><i><font face="courier">"Non c’è futuro senza generosità e ragione”. </font></i></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 12pt; line-height: 107%;"><font face="courier">M. Nussbaum, Rabbia e perdono<o:p></o:p></font></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><i><br /></i></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">In un <a href="https://www.lanacion.com.ar/el-mundo/coronavirus-martha-nussbaum-esta-pandemia-es-gran-nid2358443" target="_blank">articolo</a> di Hugo Alconada Mon, apparso su <i>La
Nacion</i> il 26 aprile 2020, Martha Nussbaum, illustre filosofa americana,
descrive questo momento storico come un terremoto sanitario, politico,
economico e sociale, che altresì ci offre una possibilità di apprendimento e in
particolare "una grande opportunità per aprire le nostre vite alle realtà
altrui".<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum, infatti, ritiene che tra le persone stia
maturando la consapevolezza che, <b>se ne usciremo, lo faremo insieme</b>, così
come altrettanto insieme potremmo soccombere. Il tempo che ci è dato per
riflettere, maggiore del consueto, è necessario quindi che sia utilizzato con
intelligenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">La filosofa risponde all’intervistatore da Chicago, nello
stato dell'Illinois, che da poco ha registrato un altissimo numero giornaliero
di casi: 2.724, arrivando a un numero totale di infetti di 39.658.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum riconosce la gravità della situazione e, come
tutti, ha paura. In questo frangente, più che mai, ritiene che sia di
fondamentale importanza rivolgersi alla filosofia. In questi tempi di pandemia
e quarantena, <b>la riflessione filosofica ci consente di rivolgerci con
competenza a "quelle domande che chiunque voglia vivere bene dovrebbe
porsi”.</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Che cos'è una vita buona? Cos'è la giustizia sociale? Cosa
intendiamo per società giusta? Quali sono le nostre emozioni e come possono
facilitare oppure ostacolare i nostri sforzi per essere migliori?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum ha insegnato alle università di Harvard, Brown e
Oxford prima di trasferirsi all'Università di Chicago. Tuttavia, non è una filosofa
che si possa considerare come un’accademica chiusa in una torre d'avorio: da
sempre difende con passione i diritti delle minoranze, si è fatta portavoce
delle rivendicazioni femministe e ha promosso il fondamentale rispetto per le
altre culture. Inoltre, <i>preferisce parlare della filosofia come un esercizio
quotidiano, piuttosto che come una disciplina riservata ai professionisti.</i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Continuando l’intervista, la filosofa sostiene che sarà
necessario un "cambiamento nella politica generale" e per assolvere
questo compito la filosofia è “urgente."<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Oggi esiste il concreto pericolo che l’isolamento ci separi
dagli altri, poiché la paura ci rende “iperconsci dei nostri corpi” e della
loro fragilità e d’altra parte è sempre più ricorrente l’incontro con altri
attraverso uno schermo, su internet. Tuttavia, ci sono anche ottimi esempi di
solidarietà e di attenzione per le realtà vissute dalle altre persone.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum riserva buone parole per i giornalisti che hanno
saputo, in Illinois, rendere presente le difficoltà della comunità degli
afroamericani, tra i quali il Covid19 ha mietuto la maggior parte delle sue
vittime. Questo ha permesso alle persone “che hanno ignorato a lungo le
lamentele delle minoranze sulle disuguaglianze nella sanità, nell'abitazione o
nell'accesso a una buona alimentazione”, di provare maggiore empatia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum afferma inoltre di conoscere molti uomini e donne che,
essendo benestanti, aiutano chi ha bisogno e sostengono la comunità, anche sovvenzionando
gli enti culturali ed educativi a rischio. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Sul futuro, la filosofa preferisce non azzardare previsioni,
considerandolo “irresponsabile”. Anche se, naturalmente, è forte la speranza di
essere finalmente divenuti tutti più consapevoli che sia necessario agire
insieme e in modo intelligente per risolvere i problemi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum si augura che i governi siano in grado di fornire
a tutti un'adeguata protezione contro la disoccupazione e per la tutela della
salute e che le piccole imprese possano usufruire di una qualche rete di
soccorso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ma perché in tutto ciò la filosofia è così
importante?<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">“C'è un senso di urgenza. E la filosofia è [sottolinea il termine]
urgente”: se non prestiamo attenzione alle domande su che cosa sia una vita
buona o che cosa significhi una società più giusta, “se non prestiamo
attenzione a questi interrogativi e non li studiamo”, “è molto probabile che
risponderemo a queste grandi domande in fretta, in un modo indegno della nostra
capacità di riflessione”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Inoltre, sottolinea Nussbaum “la filosofia è divertente! È
davvero stimolante porre e discutere le grandi domande”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Per fare un esempio di questo aspetto piacevole e
coinvolgente della filosofia, Nussbaum racconta di una sua collega che ha dato
vita a <b>un gruppo informale di dialogo e discussione con i propri studenti (non
solo studenti di filosofia), sulle grandi domande dell’esistenza e della
politica.</b> Sono incontri che hanno luogo a mezzanotte, quando ancora molti
giovani sono svegli. Il gruppo si chiama <i>Night Owls</i> e comprende sempre
due insegnanti: lei e un ospite. Ben 250 studenti partecipano solo per l'amore
delle domande e il risultato è sempre interessante e “imprevedibile”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">“Ora, durante questa crisi, non possono incontrarsi
fisicamente nella mensa universitaria come fanno di solito, ma si connettono e
parlano nel mezzo della notte, e il gruppo è oggi più popolare che mai. Voglio
dire, quando sei confinato in casa, cosa c'è da fare a mezzanotte se hai 18 anni e vivi
con i tuoi genitori? E improvvisamente puoi parlare come un adulto della tua
vita ed entrare in contatto con i tuoi amici parlando della loro vita. È
qualcosa di molto prezioso. La filosofia non dovrebbe essere limitata alle
università, ma dovrebbero esserci molte occasioni informali per coloro che
lavorano”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Nussbaum dice di adorare le conferenze tenute nelle
librerie e in altri luoghi informali, in cui le persone partecipano e discutono
insieme. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">La filosofa, inoltre, è anche una grande appassionata di musica.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">“Ascolto molto, in particolare l'opera, e ho ascoltato di
nuovo quasi tutte le opere di Mozart e ora sto facendo lo stesso con Verdi. Li
ascolto mentre faccio gli esercizi mattutini sul<i> tapis roulant</i> o sulla <i>cyclette
</i>e spesso ascolto la stessa opera prima di passare a un'altra. Ora sto
ascoltando l'<i>Aída </i>e questo implica che la riascolterò nella mia testa mentre vado a
dormire. Lo amo! In effetti, ciò che Verdi e Mozart hanno in comune è una
grande compassione per gli esseri umani nella loro grande varietà e con tutte
le loro imperfezioni”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Da parte nostra, ringraziamo Nussbaum per aver sottolineato
una volta di più l’importanza di una filosofia pratica che sia in grado di
incontrare la vita delle persone e per aver portato testimonianza del ruolo
fondamentale rivestito dalla cultura e dall’arte, anche e soprattutto in tempi
di emergenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Senza speranza, generosità, bellezza e filosofia, che cosa
ne sarebbe, infatti, della nostra umanità?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Articolo a cura di: Maddalena Bisollo<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: arial, sans-serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p><br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-36197319696909070422020-05-11T08:28:00.001-07:002020-05-11T08:30:20.705-07:00AMORE E SOGLIOLA . Alle dovute distanze. Di Giovanna Borrello<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4IKGBozE9nzEjcs_NIvEqF8N1qL_Tr0cqKEeN2SvZNVphhKfn1RAKignrcMcClgME5kz3gZTDkOggKVbs0yA_xKEDSGLxC2MUyUWGY8gra-A42dpX-gVV1Pqb9j8kQA80sm34dQxyf_bx/" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1280" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4IKGBozE9nzEjcs_NIvEqF8N1qL_Tr0cqKEeN2SvZNVphhKfn1RAKignrcMcClgME5kz3gZTDkOggKVbs0yA_xKEDSGLxC2MUyUWGY8gra-A42dpX-gVV1Pqb9j8kQA80sm34dQxyf_bx/s320/alimentari-4995727_1280.png" /></a></div><b><br /></b><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"><b><br /></b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"><b>Rubrica Filosofia in Cucina, a cura di Giovanna Borrello</b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"><b><br /></b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"><b>AMORE
E SOGLIOLA . </b></span><span style="font-size: 14pt;">Alle
dovute distanze</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 14pt;">L’amore ai tempi del Coronavirus è una specie di impresa impossibile: dopo aver appurato che per“congiunto” si considera anche il/la fidanzato/a<span> o l'</span>amato/a, sappiamo che però vanno incontrati alle dovute distanze, sempre muniti di guanti e mascherine. </span></i></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 14pt;">Platone, per <span> </span>il quale gli amanti sono un tutt'uno, sarebbe <span> </span>caduto<span>
</span>in preda alla più nera disperazione. Secondo il mito dell'Androgino, narrato nel Simposio, infatti, chi si ama lo fa nel ricordo di un'antica e originaria unità...simile a quella che proponiamo in questa ricetta, di due filetti di una medesima sogliola!<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">Se
la nostra mente va ad un pensatore metafisico come Platone e alla sua teoria dell’amore,
fatichiamo non poco a immaginare una relazione tra le altezze della filosofia e un volgarissimo e terreno
cibo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">Del resto, cosa di più astratto e ideale esiste nel pensiero filosofico della
teoria dell’Amore Platonico? Un pensiero che ha fatto sognare<span> </span>o rabbrividire, a secondo dei casi, l’intera
umanità.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">Eppure Platone, per parlare dell'amore e della concezione delle due metà, a quale immaginario fa ricorso?</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">Proviamo
a rileggere qualcosa...</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">“L’Amore reciproco
è connaturato negli uomini: esso ci restaura l’antico nostro essere perché tenta
di fare di due una creatura sola e di</span><span style="font-size: 14pt;">
</span><span style="font-size: 14pt;">risanare così la natura umana (…), <b>ognuno di noi è dunque la metà di un
umano resecato a mezzo com’è </b></span><span style="font-size: 14pt;"><b> </b></span><span style="font-size: 14pt;"><b>al modo
delle sogliole due pezzi in uno solo</b>; e però sempre è in cerca della propria
metà. E quanti risultano tagliati da quest’essere misto che allora chiamava
androgino. ( Il Simposio)</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="font-size: 14pt;">E
quindi in nome dell’Amore Platonico eccovi una splendida ricetta per cucinare la sogliola. </i><i><span style="font-size: 14pt;">Preparatela e dividetela a metà e in parti eguali con il
vostro partner . </span></i></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 14pt;">Buon appetito!</span></i></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="font-size: 14pt;"><br /></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="font-size: 14pt;"><br /></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="font-size: 14pt;">RICETTA DELLA SOGLIOLA ALLE ERBE</b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;"><span> </span><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;">1 sogliola di dimensioni medie<span> </span><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;"><b>100 gr di burro<o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;">1
bicchiere di vino bianco secco<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;">salvia,
rosmarino, maggiorana, timo - q.b.</span></b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;">prezzemolo ed
una foglia di menta fresca</span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;">sale q.b.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">In
una padella fate sciogliere il burro e prima che si imbiondisca<span> </span>disporre le sogliole (al massimo due per
volta) già liberate delle interiora ed infarinate.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">Fate cuocere a fuoco basso. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">A metà cottura aggiungere il vino bianco ed aumentare la fiamma. Aggiungere le
erbe e scuotere energicamente in modo che evaporando il vino si formi una
crema<span> </span>piuttosto densa. Aggiustate di
sale e servire.<span> </span>Si accompagna bene con
carote “alla Giuliane”. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 14pt;">(Da <i>La Mente a
banchetto,</i> ed. Tempolungo)<o:p></o:p></span></p><br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-88737773927929855312020-04-24T08:27:00.001-07:002020-04-25T00:16:14.718-07:00NON LEGGIAMO AI BAMBINI FAVOLE SUL CORONAVIRUS<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijHsR6QUyFDDfMDvbgQypgIAf2mx-6mmboPYV89GozsPPzFWOQOuWlxJtA_-2MwwawIg6kMCxHo83gcOqn0pkG1dUbieVtMCT7OpoLcF2Wq8RJb0Qi0vJbCeuhVXHd5IwCJFmehjbV9KpK/s1600/medical-4929813_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijHsR6QUyFDDfMDvbgQypgIAf2mx-6mmboPYV89GozsPPzFWOQOuWlxJtA_-2MwwawIg6kMCxHo83gcOqn0pkG1dUbieVtMCT7OpoLcF2Wq8RJb0Qi0vJbCeuhVXHd5IwCJFmehjbV9KpK/s320/medical-4929813_1920.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<h2>
</h2>
<i><span style="font-size: large;">"Quando ci decideremo a mettere i bambini in compagnia degli uomini, invece che delle streghe, delle fate, degli orchi e dei lupi?"</span></i><br />
<i><span style="font-size: large;">U.Galimberti</span></i><br />
<span style="font-size: large;"><i><br /></i>
</span><br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Fin dal principio dell’emergenza sanitaria, sono stati creati brevi fiabe e piccoli racconti esplicativi per rendere “comprensibile” – così si dice – l’epidemia ai bambini.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Tutti questi racconti sono stati corredati da immagini
precise del SarsCoV2, ritratto come un mostro simpatico e gentile, che si può
tenere in mano, con cui si può giocare, che si può perfino intendere come un
<i>amico</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Solitamente, i raccontini intendono spiegare che cosa il
coronavirus sia, le modalità di contagio, lo sviluppo della malattia e l’importanza
di determinati sistemi di prevenzione. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Già da queste prime considerazioni, risulta evidente in
questi racconti <b>una contraddittorietà di fondo</b>, che basterebbe da sola a
indurci a smettere subito di usare questo strumento pedagogico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Infatti, da un lato la favoletta vorrebbe far comprendere al
pargolo la natura scientifica del virus, dall’altro lo rappresenta come un
essere vivente dotato di una propria personalità. Eppure un virus non è che un’entità
biologica con caratteristiche di parassita obbligato, che non è neppure propriamente
corretto considerare una “forma di vita” e di certo non ha alcuna propria
volontà.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Da una parte, s’intende mostrare come avvenga il contagio e
rimarcare l’importanza del distanziamento sociale; dall’altra, il
corona-mostriciattolo, stando alle illustrazioni, lo si può prendere in mano e
accarezzare tranquillamente.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Questi raccontini, poi, vorrebbero far comprendere non
solo la possibilità che il virus determini una patologia ma anche che tale
patologia possa risultare mortale. Ovvero, ci si trova nell’imbarazzo di dover
far dire a una favola ciò che le favole non vogliono mai dire: che <b>potrebbe
anche <i>non </i>esserci un lieto fine</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">E in conclusione, infatti, nessuna di queste favolette contempla mai davvero la
possibilità della morte.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In che modo tutto questo dovrebbe aiutare i bambini a leggere
la realtà dell’emergenza? In che modo dovrebbe <i>orientarli</i>? Credo che già tanto
sia se non si arrivi a produrre un danno.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>I bambini vengono educati innanzitutto al medesimo antropomorfismo del virus cui sono soggetti anche gli adulti.</b> Nella nostra
società, in cui la scienza pretende un potere indiscusso sulla morte e sulla
malattia, interpretiamo virus e batteri come nemici che sfidano apertamente l’umanità
o, come amano titolare i giornali, “sono la Natura che si ribella”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il virus è agli occhi degli adulti un mostro
dotato di personalità e intenzioni proprie: un essere che ci sfida apertamente,
che vuole afferrarci e perfino ucciderci.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Così, non sappiamo fare di meglio per i nostri bambini che
tradurre la nostra superstizione in una sua versione edulcorata e ammorbidita:
un bel mostriciattolo colorato con gli occhi dolci che è arrivato all’improvviso
a bussare alla nostra porta.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Un’immagine, questa, che è quanto di più ambiguo possa esistere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">I bambini respirano l’atmosfera emotiva che li circonda, avvertono
perfettamente le ansie e le preoccupazioni adulte. Inoltre, l’isolamento che li
chiude in casa ha ben poco a che fare con un pupazzetto coccoloso che sorride.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Non c’è cosa più deleteria dell’ambiguità, che - lungi dall’orientare
nel mondo - , disorienta e stordisce. </b>Non preserva certo dall’ansietà, ma la
genera.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Inoltre, come affronteranno l’eventualità di una storia <i>senza
</i>un lieto fine?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il problema con le fiabe, come dice opportunamente Umberto
Galimberti, è che intendono sempre “ridurre l’ansia, in modo da introdurre
nella società ragazzi sicuri perché a suo tempo rassicurati, fiduciosi nella
vita perché prima o poi qualche cacciatore verrà a liberarli dal ventre del
lupo” (2003). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Che cosa accade se il cacciatore non viene? Se alla Bella
Addormentata nel bosco non passa accanto alcun principe? Se nessuno trova la
scarpetta di Cenerentola?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Le fiabe tengono lontani i bambini dalla realtà della vita,
proiettati costantemente in un mondo lontano che non conosce dolori e
fallimenti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Certo, è bello volare con la fantasia. È bello poter evadere
da una realtà difficile per raggiungere un mondo fatto di fate, di streghe, di
folletti e di mostri verdi cicciottelli e sorridenti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Allora, leggiamo pure ai nostri bambini altre fiabe e
inventiamole per loro. Qualcosa che non abbia però a che vedere con l’educazione e
la prevenzione delle malattie, ma con mondi fantasiosi al di là del mondo. Lo
scopo sarà quello di fornire a loro – e a noi – un poco di sollievo da ciò che
ci circonda e che la tv, il <i>web </i>e i giornali non cessano di ricordarci.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Tuttavia, vale la pena risparmiare i piccoli da una lettura
distorta della realtà, attraverso ambigue storie di "virus gentili". Con la scusa
di volerli educare ad affrontare la malattia, li stiamo solo riempiendo di pericolose
superstizioni.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Le storielle sul coronavirus, rassicuranti e a lieto fine,
le stiamo raccontando a loro o a noi stessi? A chi servono davvero?</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Oggi per parlare adeguatamente del coronavirus dovremmo
affidarci al racconto dei nostri sentimenti reali, sviluppando la capacità
ormai così rara di “mettere i bambini in compagnia degli uomini”,
riavvicinandoli “a questa terra che, da che mondo e mondo, resta sempre l’unica
che ci è data abitare” (Ivi).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">I bambini non sono solo cuccioli da nutrire, da alloggiare e a cui togliere i problemi. Sono esseri umani e sono cittadini, proprio come noi: hanno dunque diritto a spiegazioni ragionevoli e a parole e sentimenti che li coinvolgano e li interpellino come tali.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Autrice</b>: Maddalena Bisollo - <a href="http://www.maddalenabisollo.com/" target="_blank">www.maddalenabisollo.com </a></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Bibliografia</b>:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Galimberti U., <i>Idee. Il catalogo è questo</i>,
Feltrinelli, Milano, 2003.<o:p></o:p></span></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-48350038429331506532020-04-23T07:40:00.003-07:002020-04-23T07:43:54.402-07:00Filosofia in Cucina. LA TEORIA DELL'UOVO. Di Giovanna Borrello<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhko1zNlI_kv3lxtyGDlyw-Nlw4x8pVgkoZakMr1QT3RdMPT64XJqDr5yBjctp6fC21Usi19qoueytBsaTp8Ef8ZEcqe12gFkpLwhh7pLA8lVswH_5M58dFOP3JYS6gY85paoUcYD4_IFff/s1600/WhatsApp+Image+2020-04-17+at+09.46.06.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhko1zNlI_kv3lxtyGDlyw-Nlw4x8pVgkoZakMr1QT3RdMPT64XJqDr5yBjctp6fC21Usi19qoueytBsaTp8Ef8ZEcqe12gFkpLwhh7pLA8lVswH_5M58dFOP3JYS6gY85paoUcYD4_IFff/s320/WhatsApp+Image+2020-04-17+at+09.46.06.jpeg" width="180" /></a></div>
<br />
<br />
<b><span style="font-size: large;">La teoria dell’uovo</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><b><br /></b>
Siamo ancora a ridosso di Pasqua, periodo in cui si consumano molte <i>uova</i>, sia di gallina che di </span><span style="font-size: large;">cioccolato. Siamo, purtroppo, anche in tempo pandemia, che altro non è che una </span><span style="font-size: large;">epidemia </span><i style="font-size: x-large;">globale</i><span style="font-size: large;">.</span><br />
<span style="font-size: large;">Vi propongo quindi una ricetta tanto di stagione quanto al tempo stesso "cosmica". Tratta dal libro<i> La Mente a Banchetto</i> (Edizioni Tempolungo), io e il coautore P. Schiano l'abbiamo dedicata a Ildegarda di Bingen: è la ricetta della Frittata Cosmica (Vedi foto).</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>Ildegarda di Bingen</b> (in tedesco Hildegard von Bingen; Bermersheim vor der Höhe, 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179) è stata una monaca cristiana, scrittrice, mistica e teologa tedesca. Suora benedettina, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica; nel 2012 è stata dichiarata dottore della Chiesa da papa Benedetto XVI.</span><br />
<span style="font-size: large;">Donna dai numerosi talenti, nella sua vita fu inoltre profetessa, guaritrice, erborista, naturalista, cosmologa, filosofa, artista, poetessa, drammaturga, musicista, linguista, e consigliera politica.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ildegarda ci dà del Cosmo la seguente immagine:</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">“Un uovo con la punta rivolta in alto, circondato di fuoco ed illuminato da un globo di fuoco più scintillante” (Schivas).</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Nel <i>Libro delle opere divine </i>l’universo è appunto descritto in forma di uovo: il cosmo è uno, come l’uovo, che racchiude in sé i quattro elementi: il guscio è simile all’elemento terra, freddo e secco; il bianco è simile all’elemento acqua; la parte gialla e oleosa al fuoco; la parte acquosa al soffio o aria.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>L’uovo </b>è un simbolo antichissimo e ricorrente nel pensiero filosofico. Allo stesso tempo, è anche il simbolo della fertilità femminile. Per questo motivo, lo abbiamo scelto quale punto di partenza per</span><br />
<span style="font-size: large;">affrontare il grande e vario universo delle Donne in Filosofia.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">La simbologia dell’uovo è, in realtà, molto antica. Essa era già presente nel pensiero di Abelardo e di Guglielmo di Conches, che si rifacevano entrambi alle cosmogonie <i>orfiche</i>. L’uovo, secondo questa antica tradizione, contiene in ordine quattro elementi del cosmo: fuoco. aria, acqua e terra.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">In Ildegarda il simbolo pagano assume le sembianze di Dio Onnipotente, in una singolare trasfigurazione teologica: il globo splendente di fuoco mostra che in Dio Padre vi è il suo</span><br />
<span style="font-size: large;">Figliolo.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<b><span style="font-size: large;">Dunque...</span></b><br />
<span style="font-size: large;">A quanto pare, in riferimento al famoso dilemma “Viene prima l’uovo o la gallina?”, la filosofia , e soprattutto la filosofia al femminile, ha sicuramente optato per l’uovo!</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ildegarda, in particolare, ci ha dato dell’uovo una visione cosmica. Allora, come il cosmo abbraccia tutti gli elementi della terra, così, nella nostra ricetta, l’uovo battuto in una frittata abbraccia tutti i suoi ingredienti.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Eccovi quindi la nostra Frittata Cosmica, un cibo semplice nella complessità cui intende rimandare.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<b><span style="font-size: large;">La Frittata Cosmica</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><b><br /></b>
<b>Ingredienti:</b></span><br />
<span style="font-size: large;">8 uova</span><br />
<span style="font-size: large;">1 cipolla</span><br />
<span style="font-size: large;">3 zucchine</span><br />
<span style="font-size: large;">50 gr di pancetta tesa tagliata a listarelle</span><br />
<span style="font-size: large;">50 gr di provola affumicata</span><br />
<span style="font-size: large;">50 gr di provolone piccante</span><br />
<span style="font-size: large;">50 gr di grana grattugiato</span><br />
<span style="font-size: large;">olio per frittura q.b.</span><br />
<span style="font-size: large;">basilico q.b.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">In olio bollente fate friggere la cipolla tagliata finemente, aggiungere le zucchine tagliate a</span><br />
<span style="font-size: large;">fettine ed in ultimo i pomodorini. Sbattere le uova, aggiungere il grana e tutti gli ingredienti,</span><br />
<span style="font-size: large;">aggiustate di sale e pepare. Riscaldate in una padella dell’olio per frittura e cuocere a fuoco lento l</span><br />
<span style="font-size: large;">frittata rigirandola.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<i><span style="font-size: large;">In questo periodo potete trovare uova in abbondanza, perché le galline con il risveglio della</span></i><br />
<i><span style="font-size: large;">Primavera sono più feconde, iniziano a deporre uova a fine Gennaio, aumentano sensibilmente il</span></i><br />
<i><span style="font-size: large;">ritmo in Primavera e rallentano in Estate...</span></i><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><b>Autrice</b>: Giovanna Borrello, Associazione e Scuola Metis - Counseling Filosofico, Napoli</span>PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-44531869481217838082020-04-17T02:11:00.003-07:002020-04-17T02:43:19.556-07:00MEDIA PATOGENI: G. ANDERS E IL VIRUS DEL CONGRUISMO. Di Maddalena Bisollo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKu1klLKoDUJmWoln59s1sckmsD8WxRljhEleCVAiW5S2I0NgoztkuW-cQdtet8_Gf6qHTUAp1VbLSjp7N0VLJCP4NJr8DFHkhW6u5ecOpAUrSYhaKLLYkZNAk0AW2IIoRqKB75VQ66Y8j/s1600/coronavirus-5029602_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1360" data-original-width="1600" height="272" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKu1klLKoDUJmWoln59s1sckmsD8WxRljhEleCVAiW5S2I0NgoztkuW-cQdtet8_Gf6qHTUAp1VbLSjp7N0VLJCP4NJr8DFHkhW6u5ecOpAUrSYhaKLLYkZNAk0AW2IIoRqKB75VQ66Y8j/s320/coronavirus-5029602_1920.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><i>«Modello della ricezione sensoriale oggi non è, come nella tradizione greca, il vedere; né, come in quella ebraico-cristiana, l’udire, bensì il mangiare. Siamo stati spinti in una fase orale industriale, nella quale la pappa culturale scende giù liscia».(Anders, L’uomo è antiquato,Vol. II)</i></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;"><br /></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;"><br /></span></b>
<b><span style="font-size: large;">«Chi è l’Inghiottitutto?» chiese UK.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«È un pesce enorme che nuota continuamente e inghiotte
tutto, tutto quello che si trova sul suo cammino».<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In una favola per l’infanzia del poeta e scrittore inglese
Anthony Ginn (1984), ambientata negli abissi marini, compare uno strano
personaggio, una gigantesca manta, che si aggira sul fondo del mare ingoiando
indistintamente ogni sorta di pesci e di detriti.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Inghiotte-tutto senza sapere esattamente che
cosa; va alla cieca su tutto ciò che si muove e che non si muove. Si tratta di
un personaggio davvero particolare, in quanto assolutamente <i>passivo</i> in
rapporto allo svolgersi della vicenda; l’unica attività che compie è quella di
assimilare il cibo che il mare fornisce, nient’altro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il solo movimento che fa, avviene quando qualcuno cerca
di catturarlo. Strappato al suo <i>habitat</i> naturale, l’Inghiottitutto si
trova assolutamente spaesato:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«Glù, glù, gl...Ehi, che sta succedendo? Lasciatemi subito!
Sto morendo di fame, devo nutrirmi io!».<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’Inghiottitutto non conosce altra esistenza se non quella
fondata sulla nutrizione continua e sulla totale immedesimazione con
l’ambiente: egli mangia tutto quel che trova, non sa fare altro. Fintanto che
conduce la sua vita tranquilla sul fondo del mare, non ha bisogno di compiere
alcuna azione in proprio; non sa neppure parlare – non ne ha motivo; solo un
insignificante e monotono «glù, glù, glù» accompagna il suo eterno nutrirsi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’Inghiottitutto, in fondo, pensa di essere assolutamente
libero ed è sicuro di vivere nell’unico mondo che gli possa garantire questa
libertà; ne è persuaso al punto tale che, trasportato in superficie in seguito
alla cattura, teme di non sopravvivere: egli sente soltanto il vuoto e la
privazione. Egli si caratterizza dunque per una libertà di tipo negativo, una
libertà <i>da</i> coercizioni; manca invece di capacità creativa:
l’Inghiottitutto non sviluppa una propria personalità, non esprime un pensiero
critico, non riconosce altro senso alla propria esistenza se non quello di
assimilarsi al mondo che lo circonda, e di conseguenza non elabora alcun
linguaggio, che del senso è il veicolo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">È il modo stesso della nutrizione ad impedire il salto ad
una vita attiva, consapevole, significante. La cospicua quantità di cibi di cui
il mare rifornisce l’Inghiottitutto, infatti, non viene filtrata; la grande
manta la assorbe tutta senza fare distinzione tra un cibo e l’altro.
L’Inghittitutto non se ne accorge, ma in questo modo <i>diventa ciò che mangia</i>:
un essere indistinto, senza specificità.<o:p></o:p></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">*<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>L’esistenza dell’Inghiottitutto appare in effetti come la
metafora adeguata di quello che Anders definisce «congruismo», traducibile come
una sorta di conformismo “all’ennesima potenza”.</b> Il «congruista» è il
«conformista ottimale» (Vol.II), cioè l’uomo perfettamente adattato e adeso al
sistema della società occidentale in cui vive. Si tratta di un individuo
costantemente permeato dal mondo cui è destinato, tanto da diventare ad esso
del tutto coestensivo, «come la spugna con l’acqua».<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La sua anima è «terribilmente sovraccarica»,
poiché le affluisce dentro tutto un mare di merci, di opinioni, di sentimenti,
ecc. Ben lungi dall’essere un uomo “vuoto”, il congruista è invece pienamente
occupato dal materiale che gli viene somministrato; in modo così perfetto che
non c’è più spazio per il Sé. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La forma di consumo che più avvicina l’uomo di oggi al
congruismo, come sostiene lo stesso Anders, è quella del <b>consumo mediatico</b>.
Quest’ultimo ha assunto nel nostro tempo una posizione di monopolio tra le
diverse “forze di formazione” che intervengono sull’individuo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La radio, la televisione, il computer, il tablet e lo
smartphone sono evidentemente ben più che semplici elettrodomestici: sono il
tramite tra noi ed il mondo che ci circonda. Ognuno collegato ad altre radio,
altre televisioni, altri computer, altri smartphone disseminati sulla terra,
insieme ad essi va a costituire una <i>rete</i>, che filtra ogni evento.
All’esperienza diretta d’età pre-tecnologica, si sostituisce oggi l’esperienza
virtuale del mondo: abbiamo così la possibilità di essere informati circa una
quantità vastissima di avvenimenti, che altrimenti non potremmo mai arrivare a
conoscere; si accorciano le distanze spazio-temporali e tutto diventa
ugualmente vicino e presente.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Senza minimamente svalutare l’importanza di tale prerogativa
del post-moderno – di avere tutto il mondo a portata di telecomando o di <i>mouse</i>
–, dovremo però riconoscere gli effetti prodotti da questo rapporto con il
mondo sulla personalità. Il modo in cui oggi parliamo, amiamo, pensiamo (o non
pensiamo) non dipende più, infatti, semplicemente dall’educazione ricevuta in
famiglia o a scuola, ma in maniera preponderante da quell’enorme macchina di
cultura che sono i mass-media: <i>«religione, politica, mercato, guerra, gioia,
dolore, morte sono descritti lì, e da lì ognuno apprende come si prega, come si
governa, come si vende, come si compra, come si lotta, come si gode, come si
soffre, come si muore, allo stesso modo di come un tempo queste cose si apprendevano
dal mondo in cui si viveva»</i> (Galimberti, 1999).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><b>Le immagini di cui costantemente ci
nutriamo non semplicemente rappresentano il mondo, ma sono il nostro mondo</b>,
sulla base del quale impariamo a rappresentarci cose ed eventi e a farne
esperienza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’industria dell’entertainment ci solleva inoltre
dall’impegno di “fare qualcosa di noi stessi” nei momenti d’ozio e di destinare
ad uno sviluppo creativo le energie psichiche non investite nella professione.
Alla prospettiva di compiere uno sforzo – richiede infatti fatica
l’interessarsi attivamente alla propria esistenza –, sostituisce la prospettiva
certo più allettante di assistere ad uno spettacolo. La psiche viene
in-trattenuta da tutto un sistema di informazione e divertimento, che da un
lato la libera dall’onere di gestire la sua relazione con il mondo – mediata
attraverso la notizia – e dall’altro, la stimola emotivamente, attraverso la
trasmissione di una molteplicità di show, film, telefilm, cartoni animati, ecc.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’ “effetto congruismo” che il sistema mediatico produce
sull’Io individuale, lo possiamo delineare per alcuni tratti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">• <b>Omologazione</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Come per la manta immaginaria la possibilità di mangiare
tutto si traduceva inevitabilmente nella necessità di una costante ed onnivora
nutrizione, così per l’uomo di oggi poter essere informato di tutto, significa
doversi adeguare ad una tale imponente informazione. <b>Non essere informati,
non è consentito</b>. Ci è tolta sempre di più la possibilità di non ascoltare
e di non vedere, di fare in qualche modo resistenza e di conservare uno spazio
d’interiorità, una riserva di significati soltanto “nostri”. Difficile, dunque,
resistere all’omologazione: se pure ognuno privatamente, siamo tutti riforniti
delle stesse informazioni, la necessità d’essere informati si traduce infine nella
necessità stessa di un sempre più profondo livellamento. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il sistema ci costituisce come massa, lasciandoci tuttavia
l’illusione di una vita privata ed autonoma: attraverso i mezzi di
comunicazione, infatti, ognuno di noi riceve il mondo – un mondo uguale per
tutti – a domicilio; ognuno da solo, seduto sulla poltrona del proprio salotto
o alla sedia di fronte alla scrivania, davanti alla tv o al computer, fruisce
di immagini e di significati confezionati per tutti e profondamente
uniformanti; dunque ognuno di noi si configura come un <i>solista del consumo
di massa </i>(Anders, Vol.I).<i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Naturalmente, come non si decide volontariamente di
conformarsi al sistema tecnico che ci involge, così non ci si omologa
servendosi dei mezzi di comunicazione, ma si viene da essi omologati. Se di
tale omologazione non ci avvediamo è per il fatto che, così come il dominio
della tecnica non è avvertito quale coercizione ma nei termini di semplice
condizione del vivere e dell’agire, allo stesso modo l’omologazione
mass-mediatica non ha i caratteri dell’esplicita imposizione, bensì
l’accettiamo come parte integrante del nostro essere al mondo – e a maggior
ragione se si presenta a noi nelle vesti del divertimento e dello svago.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">• Deglutizione acritica.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In seconda istanza, l’effetto-congruismo riguarda la
modalità secondo cui ci nutriamo di informazioni, il fatto cioè che non
mastichiamo il cibo che ci viene fornito. Ogni trasmissione infatti non è
infine che una merce, e come tale «deve venir servita in condizione tale da
soddisfare l’occhio e l’orecchio, quanto più possibile pronta per il consumo,
priva di tutto quanto ci è estraneo, disossata, assimilabile».<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Pre-digerita, la trasmissione non richiede
d’essere filtrata e distoglie il consumatore dallo sforzo critico di
discriminare sia tra il prodotto che gli viene fornito ed il mondo reale, che
tra i diversi tipi di prodotto che va a consumare; <i>«la quotidiana,
incessante ipernutrizione a base di fantasmi che si presentano in veste di
“mondo” ci impedisce sempre di provare fame di interpretazione, di
interpretazione personale; ...quanto più veniamo rimpinzati di mondo
arrangiato, tanto più dimentichiamo questa fame».</i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ognuno prende infatti per buono ciò che il
sistema mediatico presenta come “il mondo”, benché ciò non sia evidentemente
che un’immagine del mondo stesso ed un giudizio precostituito su di esso. Non
ci si avvede che non è l’evento in sé ad essere trasmesso, ma solo qualcosa su
di esso o un momento di esso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Ancor meno evidente è il fatto che, dato il carattere di
merce che contraddistingue tutte le trasmissioni, in esse si trovi già insito
il loro senso: esse recano cioè in se stesse i pensieri ed i sentimenti che
devono produrre nel consumatore. La reazione che si richiede da noi è quindi di
volta in volta fornita con i prodotti che consumiamo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">• Imprigionamento emotivo.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">I mass-media costituiscono una grande “macchina per la
gestione delle emozioni” – cosa che li rende tanto più attraenti ai nostri
occhi, bisognosi come siamo di trovare una qualche collocazione alla nostra
emotività inespressa. Se nella professione e nella gran parte dei rapporti
interpersonali che viviamo quotidianamente le emozioni vanno trattenute, è
invece proprio sulle emozioni che fa perno l’industria mediatica. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non è vero che rimaniamo del tutto insensibili alle tragedie
che colpiscono l’umanità; tuttavia non si può negare che <i>l’intensità della
nostra partecipazione è strettamente connessa all’intensità con cui la notizia
viene presentata, così come la memoria di un evento – tragico o felice che sia
– è legata alla frequenza con la quale i mezzi di comunicazione se ne occupano</i>.
Come sostiene Guy Debord: «ciò di cui lo spettacolo può smettere di parlare per
tre giorni è uguale a ciò che non esiste. Perché allora parla di qualcos’altro,
e quindi è quella la cosa che, a partire da quel momento, in definitiva esiste»
(1988).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Opportunamente modulata, la
nostra attenzione smarrisce la sua forza vitale; scissa dall’esistenza e dai
rapporti sociali concreti – ogni trasmissione infatti si riceve
contemporaneamente, ma non insieme agli altri –, viene irretita e destinata ad
un mondo virtuale. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’assorbimento delle nostre emozioni da parte del sistema
mediatico – un mondo “fantasma” fatto di voci e di immagini anonime ed
inconsistenti – illude la nostra capacità emozionale, realizzando in verità
l’alienazione dai nostri stessi sentimenti. Se infatti le emozioni si dirigono
su oggetti virtuali, esse sono subordinate all’assoluto distacco: incapaci di
riferirsi ad alcunché di reale, i sentimenti si riversano su qualcosa di
“vuoto”. Qualsiasi sentimento allora, poiché si rivolge semplicemente ad uno
spettacolo, non si concede in modo incondizionato ma si articola entro la
prospettiva di poter in ogni istante essere ritirato. Il rischio, naturalmente,
è quello che questo modo di sentire senza effettiva partecipazione, essendo
l’unico costantemente “allenato”, impedisca il contatto con la realtà nel
momento in cui questa inaspettatamente poi bussa alla nostra porta.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«È come quando, al cinema, la protagonista si lascia
sfuggire l’occasione di vincere centomila dollari, e il pubblico scoppia a
piangere. Ma queste stesse persone, nella vita reale, possono assistere a
un’immane tragedia a due passi da loro senza commuoversi e senza provare nulla,
perché di fatto non hanno alcun rapporto con il mondo che le circonda, e che
non le riguarda. Vivono nel vuoto dell’astrazione, dell’alienazione dalla
realtà dei loro sentimenti» (Fromm, 1991). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Quanto più veniamo proiettati nel fantomatico e nel
lontano, tanto maggiormente veniamo allontanati dalle questioni che ci
riguardano da vicino</b>. Le emozioni che albergano in noi cercano sfogo, ma se
costantemente vengono pilotate verso un mondo evanescente nel totale distacco
dal reale, perdono di contenuto, di significato, di energia. Non più una
relazione attiva con il mondo arricchita dall’esperienza emotiva, allora, ma
un’emotività impoverita dall’assorbimento nel mondo dell’immagine. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Caratteristica dell’uomo di oggi è «non solo che a causa
dell’incessante scorrere del mondo esterno egli sia sempre altrove e mai a
casa, dunque la perdita della sua sfera privata; ma che nello stesso
tempo...egli è dovunque e sempre a casa. Di qui la perdita dei suoi sentimenti
per il mondo esterno, ovvero l’elefantiasi della sua sfera privata» (Anders,
Vol.II). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Svuotati e deprivati del loro legame con l’esistenza
concreta dell’individuo, i sentimenti – ma lo stesso accade per i pensieri –
vengono risucchiati nella virtualità; in questo modo non solo si riducono
all’ombra di se stessi, ma cedono al sistema e da esso sono strumentalizzati. <b>Desideri
ed emozioni vengono suscitati e manipolati per accrescere <i>l’audience</i></b>,
oggi perfino per incrementare quella grande “raccolta fondi” cui sono adibite
le cosiddette “votazioni” tramite sms dei personaggi preferiti dei <i>reality-show,</i>
e naturalmente per incitare ognuno a seguire i dettami della pubblicità in
fatto di moda e di acquisti. Poiché l’uomo di oggi non è semplicemente
richiesto come forza-lavoro ma anche come forza-consumo, i suoi bisogni ed i
suoi desideri vanno stimolati attraverso la promessa del godimento, per
mantenere vitale il sistema produttivo. Nella nostra società «ogni desiderio
‘liberato’ è liberato solo perché già è stato catturato nella rete del potere e
nell’ordine delle sue parole» (Galimberti, 1987); i desideri vengono provocati
solo per essere subito assorbiti dal meccanismo, tanto più che ogni eccedenza
rispetto al codice sistemico costituisce una minaccia costante di disordine, e
va scongiurata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Così le immagini e le parole trasmesse dai media evocano il
desiderio e lo se-ducono – letteralmente lo “adducono a sé” – tramite la
stimolazione dell’immaginario, mentre noi, che certo consumiamo molte più
immagini che non merci concrete, partecipiamo ad un pericoloso gioco virtuale,
dove il desiderio rimane come sospeso, si nutre di promessa e di vuoto e ci è
infine irrimediabilmente alienato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">• Il lògos intrappolato.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Come per il desiderio ed il suo veicolo, che è il corpo,
così per il pensiero ed il suo veicolo, che è la parola.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«...Le parole sono diventate esse stesse immagini e hanno
finito per servire, come le immagini visuali, da strumenti di manipolazione e
di controllo psicologico. Lo studio dell’umanità è diventato un’altra tecnica
per dominare l’umanità. L’osservazione scientifica e sociologica abolisce il
soggetto rendendolo “soggetto” di esperimenti intesi a scoprire la sua risposta
a una serie di stimoli, le sue preferenze, le sue fantasie private. Sulla
scorta dei risultati ottenuti, la scienza costruisce un profilo composito dei
bisogni umani, su cui basare un sistema di regole di comportamento insinuante
ma non apertamente oppressivo» (Lasch,1984). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il rifornimento a domicilio del mondo e delle parole che lo
descrivono, fa degli individui dei <i>voyeurs</i>, che non fanno più esperienza
di cose ed eventi, ma si nutrono dei loro fantasmi, e li castra nella personale
elaborazione del significato e del linguaggio per esprimerlo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«In verità, dato che la parola è loro garantita e versata
bell’e pronta nell’orecchio, hanno cessato di essere ζωα λόγον έχοντα [animali
che hanno il linguaggio], allo stesso modo come, in quanto mangiatori di pane,
hanno cessato di essere <i>homines fabri</i>: perché, come non cuociono più da
sé il pane, così non formano da sé le parole di cui si nutrono. Per loro le
parole non sono più qualche cosa che si profferisce, ma qualche cosa che si
sente soltanto; per loro parlare non è più qualche cosa che si fa, ma qualche
cosa che si riceve» (Anders, Vol.I). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Il mondo viene a noi e noi, anziché andargli incontro e
rivestirlo delle nostre soggettività, non siamo ormai che dei consumatori senza
facoltà d’intervento e senza voce</b>, poiché il mondo ci rivolge la parola
senza che noi possiamo a nostra volta rivolgerla a lui. “Abbiamo” il logos, in
un senso assai diverso da quello inteso da Aristotele; lo abbiamo non come facoltà
che è nostra, ma come in-formazione ricevuta; disimpariamo dunque a parlare,
poiché le parole sono diventate prodotti di consumo e disimpariamo allo stesso
tempo anche a comunicare tra di noi, perché se tutti ascoltano e sanno le
medesime cose, viene meno la distanza tra il mondo dell’uno e dell’altro
individuo, che sola rende necessaria e reciprocamente arricchente la
comunicazione. Quando ognuno sa dire soltanto ciò che potrebbe ascoltare da
chiunque altro, il parlare-insieme (<i>mit-sprechen</i>) si fa superfluo; le
nostre parole sempre più spesso non comunicano (dal latino <i>communis</i>, è
“mettere in comune”), bensì rimbalzano dall’uno all’altro interlocutore senza
che si stabilisca alcune “comunione”, alcun contatto essenziale. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">• Destrutturazione della dimensione spazio-temporale.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In ultima analisi, di effetto-congruismo possiamo parlare a
proposito della deformazione nella percezione dello spazio e del tempo,
prodotta dai media. Come abbiamo già avuto modo di osservare, una nutrizione
continua e non filtrata, ci rende coestensivi al mondo di cui siamo riforniti;
cadono infatti le pareti che delimitano e difendono il privato e
l’individualità e ciascuno di noi ha l’impressione di poter essere dappertutto
pur restandosene “a casa”. Tale è la nostra «<b>schizotopía</b>» (Anders,
Vol.II)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>- la nostra duplicità spaziale,
per cui ci troviamo qui e altrove al medesimo tempo – che ci crea non poca
agitazione se una volta dobbiamo trattenerci nel “qui”, cioè in uno spazio solo
“nostro”, ad esempio per l’interruzione delle trasmissioni televisive, o perché
il nostro cellulare “non ha campo”, oppure ancora perché è scarico e non ci
permette di collegarci in rete quando ne sentiamo l’esigenza. In una condizione
tale, benché solitamente non ce ne avvediamo, viene ad essere penalizzato tanto
il rapporto con il nostro privato, dal quale ci troviamo subito alienati,
quanto il rapporto con l’altrove, che ci è presentato sempre e solo sotto forma
di immagine: <b>essere dappertutto, del resto, è infine lo stesso che non
essere in alcun luogo</b>. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La schizotopía – in quanto patologia dello spazio – si
accompagna poi sempre ad una percezione alterata anche del tempo, per cui il
presente viene dilatato all’infinito, in un orizzonte metatemporale al di là di
ogni tempo e di ogni spazio storici. L’essere-nel-mondo è strutturato in modo
tale che il mondo si dispone intorno all’uomo in cerchi concentrici più vicini
e più lontani; se tutto diviene ugualmente prossimo, l’individuo ne risulta
snaturato; si ritrova senza spazio, poiché ogni distanza è abolita, ma anche senza
tempo, poiché tutto accade nel medesimo istante. C’è modo e modo di vivere il
presente: affinché il rapporto con questa dimensione temporale sia espressione
della nostra esistenza nella sua relazione concreta con il mondo, deve esserci
un legame con il “prima” e con il “dopo”, con il mio passato e con i progetti
che ho per il futuro. Se mi lascio invece assorbire dal presente, in realtà non
mi <i>temporalizzo</i> – per usare un’espressione di Heidegger –, non mi
relaziono al tempo come apertura di possibilità, ma trovo rifugio in una
sospensione della temporalità, “faccio passare il tempo”, “ammazzo il tempo”,
letteralmente. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Se le trasmissioni dei media compaiono contemporaneamente
agli eventi che trasmettono, e quindi pare che ci permettano di fare esperienza
del presente concreto e reale, in realtà il presente massmediatico scade nel
mero simultaneo; ciò significa che non instaura un rapporto diretto e
sostanziale tra noi e ciò che accade, ma ci costringe piuttosto ad <b>un
rapporto senza vitalità con immagini sincrone all’evento reale, rispetto alle
quali la nostra esistenza non può prendere concretamente posizione</b>. Per
questo il grande rischio che oggi corriamo è che molte cose che ci riguardano
realmente e che ci possono colpire, ci appaiano non effettivamente presenti, ma
solo contemporanee, di una presenza cioè fondata sul distacco. Il rischio è
l’indifferenza. Perché, se è vero che i media cercano in ogni modo di “fare la
differenza”, di presentarci sempre nuovi stimoli, nuovi prodotti, nuove
notizie, tuttavia la novità stessa alla fine scade nella ripetizione e – come
vuole Pessoa – si genera «la noia della novità che è sempre uguale».<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La noia è uno dei
mali caratteristici dell’età postmoderna; uno stato d’animo in cui il tempo, lo
spazio, il rapporto intellettuale ed emotivo con le cose, rimangono come
“sospesi”. Certo, l’uomo si è sempre annoiato di fronte ad una situazione
ripetitiva, alienante, e per questo appunto “noiosa”; tuttavia quando, come al
giorno d’oggi, la noia non si lega più alla reazione ad una circostanza
determinata, per diventare invece esistenziale e diffusa tra i più, occorrerà
riflettere. Solitamente “scacciamo la noia” con l’iperattività o con l’ozio
mediatico, così che spesso le nostre vite si riducono al lavoro durante la
giornata, alla televisione la sera e infine al sonno notturno. Passano così, in
un tempo non vissuto. E il vuoto rimane; resta la noia come aspirazione ad una
“pienezza di vita” mai raggiunta. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Se s’inghiottono ore di lavoro e ore di consumo, non si sarà
mai sazi. <b>Perché la noia non è una questione di operosità o inoperosità, ma
di <i>significato</i>. <o:p></o:p></b></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">**<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La favola di Ginn ha un lieto fine: l’Inghiottitutto,
portato in superficie, salva l’ambiente marino, ingoiando con soddisfazione
un’enorme macchia di petrolio che rischiava di mettere a repentaglio
l’ecosistema. Nell’ora dell’estremo pericolo, l’Inghiottitutto si è risvegliato
e con ciò ha salvato il suo mondo. Qualcosa tuttavia resta non detto.
Precisamente, rimane oscura la fine stessa della grande manta; ora che si è resa
consapevole che l’abisso non è in realtà il mondo intero, ora che sa
dell’esistenza di altri luoghi e di altri cibi, ora che ha scoperto di poter
parlare e di poter quindi articolare significati propri, che ne sarà di lei?
Con tutta probabilità non potrà che tornare sul fondo del mare, per continuare
a nutrirsi di tutto ciò che fornisce. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Tuttavia, la consapevolezza, se pure non avrà liberato
l’Inghiottitutto dal suo mondo, l’avrà però certamente reso cosciente dello
scarto esistente tra sé e l’ambiente in cui vive e tra l’ambiente e l’intera
realtà. Così, sapendo dell’oltre che gli sfugge, egli perde il suo nome: non è
davvero tutto quello che inghiotte, ma uno spettro del Tutto; lui stesso non si
risolve in ciò che assimila, ma esistono facoltà nascoste che ora spingono per
emergere dal sottosuolo della personalità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<i><span style="font-size: large;">Fintanto che c’è coscienza critica, il congruismo non è
ancora realizzato.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><span class="Titolo2Carattere"><span style="line-height: 107%;">Autrice</span></span>: Maddalena Bisollo <a href="http://www.maddalenabisollo.com/">www.maddalenabisollo.com</a> <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<h2>
<span style="font-size: large;">Bibliografia<o:p></o:p></span></h2>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Anders G., <i>Die Antiquiertheit des Menschen Band II. Über
die Zertörung des Lebens im Zeitalter der dritten industriellen Revolution</i>,
München Nachdruck der 4, Verlag C.H. Beck, 1980; tr.it., <i>L’uomo è antiquato
II. Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale</i>,
Torino, Bollati Boringhieri, 1992.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">-, <i>Die Antiquiertheit des Menschen Band I: Über die Seele
in Zeitalter der zweiten industriellen Revolution</i>, München, Verlag C. H.
Beck’sche, 1956, tr.it. <i>L’uomo è antiquato 1: Considerazioni sull’anima
nell’epoca della seconda rivoluzione industriale</i>, Torino, Bollati
Boringhieri, 2003.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Debord G., <i>Commentaires sur la société du spectacle</i>,
Paris, G. Leibovici, 1988, tr.it. <i>Commentari sulla società dello spettacolo</i>,
Milano, SugarCo, 1991, p.89.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Fromm E., <i>Die<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Pathologie der Normalität</i>, 1991, tr.it. <i>I cosiddetti sani. La
patologia della normalità</i>, Milano, Mondadori, 1997<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Galimberti U., <i>Il corpo</i>, Milano, Feltrinelli, 1987
(undicesima ed. Universale Economica, 2002).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">- , <i>Psiche e techne</i>, Milano, Feltrinelli, 1999 (ed.
Universale Economica, 2002).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Ginn A., Il giorno in cui il mare diventò nero, ne La città
dei sottomarini perduti, ©1984.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Lasch C., <i>The Minimal Self. Psychic Survival in Troubled
Times</i>, New York, Norton, 1984, tr.it. <i>L’io minimo. La mentalità della
sopravvivenza in un’epoca di turbamenti</i>, Milano, Feltrinelli, 1985.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Perniola M., <i>Contro la comunicazione</i>, Torino,
Einaudi, 2004<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Platone, <i>Simposio</i>, tr.it. di Ezio Savino, <i>Simposio
</i>in Platone. <i>Simposio, Apologia di Socrate, Critone, Fedone</i>, Milano,
Mondatori, 1991.<o:p></o:p></span></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-61496758964614377342020-04-15T07:06:00.000-07:002020-04-16T01:12:37.697-07:00IL TRAMONTO DI NARCISO E LA SPERANZA CHE PARTE DAL CORPO. Di Maddalena Bisollo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9mIvIU-mjUxF30Dk5fLEN137tDWi26ggKsO950MWTR-F3udjuqrHKRS-wwl2lATkw93CqtN2mf0PkNKYhYT41EhYDyP_8QlowzePH7z6l77Hol8yge4OsPAXoQM-Aa7XAYSePeK-yjy2T/s1600/girl-1289411_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="930" data-original-width="1600" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9mIvIU-mjUxF30Dk5fLEN137tDWi26ggKsO950MWTR-F3udjuqrHKRS-wwl2lATkw93CqtN2mf0PkNKYhYT41EhYDyP_8QlowzePH7z6l77Hol8yge4OsPAXoQM-Aa7XAYSePeK-yjy2T/s320/girl-1289411_1920.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">"<i>Quanto più noi rappresentiamo l’uomo in maniera meccanica, tanto più lo vediamo sollevare libero la testa al di sopra del meccanismo</i>" (Binswanger, 1973)</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">“<i>Il modo con cui l’esistenza vive il proprio corpo rivela il modo con cui vive il mondo</i>” (Galimberti, 1987).</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’emergenza sanitaria ha determinato un <b>cambiamento della
nostra esperienza corporea</b>, non più principalmente esposta allo sguardo
dell’altro per trovare conferma estetica bensì sorvegliata dallo sguardo medico
per trovare rassicurazione della propria salute.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Certo, gli occhi dei nostri contatti e <i>follower</i> su
Facebook, Instagram, Snapchat o Tik Tok ci osservano ancora. Ma l’importanza
del loro riconoscimento tramite <i>like</i> è di secondaria rilevanza rispetto al
giudizio della scienza biomedica.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non guardiamo più a noi stessi e agli altri attraverso le
lenti privilegiate del “bello” e del “brutto” ma piuttosto attraverso quelle
del “sano” e del “malato”, oppure del “contagioso”. Al medesimo tempo, ci
sentiamo guardati così dagli altri, non più come persone che possono più o meno
piacere, ma come individui che possono ammalarsi, contagiarsi reciprocamente,
morire per un virus minaccioso e ancora perlopiù sconosciuto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Ciò di cui andiamo alla ricerca guardandoci allo specchio,
misurando la temperatura corporea, scrutando nelle nostre sensazioni interne,
non è tanto la luce della bellezza, bensì l’assenza opaca di sintomi
patologici.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Le parole rassicuranti di un medico che parla in tv sono assai
più preziose di un qualunque <i>like</i> o commento apposto sotto a una nostra
foto, scattata nel momento fugace di un poco convinto sorriso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Fare esperienza del nostro corpo è ancora tutto sommato un
fenomeno <i>ottico</i>, che cioè passa attraverso uno sguardo <i>altro</i>:
tuttavia, la qualità di questo guardare ed essere guardati è assai cambiata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non potremo in questo momento parlare più della nostra
società come di una società “narcisistica”, quale perlomeno era fino a pochi
mesi fa. Non stiamo infatti più nuotando nello stagno delle immagini e dei
<i>selfie </i>di Narciso – che ci confermavano di “esistere” grazie al riconoscimento estetico
– ma ci troviamo inchiodati al corpo e alla terra dall’<b>osservazione costante
della tecnomedicina</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Le immagini e i fantasmi di cui sono popolati i social
network rivelano pian piano la loro inconsistenza ovvero la propria incapacità
di farci <i>consistere</i>, di darci sostanza, di dirci che esistiamo sul serio.
Come l’acqua in cui si specchiava Narciso, riflettendo un’immagine
inafferrabile, così le nostre foto, cui prima affidavamo tanta parte del nostro
Sé, oggi mostrano tutta la propria liquida sfuggevolezza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Potremmo anche dire che oggi il corpo ci è diventato più
presente, che ne sentiamo maggiormente l’ingombro, ma su questo punto occorre
fare attenzione. Ciò che si è fatto più presente infatti non è propriamente il
corpo in se stesso, ma <i>un certo sguardo</i> su di esso, che lo rende sì più
prossimo all’organismo e al suo spessore, rispetto all’immagine e alla sua
trasparenza, ma che al tempo stesso rivela solo un particolare aspetto
dell’essere corporei.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Chissà poi se qualcuno ha notato il <b>cambiamento repentino
anche della <i>pubblicità</i></b> trasmessa dalla televisione e dal web: non
più pervasa tanto di immagini di un corpo femminile stereotipato e ridotto a
merce se-ducente per indurre al consumo, quanto piuttosto costellata di
prodotti per la pulizia, cui fanno da contorno mani e corpi perfettamente
igienizzati. Come se un nuovo tipo di pornografia stesse facendo capolino, non
più giocata sull’evocazione della sessualità e del corpo di piacere, ma
sull’igiene e sul corpo pulito (dal latino “polire”, pulire, levigare; pulito è
ciò da cui è rimosso tutto ciò che è sporco e in grado di sporcare).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><i>Il nostro modo di guardare a noi stessi agli altri è
sempre meno orientato all’estetica e all’erotismo e sempre di più alla scienza
biomedica</i>. Resta comunque uno sguardo “da fuori” destinato a mantenerci
estranei a noi stessi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Anche lo sguardo medico, come quello di Narciso, è </b>infatti<b>
a suo modo <i>espropriante</i></b>. Innanzitutto, la medicina e l’anatomia
guardano al corpo come a un oggetto, composto di pelle, muscoli, ossa, organi
interni. Tale corpo è quello che la fenomenologia ha definito come <i>K</i><i><span style="mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ö</span>rper</i>,
il corpo-cosa o il corpo-macchina, che si può scomporre in parti anatomiche, e
che perciò si distingue dal <i>Leib</i>, dal corpo che vive, non oggetto ma
soggetto che proietta le sue azioni e i suoi significati nel mondo, configurandosi
come inscindibile unità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La scienza non è in grado di cogliere il corpo quale è per
noi, il <i>Leib</i>, il corpo vivente, che Merleau-Ponty definiva come “il
movimento stesso d’espressione, ciò che proietta all’esterno i significati
assegnando ad essi un luogo, ciò grazie a cui questi significati si mettono ad
esistere come cose, sotto le nostre mani, sotto i nostri occhi”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Vivere nello sguardo di un altro, come ci ha insegnato
Sartre, è sempre un Inferno. In questa situazione manchiamo di libertà e di un
vero contatto con noi stessi: esistiamo solo nello specchio che altri ci
rimanda. Sia esso <i>follower</i> oppure medico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Solo quando spegniamo il computer e lo smartphone e
smettiamo di pensare alla drammaticità della pandemia, quando ci facciamo
assorbire dalle nostre relazioni con i nostri cari oppure da una lettura o
dall’apparecchiare il pranzo, ecco che il nostro corpo semplicemente <i>lo
siamo</i>, assorbiti dalle nostre attività, dimentichi per qualche tempo di
“essere osservati” o di osservarci secondo parametri esterni. Solo in questi
frangenti l’imperativo estetico così come quello medico viene sospeso e in
questa sospensione ci è finalmente dato di aderire alla nostra corporeità in
modo non oggettivante e spersonalizzante, ma soggettivo e personale. Siamo <i>Leib</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’adesione al proprio corpo è ciò che mancava a Narciso, che
per tutta la vita vide se stesso attraverso gli occhi degli altri e poi nella sua
immagine riflessa nell’acqua. È anche ciò che ci manca se guardiamo al corpo
come se fosse il modellino anatomico che usa lo scienziato nel suo laboratorio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il corpo-per-altri, come ha ben messo in evidenza Sartre, è
una struttura ontologica del Sé, ineliminabile. Come tale ha certamente anche
una valenza positiva e protettiva. Curare il proprio aspetto e attendere un
sorriso compiaciuto dal partner è del tutto naturale e anche rivitalizzante.
Desiderare la salute e prendersi cura del proprio corpo, lo stesso. Del resto,
se la scienza non avesse ridotto il corpo a organismo con tutta probabilità
oggi non potremmo godere degli indubitabili vantaggi della moderna medicina.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Cionondimeno, il corpo-per-altri è solo <i>una</i>
dimensione della corporeità, uno solo dei modi in cui possiamo essere corpo. Lo
sbilanciamento netto su questo versante, non può che destabilizzare la nostra
presenza nel mondo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Quando il corpo non è in equilibrio o, </b>come ci dice
Stanghellini,<b> in una “proporzione cenestesica”, il rischio è di precipitare
in forme di esistenza alienanti, infelici o perfino patologiche</b> (2020).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Dare una rilevanza sproporzionata allo sguardo altrui,
significa consegnarsi all’espropriazione di sé, senza riuscire più a trovare un
contatto con il proprio sentire, con le proprie emozioni, senza più riuscire a
stare bene “nella propria pelle” e senza riuscire neppure ad avere un contatto
profondo con l’altro-che-mi-guarda, il quale perde la capacità di essere
l’altro-con-cui-sono.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Se mi trovo sbilanciato tutto nello sguardo dell’altro, solo
il suo giudizio, il suo punto di vista, le sue parole, il suo riconoscimento
avranno un valore per me. Io mi perdo, perché smarrisco la capacità di ascoltare
me stesso, di sentirmi profondamente, di entrare in risonanza con i miei veri
bisogni e con le emozioni che provengono dal corpo-qui-dentro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Senza proporzione cenestesica il corpo si contrae in una
sola delle sue molteplici figure e con ciò minaccia la stessa possibilità di
entrare in relazione con gli altri in modo equilibrato, senza considerarli
semplicemente come dei <i>follower</i> da cui ottenere un <i>like</i> o come
individui che confermano o minacciano il mio stato di salute.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Oggi sovente ci guardiamo gli uni gli altri come possibili
veicoli di contagio, come organismi malati e minacciosi. Ci scrutiamo come ci
ha insegnato a fare la scienza. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Prevale oggi, come ho già avuto modo di rilevare, una
reciproca forma di <i>disgusto</i>, per la quale i rapporti con gli altri sono
vissuti all’insegna della diffidenza e della paura di venire contaminati,
attraverso i contatti con i corpi e le loro secrezioni. Un’atmosfera emotiva
solo in parte ragionevolmente orientata alla protezione della nostra salute e
assai esposta al pericolo dell’invadenza in ogni aspetto della nostra vita,
compresa l’intimità degli affetti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Un tempo, lo sguardo della tecnomedicina si posava su di noi
principalmente, strappandoci a Narciso, nel momento della malattia e quindi con
il sopraggiungere del dolore.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il <b>dolore</b> è un’esperienza corporea del tutto
particolare, che ci richiama immediatamente a “sentire il corpo”. Se fino a
qualche istante prima svolgevamo le nostre attività senza far caso al fatto di essere
fatti di carne e di ossa, improvvisamente un dolore al braccio o alla gamba ci
ferma e ci obbliga ad avvertire che “stiamo male”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Nell’attimo del dolore, siamo assorbiti dal nostro corpo;
cessiamo le attività, smettiamo di proiettarci in direzione del mondo
circostante e siamo catturati presso-di-noi. Siamo allora in coincidenza con il
corpo, scoprendo, come diceva Sartre la “qualità cenestesica” della nostra
esistenza. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Accade poi che questo dolore che avvertiamo, lo trasformiamo
in un “male”. Ovvero cominciamo a considerarlo come se fosse qualcosa di
oggettivo: non lo sentiamo più, semplicemente, ma lo pensiamo, ne scrutiamo il
ritmo e l’andamento.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“C’è un animismo del male: si dà come un essere vivente che
ha una sua forma, una sua durata, le sue abitudini” (Ivi).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Da questo primo distacco riflessivo sul nostro star male,
passiamo ben presto a guardare a noi stessi secondo l’osservazione del medico.
Qui il male diventa <i>malattia</i>, con una precisa causa e una precisa sede
anatomica: interviene la diagnosi e viene impostata una terapia, cui è
necessario attenersi per guarire. Qui è l’espropriazione del nostro corpo quale
è per noi in una dimensione cenestesica, verso la predominanza del corpo come
organismo. Oppure, il che è lo stesso, si tratta dell’espropriazione del dolore
quale è vissuto e sentito in prima persona, verso il dolore quale è osservato e
“trattato” dalla medicina.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La medicina non può mai cogliere né comprendere il dolore
quale è per il malato, ma solo quale appare per l’organismo. Il medico può
comprendere il malato appunto solo modificando lo sguardo che gli rivolge,
guardando alla sua umanità e non più soltanto alla sua anatomia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il corpo-cosa che la scienza descrive ogni volta che parla
dell’organismo e delle sue funzioni, coglie quindi solo una parte della nostra
corporeità: in esso non possiamo mai totalmente riconoscerci, perché non <i>ci</i>
esprime, non coglie il nostro vivere come corpi-nel-mondo, le nostre
attitudini, i desideri, i progetti né le sofferenze quali sono appunto <i>per
noi</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Tuttavia, è proprio questo sguardo de-soggettivante ed
espropriante che oggi perlopiù ci rivogliamo gli uni gli altri.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Pure sani, oggi siamo tutti malati. Isolati nelle nostre
case, potenzialmente contagiosi gli uni per gli altri. Sempre all’erta e
attenti ai dati trasmessi dai media in merito alla diffusione di un virus
invisibile; raggiunti attraverso i telegiornali da immagini di malattia, di
sale d’ospedale, di morte e di lutto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il nostro corpo lo osserviamo in cerca di sintomi e così
facciamo con i corpi altrui. Il mondo appare popolato da tanti organismi, sfacciatamente
nudi, nonostante guanti e mascherine, la cui biologia è in bella mostra. <b>Uno
spettacolo o-sceno</b>, in cui il corpo è “messo in scena”, secondo regole di
un gioco che lo fanno più nudo di quel che non sia, nudo della nudità perversa
dalla scienza anatomica che lo tratta come organismo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">A quanto pare non siamo riusciti a cogliere le potenzialità
inscritte nell’agonia di Narciso, dischiuse da un cambiamento di paradigma
esistenziale cui ci ha esposti l’emergenza. Nella fretta di delegare alla
scienza e alla medicina il compito di assorbire la nostra angoscia di fronte
alla possibilità di ammalarci e di morire, abbiamo saltato con un balzo
l’esperienza originaria del dolore, abbiamo tralasciato l’ascolto cenestesico
della nostra carne.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Ci siamo lasciati ridurre a solo organismo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Ma l’errore può essere riconosciuto</b> e può essere
colta un’altra opzione. Specialmente ora che la scienza rivela il suo carattere
ipotetico e spesso contraddittorio e specialmente nel momento in cui i
provvedimenti presi sui nostri corpi, secondo il parere della scienza e con il
beneplacito della politica, appaiono poco rispettosi dell’intimità corporea o
potremmo anche ammettere “inumani”, può farsi strada la possibilità di un
maggiore equilibrio cenestesico. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In-umano è l’isolamento perché l’uomo si definisce
innanzitutto, secondo la definizione di Aristotele, come animale sociale.
In-umano è il divieto di poter accudire i propri cari nel momento della malattia
o della morte. In-umano non stringersi, non abbracciarsi, non fare l’amore.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non sto affermando, naturalmente, che oggi non esista
pericolo di contagio, né che non sia necessario proteggere se stessi e gli
altri, dato il pericolo di contrarre un virus potenzialmente mortale. Un
atteggiamento, questo, del tutto consapevole e ragionevole, in tempo di
coronavirus o meno.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">D’altra parte, l’esasperazione dei provvedimenti pre-ventivi
in tempo d’emergenza, contiene innegabilmente un grado elevato di in-umanità, che
si può certo sopportare – sperando che la sopportazione sia di breve durata –
ma che non può ugualmente apparire ad alcuno come rispettoso dei nostri più
intimi bisogni e della libera espressione dei nostri corpi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">Ove è la dittatura dell’organismo, non può esservi la
felicità del corpo.<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><i>Eu-daimonia</i>, il buon demone, è la felicità secondo i
greci, intesa come fiorire della nostra umanità, perseguibile solo nell’ascolto
del demone che abita in noi. Senza l’ascolto del corpo-qui-dentro e senza intimità
con il corpo d’altri, non si dà incontro col demone né fioritura.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il corpo-cosa della biologia non è naturalmente un errore in
sé, ma è un modo particolare di vivere il corpo. Il <a href="https://www.blogger.com/u/1/null" name="_Hlk37841389"><i>K</i></a><span style="mso-bookmark: _Hlk37841389;"><i><span style="mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ö</span>rper</i> </span>non è il corpo che
sono, ma il corpo che vedo e che è visto, è il corpo esperito come <i>estraneità</i>.
“L’errore” come sostiene Galimberti “nasce quando si riduce la <i>presenza</i>
al modo con cui le cose si presentano quando sono focalizzate dal pensiero
scientifico, quando <i>un modo</i> dell’apparire diventa la totalità
dell’apparire, il senso ultimo di ogni fatto, lo statuto dell’essere” (1987).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Oggi possiamo osservare come il corpo della biologia non
possa dar conto del nostro vissuto emotivo di fronte alle modificazioni del
mondo, delle relazioni, delle abitudini. Le emozioni ci mettono a nudo. Per
comprenderne il significato non possiamo riferirci alle categorie
psicofisiologiche della scienza, poiché esse sono l’esperienza stessa della
nostra vulnerabilità che viviamo nel corpo-qui-dentro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“Nell’emozione è la presenza che si spezza, che non riesce
più a riordinare le idee e le immagini che si affollano alla rinfusa, mentre
una respirazione affannata e mozza più non trattiene le membra che si affidano
a gesti sempre più scoordinati” (Ivi, p.303).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">L’emozione per eccellenza è l’angoscia, un sentimento senza
un oggetto determinato, che a differenza della paura non identifica una precisa
minaccia ma si trattiene in una dimensione indeterminata di spaesamento.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">S-paesati, senza più il paesaggio cui eravamo abituati, e
angosciati, sentiamo il richiamo della carne, ossia di un’adesione diversa al
nostro corpo, per cui esso non è più un organismo da guardare con sospetto ma
la carne sensibile, fragile, vibrante di bisogni e di emozioni che noi siamo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Nell’angoscia, vi è il maggiore pericolo ma anche la più grande
speranza</b>, parafrasando un celebre verso di Hölderlin.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il pericolo è dato dalla possibilità che qualcuno di noi
precipiti da uno sbilanciamento sul piano dell’organismo, a uno sbilanciamento
sul piano della carne. Chi è tutto aderente alla propria pelle, concentrato sul
proprio sentire, rischia di rimanervi invischiato, come il fobico che non
riesce più a prendere distanza dalla propria paura, la quale diventa impermeabile
a ogni rassicurazione esterna, di cui pure va costantemente alla ricerca.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Nell’ipocondria, l’angoscia si paralizza nel sentire
pervasivo e costante di essere malati. Nell’ansia sociale, diventa invece
paralisi di fronte all’altro, vissuto come perenne minaccia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Ma se non ci facciamo sopraffare dal turbamento, si
dischiude per noi una possibile via d’uscita, un’indicazione per trovare
finalmente la nostra “proporzione cenestesica”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Per farlo, è
necessario accettare la sfida del corpo che solo può sottrarsi “alla
speculazione, rifiutandosi, nell’opacità della sua carne, di riflettere i
valori che vivono esclusivamente della vita che gli hanno confiscato” (Galimberti,
1987, p.576).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">In tempo di emergenza è più che mai vero quanto già
affermato da Foucault e Baudrillard, ovvero che il sistema di codici che
imprigionano il corpo è destinato a saltare e anzi è forse già saltato, se è
vero che <i>“le prigioni non hanno più senso perché tutta la città è
imprigionata, gli ospedali non reggono più perché tutta la città è ammalata, i
manicomi non hanno più ragion d’essere perché tutta la città è impazzita, la
scuola non funziona più perché tutta la città è ammaestrata, i cimiteri vanno
scomparendo perché tutta la città è morta”</i> (Ivi).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Le briglie della scienza e del potere, che intrappolano il
corpo nelle descrizioni disgiuntive libertà/reclusione, salute/malattia,
ragione/follia, cultura/ignoranza, vita/morte, non tengono più laddove la carne
e il suo turbamento ci rendano consapevoli della propria eccedenza rispetto a
rigide ed esproprianti sovrastrutture.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>L’es-pressione del corpo contro la re-pressione del
sistema</b>: questa è la via della salvezza, nata al tramonto di Narciso. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il mito greco racconta, che quando il bel giovane innamorato
della propria immagine riflessa si chinò su di essa per afferrarla, cadde e annegò
nell’acqua di uno stagno. In seguito, spuntarono tutt’intorno dei fiori colorati
e profumati, che da lui presero il nome. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Possa dunque il nostro corpo rinascere a se stesso come un
bel fiore sulla tomba di Narciso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Autrice</b>: Maddalena Bisollo <a href="http://www.maddalenabisollo.com/">www.maddalenabisollo.com</a> </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Binswanger L., F<i>reud Auffassung des Menschen im Lichte der Anthropologie</i> (1936), in <i>Being in the World</i>, 1963, vol.I; trad.it, <i>La concezione dell’uomo in Freud alla luce dell’antropologia</i>, in <i>Essere nel mondo</i>, Roma, Astrolabio, 1973</span><br />
<span style="font-size: large;">Bisollo M., <i>J.P.Sartre e il problema del corpo vissuto</i>, Albatros Editore, 2010.</span><br />
<span style="font-size: large;">Galimberti U., <i>Psichiatria e fenomenologia</i>, Milano,
Feltrinelli, 1979 (ed. ampliata 1999).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Galimberti U., <i>Il corpo</i>, Milano, Feltrinelli, 1987
(undicesima ed. Universale Economica, 2002).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Merleau-Ponty M., <i>Phénoménologie de la perception</i>,
Paris, Gallimard, 1945; trad.it. di A.Bonomi, <i>Fenomenologia della percezione</i>,
Milano, Il Saggiatore, 1965.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Sartre J.P., <i>L’Être et le Néant. Essai d’ontologie
phénoménologique</i>, Paris, Gallimard, 1943; <i>L’Essere e il Nulla. La
condizione umana secondo l’esistenzialismo</i>, trad.it di Giuseppe del Bo,
Milano, Il Saggiatore, edizione Net, settembre 2002.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Stanghellini G., <i>Selfie. Sentirsi nello sguardo dell’altro</i>,
Feltrinelli, Milano, 2020.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-3053997282795767942020-04-13T05:09:00.002-07:002020-04-16T01:13:33.649-07:00Dire, Filoso-Fare, Brasare. Il Menù ideale di Nietzsche a Torino. Luca Nave<br />
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<img alt="Nietzsche pianista e compositore | Doppiozero" height="320" src="https://www.doppiozero.com/sites/default/files/styles/nodo767x/public/maxresdefault_39.jpg?itok=YEKamskt" width="251" /></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="color: #111111; font-size: large; line-height: 115%;">Dal
21 settembre 1888 al 9 gennaio 1889, <span style="border: 1pt none; padding: 0cm;">Friedrich Nietzsche visse a Torino,
in via Carlo Alberto 6</span>, al quarto piano. Qui per trenta lire al mese aveva
affittato una camera da Davide e Candida Fino, gestori del negozio di giornali
in <span style="border: 1pt none; padding: 0cm;">Piazza Carlo Alberto</span>. I padroni di casa hanno messo a sua disposizione un pianoforte anche se, secondo le testimonianze, disturbava i vicini di casa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="color: #111111; font-size: large; line-height: 115%;">Il
soggiorno di Nietzsche a Torino è legata alla storia o al “mito” <span style="border: none windowtext 1.0pt; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">del cavallo</span>, che secondo alcuni segna <span style="border: none windowtext 1.0pt; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">il momento del suo collasso mentale. Si </span>racconta come il 3
gennaio 1889 il filosofo, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare
violentemente il suo cavallo. Nietzsche, sconvolto da questa immotivata
ferocia, corse a fermare l’uomo e, con le lacrime agli occhi, <span style="border: none windowtext 1.0pt; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">iniziò ad abbracciare e baciare il cavallo</span>. Il filosofo fu
riaccompagnato nella sua camera mentre urlava di essere “Dioniso” o “Gesù
Crocifisso”. Non si sa se questa storia è vera, è certo però che quel giorno <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nietzsche svenne in Piazza
Carlo Alberto e che da allora iniziò a scrivere i cosiddetti <span style="border: none windowtext 1.0pt; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">“biglietti della follia”</span> e le lettere in cui si firmava
come “Dioniso” o “il Crocifisso”. Il 9 gennaio, l’amico Franz Overbeck giunse
a Torino per portare Nietzsche <span style="border: none windowtext 1.0pt; mso-border-alt: none windowtext 0cm; padding: 0cm;">in una clinica psichiatrica a
Basilea</span>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="color: #111111; font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="color: #111111; font-size: large; line-height: 115%;"><img alt="nietzsche a torino | "Senza musica, la vita sarebbe un error… | Flickr" height="400" src="https://live.staticflickr.com/1038/1030173781_32ab540d4e_b.jpg" width="300" /> </span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="color: #111111; font-size: large; line-height: 115%;">Così Torino ricorda Nietzsche.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Durante il suo soggiorno a Torino, Nietzsche
ha mangiato in diverse trattorie ma la sua preferita era “La Pace”, in via
Rossini 1. La trattoria si è poi trasferita in via Galliari. Da qualche anno è un ristorante messicano. </span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"> In una lettera a Overbeck la chiama “<i>la mia trattoria</i>” dove cucina “<i>il
mio cuoco</i>”. Qui “<i>mi servono i cibi più prelibati, preparati in modo
raffinatissimo, il che è un gran bene per il mio stomaco […] e i miei camerieri
sono splendidi per cortesia e disponibilità. Pago appena un franco e 15 per
ogni pasto […] e ricevo un’abbondantissima porzione di minestra, in brodo o
asciutta: ampia la scelta e la varietà, e paste italiane tutte di prima qualità
(solo qui ho imparato a conoscere le grandi differenze!)"</i>. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Cosa mangiava Nietzsche a "La Pace" di Torino? Vi
proponiamo le ricette di un menù di piatti che Nietzsche nelle sue lettere scriveva di
adorare. </span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><b>Primo piatto: a</b></span><b>gnolotti ripieni di seirass cotti
nel fieno</b></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><b>
Ingredienti</b> </span>per la pasta: 500 g farina 00</span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">
250 g farina di grano duro<br />
25 tuorli d'uovo<br />
20 g sale fino<br />
un filo d'olio extravergine<br />
Ingredienti per il ripieno: 1 seirass fresco<br />
2 uova intere<br />
20 g sale<br />
50 g parmigiano grattuggiato<br />
15 g timo serpillo sfogliato<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>Procedimento</b>: Preparare un
impasto diretto con gli ingredienti della pasta e lasciarla riposare per una
mezz'ora circa. Passare la ricotta al setaccio (seirass) e unirle tutti gli
altri ingredienti. Stendere la pasta a fogli sottili e con l'aiuto di un <i>sac
a poche</i> con bocchetta liscia piccola formare delle palline su un lato della
pasta , girarla su se stessa e pizzicarla fra una pallina di ripieno e l'altra,
tagliare gli agnolotti con una rotella dentellata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Racchiudere del fieno di primo taglio
in un canovaccio e tuffarlo nella pentola dove cuoceremo gli agnolotti, al
momento di buttare la pasta togliere il canovaccio e ottenere dei nidi
all'interno dei quali serviremo gli agnolotti. Scolare gli agnolotti dall'acqua
e saltarli in padella con parmigiano, burro e timo serpillo tritato e porli al
centro del nido. Si può ricoprire con lamelle di tartufo bianco d'Alba.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><img alt="Ricetta Agnolotti del plin di Seirass al timo serpillo cotti nel ..." height="270" src="https://reportergourmet.com/files/2016/11/ristorante-la-ciau-del-tornavento-copertina-970.jpg" width="400" /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Tra i secondi piatti di carne, il
prediletto di Nietzsche era il Brasato di manzo, “un eccellente pezzo di carne
tenerissima […] come non avevo mai mangiato in nessuna parte del mondo,
accompagnato da verdure, spinaci ecc., e per chi li ama i grissini, dei
sottilissimi bastoncini di pane che a Torino piacciono molto”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Signore e signori, ecco allora la
ricetta di Sua Maestà “Il Brasato al Barolo”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<b><span style="font-size: large;">Secondo piatto: Brasato al Barolo</span></b></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>Ingredienti</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">800 gr di Polpa di manzo Cappello del
Prete<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">400 gr di Barolo (oppure altro vino
rosso come Barbera, Nebbiolo, Barbaresco)<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">1 cipolla grande bianca<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">2 carote medie<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">1 costa grande di sedano<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">4 cucchiai di olio extravergine<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">1 cucchiaino colmo di burro<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">3 <a href="https://amzn.to/36q1iuN"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">chiodi di garofano</span></a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">3 foglie di alloro<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">1 cucchiaio di farina<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Sale<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>Procedimento </b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Lavare le carote, grattate via la
parte esterna e tagliatele a cubetti. Affettare a cubetti anche la costa di
sedano, precedentemente lavata e infine affettare la cipolla a rondelle sottili
dopo averla sbucciata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Marinare la carne senza legatura per
8 – 10 ore con il vino e le verdure a pezzetti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Legare la carne con uno spago e
adagiarla nella pentola di cottura con l’olio, il burro e lasciare <strong><span style="font-family: "calibri" , sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">rosolare a fuoco moderato</span></strong> per
almeno 3 minuti per parte. Si deve formare una crosticina croccante e
dorata su tutti i lati. Quando la carne è ben rosolata, aggiungete le
verdure, i chiodi di garofano e l’alloro. Rosolare a fuoco moderato per 3
minuti circa, girando di tanto in tanto, fino a quando le verdure non si
saranno insaporite e leggermente appassite.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Infine aggiungete lentamente il<strong><span style="font-family: "calibri" , sans-serif; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"> barolo</span></strong>, oppure il vino
scelto, in modo che in pentola non perda il bollore. Lasciare sfumare il vino a
fiamma moderata, prima di abbassare la fiamma e coprire. A questo punto potrete
regolare di sale e coprire fino a metà la carne con la sua marinatura. Portare
a bollore e poi chiudete con il coperchio, abbassate la fiamma e lasciate cuocere
per circa 3 h e mezzo (dipende dal tipo di carne) girando di tanto in
tanto la carne.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Una volta cotto il brasato toglierlo dalla
pentola e metterlo da parte su un piatto coprendo con il coperchio. Poi
eliminate gli aromi prima di frullare con il mixer ad immersione le
verdure e il fondo di cottura. Nel frattempo affettate la carne e disponete nel
piatto da portata; nappate le fette con la salsa. <o:p></o:p></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://www.tavolartegusto.it/wp/wp-content/uploads/2019/12/Brasato-Ricetta-Brasato-al-barolo-1280x720.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: large;"><img alt="Brasato al barolo: la Ricetta originale come fare il Brasato ..." border="0" height="225" src="https://www.tavolartegusto.it/wp/wp-content/uploads/2019/12/Brasato-Ricetta-Brasato-al-barolo-1280x720.jpg" width="400" /></span></a></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Goloso di frutta e dolci, Nietzsche chiedeva
i suoi pasti con i<i> Pruss martin</i>, le piccole pere piemontesi anche loro cotte
nel più nobile dei vini del territorio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>Il Dessert: Pere Martine al Barolo</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><b>Ingredienti</b></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">8-10 pere martine<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">100 g di zucchero<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">1/2 l di Barolo<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">4 <a href="http://wiki.cucchiaio.it/wiki/chiodi-di-garofano/" target="_blank" title="Chiodi di garofano"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">chiodi di garofano</span></a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">la buccia di 1 <a href="http://wiki.cucchiaio.it/wiki/limone/" target="_blank" title="Limone"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">limone</span></a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><a href="https://www.blogger.com/u/1/null"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">Salva nella
lista della spesa</span></a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><a href="https://www.blogger.com/u/1/null"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">Vai alla
lista della spesa</span></a><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>Procedimento</b><br />
Sbucciate le pere lasciando il picciolo, sistematele in una casseruola in modo
che l’una sorregga l’altra, caso mai aggiungetene una o due. Cospargetele di
zucchero, unite i chiodi di garofano e la buccia di limone, versate il vino, un
bicchiere d’acqua e coprite. Cuocete a fuoco dolce per un’ora e anche più.
Quando le pere sono diventate morbide toglietele dal recipiente, allineatele in
un piatto da portata. Fate addensare il sugo di cottura, poi con un cucchiaio
versatelo sopra le pere in modo che restino velate dallo sciroppo. Lasciatele
raffreddare e servite.<br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><img alt="Pere Martin Sec al vino rosso - Il Folletto Panettiere" height="300" src="https://blog.giallozafferano.it/follettopanettiere/wp-content/uploads/2020/02/Pere-martin-sec-orizzontale.jpg" width="400" /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b><br /></b></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><b>“Diffido dei pensieri nati da un
animo depresso e da viscere in disordine”.</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Nel 1888, quando Nietzsche non era in
trattoria o in uno dei Caffè torinesi che amava tanto, era intento a scrivere <i>Ecce
homo. Come si diventa ciò che si è</i>, l’opera <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Autobiografia" title="Autobiografia"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">autobiografica</span></a>
che tra <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito_dionisiaco" title="Spirito dionisiaco"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">spirito dionisiaco</span></a> e <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Nichilismo_passivo" title="Nichilismo passivo"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">nichilismo passivo</span></a> intende scardinare la
mentalità più prettamente puritana dell'Europa di quel periodo. Dai più considerata
come opera di un <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Follia" title="Follia"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">folle</span></a>, ebbe tra i suoi estimatori <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sigmund_Freud" title="Sigmund Freud"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">Sigmund Freud</span></a>,
che esortò i suoi colleghi, in una delle riunioni della neonata società
di <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia" title="Psicologia"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">Psicologia</span></a>,
a non trascurarlo e a vederne la profonda e sconvolgente lucidità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Forse non è casuale che questa opera sia
stata scritta a Torino. Leggiamo: <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><i>“«Dio», «immortalità dell’anima»,
«redenzione», «al di là», son tutti concetti cui non ho mai badato, mai sacrificato
il mio tempo, nemmeno da bambino; […]. Tutt’altro interesse ha invece per
me il problema da cui dipende «la salute dell’umanità» ben più che da qualunque
curiosità teologica: il problema della nutrizione. Praticamente, lo si può
formulare così: «come ti devi nutrire tu per arrivare al tuo massimo
di forza, di virtù nel significato che dava alla parola il
Rinascimento, di virtù libera da morale?» <o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><i>Le mie esperienze in questo campo
sono pessime: mi meraviglio di essermi posto così tardi questo problema, di
aver fatto così tardi tesoro di queste esperienze. Soltanto l’assoluta bassezza
della nostra cultura tedesca — il suo «idealismo» — mi spiega fino a un certo
segno perchè proprio in questa materia ero rimasto indietro a un punto che confinava
con la santità. […] <o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><i>In realtà, fino a’ miei anni più
maturi ho mangiato sempre soltanto male, parlando dal punto di vista
morale «impersonalmente», «disinteressatamente», «altruisticamente», a maggior
beneficio dei cuochi e del mio prossimo. Per esempio, io rinnegai in grazia
della cucina di Lipsia insieme col mio primo studio su <a href="https://it.wikisource.org/wiki/Autore:Arthur_Schopenhauer" title="Autore:Arthur Schopenhauer"><span style="color: windowtext; text-decoration: none; text-underline: none;">Schopenhauer</span></a> (1865) anche, e molto
seriamente, la mia «volontà di vivere». Guastarsi lo stomaco allo scopo di
procurarsi un nutrimento insufficente: mi pareva che la suddetta cucina avesse
risolto a meraviglia questo problema. (Si dice che col 1866 si sia cambiata di
molto). Ma la cucina tedesca, in generale, quanti peccati non ha sulla
coscienza!<o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><i>La zuppa avanti il pranzo
(uso detto «alla tedesca» già in libri da cucina veneziani del secolo XVI); la
carne troppo cotta, i legumi cotti con troppo grasso e troppa farina; i
dolci pesanti al punto che potrebbero servire da fermacarte! Se a ciò
s’aggiunge il bisogno a dirittura bestiale dei vecchi tedeschi, e non dei vecchi soltanto,
di bere dopo i pasti, si capirà anche donde proviene lo spirito tedesco: dai
visceri sconvolti..... Lo spirito tedesco è un'indigestione, non arriva mai a
fondo di nessuna cosa. Ma anche il regime inglese che confrontato col tedesco e
col francese è una specie di «ritorno alla natura», cioè al cannibalismo,
ripugna profondamente al mio istinto: mi sembra ch’esso dia allo spirito dei
piedi pesanti, piedi da donna inglese... La miglior cucina è quella
del Piemonte" </i>(1969, p. 34)<i>.</i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Gli agnolotti, il brasato, le pere
cotte nel vino e gli altri piatti della cucina piemontese hanno rinfrancato il
suo spirito, la sua voglia di vivere e di pensare elevati pensieri per quelle “cose
basse, disprezzate da sempre dai filosofi e lasciate in disparte che attraggono
il corpo, come il cibo e l’aria buona”. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Non so se senza gli agnolotti, il
brasato e le pere cotte avremmo potuto leggere <i>Ecce Homo</i>, ciò che so è
che se provate a fare queste ricette e vi riescono proverete lo spirito
dionisiaco che Nietzsche descrive nei suoi testi.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Provare per credere. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><img alt="Curiosità, aforismi per l'anima Tutte le vite meritano RISPETTO..." height="156" src="https://www.quilecasepiubelle.net/curiosita/curiosita-il-blog.jpg" width="400" /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;">Alcune riunioni che hanno accompagnato la nascita di <a href="http://www.pragmasociety.org/" target="_blank">Pragma</a>, la società dei Professionisti delle Pratiche Filosofiche di cui sono Presidente, si sono tenute alla Trattoria "La Pace" di Via Cagliari a Torino. Anche in questo caso la buona cucina piemontese proposta dagli amici Leo, Vito e Francesca si è rivelata una buona alleata per la nostra filosofia. </span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://s3-media1.fl.yelpcdn.com/bphoto/CItL4M1lRG1h4W2PCmPMHg/ls.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: large;"><img alt="La Pace - Italian - Via Galliari Bernardino 22, Torino, Italy ..." border="0" src="https://s3-media1.fl.yelpcdn.com/bphoto/CItL4M1lRG1h4W2PCmPMHg/ls.jpg" /></span></a></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><o:p><b> Per approfondimento</b></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: center;">
<span style="font-size: large; line-height: 115%;"><o:p><img alt="Gli Ossibuchi Di Nietzsche - Chicco Vitzizzai Elisabetta | Libro ..." height="320" src="https://copertine.hoepli.it/hoepli/xxl/978/8865/9788865800768.jpg" width="208" /> <img alt="Ecce Homo | Friedrich Nietzsche - Adelphi Edizioni" height="320" src="https://media.adelphi.it/spool/4f37a80bf256af241ce642f82c7f2a4d_w_h_mw600_mh900_cs_cx_cy.jpg" width="189" /></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="line-height: 115%; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-35112321256829617142020-04-09T02:28:00.000-07:002020-04-09T03:26:35.176-07:00I PITAGORICI. ASTENSIONI CARNALI. La Filosofia in Cucina di Giovanna Borrello<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIJhDPg5vSvC6yEdEinDIuvHfn1nxZEi1oZ9nJmgZSLpls10iQ3PHzMBUl7GKcTWJL7I3-w7Bf35bxOC7eSGzFHymcL5yKEubJr61ZbUmKQrp-JmVrrFP-CIn88EcW8ccxA0Ro_e2cdf_B/s1600/beans-3440415_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="961" data-original-width="1600" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIJhDPg5vSvC6yEdEinDIuvHfn1nxZEi1oZ9nJmgZSLpls10iQ3PHzMBUl7GKcTWJL7I3-w7Bf35bxOC7eSGzFHymcL5yKEubJr61ZbUmKQrp-JmVrrFP-CIn88EcW8ccxA0Ro_e2cdf_B/s320/beans-3440415_1920.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Ho scelto come prima ricetta, una ricetta abbinata ad una “scuola
filosofica”, per richiamare l’ attenzione del<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>lettore<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sul legame della
Scuola-Pragma e della Scuola- Metis con le più antiche scuole filosofiche
greche. <o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">È tratta dal libro: G. Borrello, P. Schiano , “</span></i><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">La Mente a banchetto”</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ed. Tempolungo , 1996 (Cap.
“</span></i><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">As-saggini di
filosofia greca”</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">)<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt;">I Pitagorici non solo
rappresentano una importante scuola di pensiero ma costituiscono una sorta di
primitiva “Massoneria” filosofica.</span><br />
<span style="font-size: 11pt; text-align: justify;">Le discussioni filosofiche-scientifiche, che
ponevano come fondamento di tutte le cose i numeri e</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 11.0pt;">non
più gli elementi naturali come l’acqua, il fuoco e l’<i>apeiron</i>, si
svolgevano rispettando un rigido ri-tu</span><span style="font-size: 11pt;">ale
standardizzato il quale per molti diveniva anche regola di vita.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt;">Non solo mettevano in comune i propri beni
ma si riconoscevano anche attraverso segni segreti. Osservavano anche
particolari norme circa modi di vestire e di mangiare. A questo riguardo la
regola vietava di cibarsi di carni e di fave.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt;">Era quindi quella dei pitagorici una sorta di setta in
cui le convinzioni filosofiche assumevano quasi le caratteristiche di un credo
religioso. Ed anche in questo caso le abitudini alimentari diventano materia </span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt;">delle “regole”,
così come avviene per ogni religione, antica o moderna che sia.</span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt;">Ma noi che
pitagorici non siamo, vi proponiamo. <o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div style="border-bottom: solid windowtext 1.5pt; border: none; mso-element: para-border-div; padding: 0cm 0cm 1.0pt 0cm;">
<div class="MsoNormal" style="border: none; mso-border-bottom-alt: solid windowtext 1.5pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 1.0pt 0cm; padding: 0cm;">
<span style="font-size: 11.0pt;">_______________________________________________________________________________________
<span style="mso-tab-count: 3;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">FAVE ALLA PANCETTA<span style="mso-tab-count: 5;"> </span><o:p></o:p></b></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<b style="font-size: 11pt; text-align: justify;">1 Kg</b><span style="font-size: 11pt; text-align: justify;"> </span><b style="font-size: 11pt; text-align: justify;">di fave fresche</b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 11.0pt;">200 gr. di pancetta affettata finemente a dadini</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: 11.0pt;">n.1 cipolla fresca affettata finemente</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">n.</span>1
misurino d’olio d’oliva<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: 11.0pt;">sale e pepe q.b.</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt;">Sgusciare e lavare le fave.
Soffriggere in una padella larga l’olio con la cipolla e la pancetta. Lasciare
imbiondire il tutto ed aggiungere le fave per farle insaporire. Versare un
bicchiere d’acqua, salare e</span><span style="font-size: 11pt;"> </span><span style="font-size: 11pt;">lasciare cuocere a pentola coperta per circa
20 minuti. Pepare e servire accompagnando con crostini</span><span style="font-size: 11pt;"> </span><span style="font-size: 11pt;">di pane casareccio.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Come
vedete è una ricetta adatta a questo periodo: le fave sono cibo di stagione,
facilmente reperibile e</span></i><i><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> si può utilizzare anche pane avanzato per i
crostini, in un momento in cui lo spreco non è ammissibile. </span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<i><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><br /></span></i></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11pt;"><b>Autrice</b>: Giovanna Borrello</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">CURIOSITA'...</span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">...Perché i Pitagorici
vietavano di mangiare le fave?<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Narra Diogene che
Pitagora preferì morire piuttosto che attraversare un campo di fave:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">“Pitagora morì in
questo modo. Mentre lui e i suoi tenevano una riunione nell’abitazione
dell’atleta Milone, capitò che uno di quelli che non erano stati ritenuti degni
di essere ammessi al sodalizio, per invidia, appiccò il fuoco all’abitazione.
Pitagora dunque fu preso mentre fuggiva: giunto a un campo di fave, pur di non
attraversarlo si arrestò, proclamando che era meglio essere catturato piuttosto
che calpestarle e preferiva farsi uccidere, piuttosto che parlare; così, fu
sgozzato dai suoi inseguitori”. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Il divieto di
mangiare le fave, come ha messo in luce Claude Lévi-Strauss, probabilmente derivava
da antiche religioni totemiche e primordiali credenze arcaiche, apprese da
Pitagora durante i suoi lunghi e numerosi viaggi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Le fave erano
considerate piante magiche, dotate di una potenza misteriosa e cosmica, sede di
esseri soprannaturali in grado di influenzare negativamente o positivamente la
vita degli uomini. Erano un cibo sacro agli dei dell’oltretomba o un cibo caro
ai morti e per questo oggetto di tabù. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Inoltre, come
sostiene Gerald Hart, c’erano delle ragioni di prevenzione sanitaria, legate al
fatto che il favismo (anemia emolitica acuta) fosse una malattia diffusa nella
zona del crotonese. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: 11.0pt; mso-bidi-font-family: Arial; mso-bidi-font-style: italic; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Occorre comunque ricordare
che le ragioni mistico-religiose e quelle sanitarie erano profondamente
connesse, poiché i greci del VI secolo a.C. avevano un modo diverso dal nostro
di considerare le malattie: esse erano certamente connesse alla religione e all’osservanza
dei suoi precetti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />PRATICHE FILOSOFICHE 2.0: IL BLOG DEL PROFESSIONISTAhttp://www.blogger.com/profile/13057186415454555813noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8799174897591753302.post-21570922724785591432020-04-08T03:29:00.001-07:002020-04-16T01:14:22.200-07:00CONTRO LA PASSIVITA’: IL COMPITO DEL FILOSOFO DI FRONTE ALL’EMERGENZA. Di Maddalena Bisollo.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaxqKIX0UYPDMGQprpmqSaqSRw8mRrMuNs-sQJgyq5ODtkt2E-Q0Ra05leAKAPK2znvltyW6Kf4XeQ8IaGnkLOFRV61gRVRdPUsccmJfg7Nto_SVjcuCISwV-Ipt8YQJoUI9QegB83qM0T/s1600/head-3614463_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="899" data-original-width="1600" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaxqKIX0UYPDMGQprpmqSaqSRw8mRrMuNs-sQJgyq5ODtkt2E-Q0Ra05leAKAPK2znvltyW6Kf4XeQ8IaGnkLOFRV61gRVRdPUsccmJfg7Nto_SVjcuCISwV-Ipt8YQJoUI9QegB83qM0T/s320/head-3614463_1920.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“Finché la filosofia aderisce alla lieve traccia del titolo
di un libro pubblicato più di trent’anni fa di un vecchio kantiano: <i>Dall’angolo dei filosofi</i>, fino a questo momento la filosofia sarà ciò di cui
si fanno beffa i suoi dispregiatori”. Theodor W. Adorno<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">I filosofi di professione possono dirsi persone felici e
fortunate come poche altre, in quanto hanno l’opportunità di spendere la vita
nel dare espressione ai propri pensieri più seri e al proprio modo di avvertire
tutti quei problemi che affascinano e commuovono. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Sanno però bene che questa vita così ricca rientra a far
parte del mondo nel suo complesso, un mondo nel quale non tutti dispongono dei
loro stessi mezzi e della loro libertà, un mondo nel quale la fame, l’ignoranza
e la malattia costituiscono il fardello quotidiano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Oggi il mondo preme più che mai fuori dallo studio del
filosofo</b> e la sua presenza incalza una risposta. L’emergenza chiama in
causa il filosofo in modo radicale e interpella la sua respons-abilità, ovvero
proprio la sua capacità di rispondere a quanto sta accadendo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Si può certamente attendersi da un filosofo che egli
risponda attraverso interventi di carattere sociale (volontariato, donazioni)
oppure mediante azioni politiche. Tuttavia, il mondo oggi incalza
principalmente il filosofo a rispondere attraverso i mezzi suoi propri,
assumendosi l’onere di incidere sulla realtà, attenendosi al metodo e alle
prerogative peculiari della filosofia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Nella filosofia greca di età ellenistica vi era un consenso
diffuso e radicato sul fatto che valga la pena di filosofare per rispondere
all’urgenza delle umane sofferenze, e che lo scopo della filosofia fosse l’e<i>udaimonia</i>,
ossia il fiorire dell’umano.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sosteneva
infatti Epicuro:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">«È vuoto l’argomento di quel filosofo che non riesca a
guarire alcuna sofferenza dell’uomo: come non abbiamo alcun bisogno della
medicina se essa non riesca ad espellere dal nostro corpo le malattie, così non
abbiamo alcuna utilità dalla filosofia se essa non serva a scacciare le
sofferenze dell’anima».<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>La filosofia viene spesso accusata di essere divenuta
sterile</b>. Può darsi. Ma questa sterilità è proprio fatale? Io credo di no,
poiché mai come negli ultimi anni e oggi ancor di più, le nostre preoccupazioni
sono popolate di dubbi e di domande.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“Parliamo tanto di etica e di morale, deploriamo la
corruzione degli uomini politici e degli uomini d’affari, ci spaventiamo del
dilagare dell’emarginazione, del traffico di droga, della ferocia delle guerre
interetniche, del fanatismo religioso, invochiamo la solidarietà e il dovere di
ingerenza, ci preoccupiamo per le ricerche di laboratorio nel campo delle armi
chimiche e in quello della genetica…<b>soprattutto cerchiamo di non perdere la
testa, di conservare il nostro sangue freddo</b>. E per riuscirci che cosa
facciamo? Pratichiamo l’astrofisica, la microbiologia? L’antropologia, la
sociologia, la psicanalisi? L’economia politica? Oppure ci serviamo della
filosofia? Quando cerchiamo di capire cosa non funziona nello Stato, cosa
distrugge la democrazia, compromette la giustizia, la libertà, l’uguaglianza,
le relazioni tra persone, cosa spinge gli uomini a odiarsi e a uccidersi,
quando estendiamo l’esame all’insieme delle nazioni fino a immaginare il
destino dell’intera umanità, cosa facciamo allora? <b>In verità, abbiamo mai
avuto così tante ragioni per filosofare?</b>” (Sautet, 1997).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">No, non abbiamo mai avuto tante ragioni per filosofare
quante ne abbiamo ora.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La situazione è caotica, certo. L’emergenza costringe tutti
noi a rivedere le abitudini personali e relazionali così come le abitudini
consolidate a livello politico, economico, sanitario e sociale. Siamo spinti a
comprendere, a dirimere la matassa delle nostre perplessità “senza perdere la
testa”, ovvero conservando l’uso critico della ragione a fronte del tumulto
emotivo legato al mutamento dello scenario circostante.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">Come può quindi il filosofo assolvere appieno alla sua
respons-abilità?<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La prima risposta a questa domanda è quella che rispecchia
un’idea tradizionale di chi il filosofo sia e di quello che gli compete. Immaginiamo
quindi il filosofo ritirarsi nel proprio studio, impiegando il proprio tempo
leggendo e rileggendo i grandi del passato o del presente e al tempo stesso
cercando di farsi un’idea di ciò che accade fuori attraverso una disamina critica
degli articoli e delle fonti web. Poi, quando si sentirà pronto, potrà
sfoderare la propria meditata analisi diffondendo un punto di vista che possa
essere di qualche utilità agli altri per interpretare quanto è accaduto e
accade. Lo farà pubblicando un libro – se nonostante la crisi dell’editoria,
gli sarà consentito –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>oppure tenendo una
<i>web-conference</i>. Questa è <b>la filosofia che parla dal pulpito</b>, che offre
discorsi confezionati e conclusi in se stessi, della quale non metto in dubbio
la generale utilità sociale ma che ritengo abbia molti limiti nell’aiutare nel
qui e ora le persone, in una condizione di emergenza e di isolamento sociale, a
mantenere il sangue freddo e a riflettere su ciò che vivono quando ciò è più
urgente.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Credo che si possa affermare che la filosofia oggi può incidere
significativamente sulla realtà solo se sa mescolarsi alla vita della gente,
come faceva Socrate, ascoltando profondamente i suoi bisogni, il suo vissuto,
le domande che si pone, disponendosi a sostenere chi è confuso e che soffre
nella ricerca di maggiore chiarezza e di maggiore serenità.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Oggi molto più della filosofia dal pulpito, è la
filosofia in rapporto (<i>im Umgang</i>) di cui parlava Achenbach (2004) ad
avere il compito di rispondere in modo puntuale e rilevante ai bisogni di
questo tempo.</b> Una filosofia che non arriva <i>dopo</i> le meditazioni del
filosofo e la creazione di un’analisi del reale bell’e pronta da servire fredda
a un vasto quanto impersonale “pubblico”, ma una filosofia che si fa insieme a
chi soffre mettendosi in gioco in prima persona in un rapporto caldo di accoglienza
e di comprensione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><u>Fa davvero specie leggere alcuni interventi di
“consulenti filosofici” che dichiarano candidamente la propria attitudine a
rinchiudersi nel proprio studiolo</u>, tra le carte impolverate, mentre il
mondo fuori va in rovina. Si schermano dietro al bisogno di sospendere il
giudizio di fronte alla situazione caotica di fuori per poter elaborare “un
proprio pensiero”, con il semplice risultato di dare alla poltrona la forma del
proprio sedere e alla scrivania quella del proprio gomito poggiato. Magari,
sono perfino capaci di rimproverare qualche “collega” per essere rapidamente
sceso in campo senza la dovuta “calma”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Chi abbraccia l’idea di una filosofia in rapporto è così che
fa filosofia, in rapporto. Non nel ritiro da qualunque relazione, da qualunque
dibattito e discussione, da qualunque coinvolgimento con la gente che soffre.
Il consulente filosofico non assolve il proprio compito in questo modo, che
personalmente ritengo anche un poco pusillanime. Perché sa che per capire
qualcosa del tempo in cui vive, non è sufficiente chiudersi in una stanza a
studiare ma occorre al tempo stesso e fondamentalmente confrontarsi con le
persone e le loro concrete necessità.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non perché il filosofo “sappia”, perché disponga di un
sapere superiore e quindi debba offrirlo, attraverso risposte già confezionate,
ai suoi interlocutori. Il filosofo in senso socratico infatti riconosce che non
potrà mai disporre di un sapere siffatto e anzi invidia coloro che sanno o che
pretendono di sapere: e se ha una cosa da insegnare è proprio questa! <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il filosofo <i>im Umgang</i> ha sicuramente bisogno “di
applicazione, di metodo, attenzione, concentrazione, calma, ma anche del
contrario: il confronto con la realtà, il rapporto con la gente, la sfida a
coloro che abusano degli altri. La meditazione e la lotta. Il silenzio e il
brusio. La solitudine e l’agorà” (Sautet, 1997).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il filosofo ha certo bisogno di esercitarsi a comprendere se
stesso e ciò che lo circonda in solitudine. Tuttavia, se ha abbracciato una
forma del filosofare che si fa nella <i>praxis</i>, non può trovare nel ritiro
sociale l’unico strumento per esercitare la propria respons-abilità di
filosofo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Al tempo stesso, <b>passare le giornate nello studio per
pensare <i>cosa</i>?<o:p></o:p></b></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“Impegnati con le domande sui principi, i pensatori di
professione disdegnano di calarsi nelle bassezze di ciò che è più vicino e
tangibile”, scriveva Achenbach citando Blumemberg. E ancora:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“Se la filosofia si irrigidisce in se stessa, se persiste
nella sua autoaffermazione devota alla tradizione, se tiene se stessa sotto
chiave, allora non potrà lasciarsi andare ed essere presso le cose. In breve:
se teme i pericoli – a cui certo soccombe, ma nei quali solo può giungere a se
stessa – è persa” (2004).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">È da molto tempo che i bisogni della società sfidano la
filosofia a rinnovare se stessa. In questo momento è più che mai urgente che il
filosofo non sia esempio di immobilità e pensiero astratto, ma che si faccia
carico di rispondere a quanto sta accadendo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il filosofo accademico fa questo mettendo in gioco i propri
pensieri e le proprie riflessioni attraverso pubblicazioni puntuali e nel
dialogo con gli altri professionisti, con le televisioni, con il web.
Personalmente ritengo che anche per la filosofia accademica non si tratti di
nascondersi tra le pareti domestiche aspettando di cogliere “la verità” delle
cose, ma di confrontarsi attivamente con i pensieri altrui, esponendosi e
mettendo a disposizione di tutti i propri strumenti per leggere la realtà.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>A rischio di sbagliare? Ma certo che sì!</b> Il filosofo
non è un profeta che elargisce verità assolute ma un uomo che elabora il
proprio pensiero in relazione al pensiero di altri, che cade in contraddizione
come tutti, che poi la riconosce e si corregge, è un uomo che cade e si rialza
e come tutti così impara a vivere e a filosofare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Non è tempo questo per tirarsi indietro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Tanto più per il consulente filosofico che da sempre ha
fatto della relazione la sua vocazione primaria.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Voglio ricordare che “sospendere il giudizio” in una realtà
caotica, per un filosofo non ha mai significato stare immobile e in silenzio fino
al momento di dare la propria “sentenza”. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><b>Si fa epoché allenandosi a contrapporre gli argomenti
contrari e soppesando le diverse ragioni: è un’attività, non una passività</b>.
Inoltre, un consulente filosofico non fa questo esercizio soltanto leggendo
Hegel sul divano oppure criticando i colleghi che sono scesi in campo
facendo sentire la presenza della riflessione nella vita vera, ma confrontandosi
con gli altri e specialmente con chi soffre per fare questo esercizio <i>insieme</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Come già ho sostenuto, insieme a Luca Nave, nell’articolo
che tanto ha fatto scalpore sulla “<a href="https://www.pragmasociety.org/taralluccievino" target="_blank">Consulenza filosofica tarallucci e vino</a>”,
ribadisco con ancora più forza che la consulenza filosofica non è un <i>hobby</i>
cui dedicarsi a tempo perso, passando la maggior parte della giornata a far
altro e – se l’emergenza costringe a casa – a elucubrare teorie sgranocchiando
qualche snack.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">La consulenza filosofica è un impegno serio del filosofo
dinanzi a se stesso e agli altri. Una responsabilità che trova vie nuove per
essere assolta anche e soprattutto in circostanze eccezionali, come quelle che
stiamo vivendo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Questo tempo traccerà ancora più nettamente la distanza
abissale tra chi con la consulenza filosofica lavora, spendendosi nella
relazione, nei colloqui gratuiti offerti a chi ne abbia bisogno, nella
formazione online, nell’elaborazione di progetti filosofici che possano avere
una rilevanza sociale specialmente nel qui e ora, oltre che per il futuro, e
chi invece non fa altro che starsene con le mani in mano a teorizzare e a criticare
chi agisce.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il mondo che bussa alla porta del filosofo in questo momento
non gli chiede di stare ben nascosto mentre elabora “spiegazioni de-finitive”, ma
domanda urgentemente riflessioni <i>in itinere</i> capaci di reggere il
costante mutamento di scenario, sfida a un impegno attivo, al confronto con il
reale, alla critica dell’ingiustizia, alla compartecipazione, al confronto con
il dolore, con il lutto, con la perdita del lavoro, con il crollo delle
sicurezze. Senza nascondersi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">“I veri problemi filosofici hanno sempre la loro radice nei
problemi urgenti, che si trovano in campi che non appartengono alla filosofia.
Essi si seccano se muoiono le radici”, diceva giustamente K. Popper.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Per il filosofo, tanto più per il filosofo consulente, si
tratta oggi di sporcarsi le mani, scendendo dal cielo alla terra e smettendo di
“guardare il mondo da un oblò”. Finendola anche di schermarsi dietro alla falsa
convinzione che “tanto il mio compito non è quello di aiutare nessuno”: una
posizione che oggi appare limpidamente nella sua cruda pochezza filo-sofica, oltre
che deontologica e morale.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<b><span style="font-size: large;">Bibliografia<o:p></o:p></span></b></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Achenbach G.B., <i>Philosophische Praxis</i>, Junger Dinter,
1987, tr.it. <i>La consulenza filosofica</i>, Milano, Apogeo, 2004.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">- , Das kleine Buch der inneren Ruhe, Verlag Herder,
Freiburg im Breisgau, 2°ediz.2001, tr.it. <i>Il libro della quiete interiore</i>,
Milano, Apogeo, 2005.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">- Sautet M., <i>Un café pour Socrate</i>, Paris, Editions
Robert Laffond, 1995, tr.it. <i>Socrate al caffè</i> , Milano, Ponte delle
Grazie, 1997.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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